“Le stagioni dell’amore” è il dating show di Rai Uno per over 60. Un insieme implacabile di elementi surreali ambientato su un treno

A un certo punto qualcuno dovrebbe trattare il servizio pubblico come un papabile fidanzato e chiedergli se ha intenzioni serie. Perché continuare così, esperimento disastroso dopo esperimento disastroso, per quanto possa stuzzicare appetiti da giocoleria, non sembra davvero essere un’idea lungimirante. Dopo il reality amoroso di Luca Barbareschi, chiuso in fretta e furia, ora è la volta de “Le stagioni dell’amore”, audace dating show di Rai Uno, condotto alla lontana da una innocente Mara Venier. Nel senso che il suo contributo si riduce a una presentazione iniziale e ai veloci saluti finali, neanche fosse conscia del peso di cotanta materia e ne avesse dunque preso preventivamente le distanze. 

 

In sostanza, ci sono persone intorno ai sessant’anni, perché la magia dell’amore non ha età, che si devono scegliere con un incontro al buio. Ma talmente al buio che l’incontro non lo fanno loro, bensì degli attori ventenni che vagamente assomigliano a una foto dei protagonisti da giovani. Così gli interpreti malcapitati, vittime evidenti della carenza occupazionale nonché della crisi del settore audiovisivo, vengono dotati di auricolare e ripetono quanto gli viene suggerito dando vita, si fa per dire, a un dialogo per interposta persona. Effettivamente sembra assurdo e infatti lo è. Così, per esempio, il pretendente racconta un episodio toccante del suo passato al microfono, l’attor giovane lo ascolta dall’auricolare e lo ripete all’attrice giovane, allora la single adulta si emoziona e reagisce suggerendo azioni anche fisiche esplicative dei sentimenti: «Adesso abbraccialo», «ora toccagli i muscoli», «prova a sorridergli». E così via, in un ping pong di montaggio tra luci soffuse e un imbarazzo palpabile. Il tutto poi si svolge, senza alcun motivo, sui vagoni di un treno implacabilmente puntuale, sfuggito evidentemente alla cattiveria dei chiodi che hanno infangato il servizio trasporti e il relativo ministero. E proprio in una carrozza si susseguono gli incontri, sino ad arrivare all’attesa scelta finale. Finalmente, riposti gli attori, i protagonisti si potranno guardare negli occhi per capire se è scoccata la scintilla dell’amore? Neanche per sogno. La cattiveria autoriale arriva sino in fondo e li fa dialogare spalla a spalla, perché quando il gioco si fa duro lo spettatore deve soffrire sul serio e, come detto, di questi tempi in Rai si gioca parecchio. Insomma, per estrema sintesi, a proposito delle “Stagioni dell’amore” non rimane altro che ricordare l’omonima canzone del maestro Battiato. Che recitava: «Se penso a come ho speso male il mio tempo che non tornerà, non ritornerà più».