Gli stanziamenti per la sanità restano a livelli molto bassi rispetto a quelli degli altri Paesi

Come sempre, in occasione della presentazione della legge di bilancio è ripartita la polemica sulla spesa pubblica per la sanità. Meloni dice che siamo ai massimi storici. Schlein dice che siamo ai minimi storici. E il cittadino non riesce a capire nulla anche perché talvolta i media non aiutano, compresi gli urlatori dei talk show. Ci provo io.

Meloni ha ragione in un senso molto stretto. La spesa in euro per la sanità (che comprende il finanziamento dello Stato al Servizio sanitario nazionale più piccole altre voci di spesa pubblica come quella finanziata con ticket) salirà nel 2025 portandosi ai massimi storici. Ma questo è poco significativo perché un euro del 2025 non vale quanto un euro del 2019 visto l’aumento dei prezzi. Inoltre, al crescere del Pil ci si dovrebbe aspettare un aumento della spesa sanitaria perché i cittadini pagano più tasse quando il loro reddito aumenta. Per fare confronti nel tempo e tra Paesi, è allora utile guardare al rapporto tra spesa sanitaria e Pil, che sono le risorse disponibili all’economia per finanziare spesa pubblica e privata. Questo rapporto nel 2023 era al 6,2%, il livello più basso dal 2004. Questo per effetto di stanziamenti insufficienti a coprire l’inflazione che si era manifestata nel corso del 2022. Nella legge di bilancio per il 2024 le risorse per la sanità sono aumentate e il rapporto è previsto essere risalito al 6,3%. Si dovrebbe restare su questi livelli anche nel 2025, mentre i più consistenti finanziamenti previsti per il 2026-27 dovrebbero portare il rapporto al 6,4%. Resta questo un livello molto basso, direbbe probabilmente Schlein. Il che è vero: siamo a livelli inferiori di quelli dei grandi Paesi europei. Non ho qui dati recentissimi, ma nel 2022, secondo l’Ocse, la Francia stava al 10,1%, la Germania al 10,9% e il Regno Unito al 9,1%.

Occorre però riconoscere che le cose non andavano benissimo neppure quando al governo c’era il Pd. Alla fine del quinquennio 2013-17, in cui il Pd è stato sempre a Palazzo Chigi, il rapporto tra spesa sanitaria e Pil era sceso dal 6,7% al 6,4%, restando a questo livello anche nel 2018, anno in cui comunque la legge di bilancio era stata approvata dal centrosinistra. Insomma, nel 2027, alla fine della legislatura, Meloni, dopo i tagli iniziali, avrebbe riportato la spesa sanitaria pubblica al livello a cui il Pd l’aveva lasciata dopo cinque anni di riduzione. Strane convergenze.

La verità è che è facile dire che occorre aumentare la spesa sanitaria. Ma più difficile è dire dove si intendono prendere le risorse necessarie a farlo. Ad alzare le tasse non ci pensa nessuno. Tagliare altre spese si scontra con i vincoli che abbiamo di mantenere alti gli investimenti pubblici, di aumentare la spesa per la difesa, di evitare ulteriori compressioni nella spesa per l’istruzione. E nessun partito ha intenzione di stringere ulteriormente sulle pensioni. Ci vorrebbe un’attenta revisione della spesa per intervenire riducendo sprechi vari. Ma questo richiede tempo e coraggio politico. Inoltre, nessun principale partito è andato alle passate elezioni generali con un programma basato sulla revisione della spesa, temendo che gli elettori non lo avrebbe votato. E senza un mandato dal popolo è difficile portare avanti serie riforme della spesa. Trovare risorse per la sanità resta quindi un problema irrisolto.