La scena richiede una sintonia perfetta, sguardi provocanti, risate complici. Nell'inquadratura ci sono due innamorati, un direttore di spot pubblicitari quarantenne e una diciottenne inglese, che corrono in macchina sugli Champs Elysées facendo lo slalom
tra le automobili. Lei è alla guida, sorridente, svagata, ha un foulard rosso che le incornicia il viso, gli occhi blu e la frangetta
che le copre la fronte. Lui indossa una camicia bianca, ha un sorriso malizioso, la osserva, la fa ridere e la corteggia... Ma no,
proprio non va... Il regista del film “Slogan” Pierre Grimblat è disperato. Quella scena non funziona e lui non sa come uscire da questo incubo: la complicità tra i due attori, Serge Gainsbourg e Jane Birkin, è nulla. L’atmosfera sul set è tesissima: lui snobba quella ragazzina semisconosciuta che parla a malapena francese. Lei piange, si sente ferita dall’arroganza di quell’uomo. Quando la sera rientra esausta nel suo albergo si sfoga con il fratello Andrew, che l’ha accompagnata a Parigi insieme alla sua prima figlia, Kate, che ha poco più di un anno. Jane è appena arrivata da Londra, è divorziata dal compositore americano John Barry, l’autore del celebre tema musicale di 007. John era molto più grande di lei, sprezzante, distante, la ignorava. Lei è infelice, triste, vuole sentirsi desiderata, semplicemente vivere, e quando le offrono quel ruolo in un film francese accetta subito, anche se praticamente non conosce la lingua. Birkin ha ventidue anni, è figlia di un’attrice di teatro e di un ammiraglio della Royal Navy britannica, a cui è molto legata. È una ragazza fragile, insicura, quasi infantile, totalmente inconsapevole della propria bellezza. Le sue lunghe gambe affusolate sono appena coperte dalle minigonne di Mary Quant, è spesso struccata, ha capelli castani, occhi innocenti e un volto lievemente imbronciato. Michelangelo Antonioni l’ha scelta per recitare delle scene audaci in Blow up ma lei non si sente affatto sensuale e seducente. Serge ha quarant’anni, è un figlio della guerra, cupo e tormentato. Lui come attore non è certo una star ma ha già girato una quindicina di film e avrebbe voluto accanto a sé Marisa Berenson invece di quell’inglesina.
L’incontro tra quei due attori sul set è una vera catastrofe e il regista non sa come fare. Slogan deve essere girato tra Parigi e Venezia e Grimblat è convinto che Jane sia la perfetta incarnazione della sua protagonista, una ragazza ingenua che si innamora perdutamente di un seduttore. “Cercavo una partner che fosse il contrario di Serge, che è un essere schivo, irritante, caustico, ironico. Volevo accanto a lui una donna infantile, spontanea, piena di grazia, una donna in fiore” ha spiegato successivamente il regista. Grimblat è deciso a provare il tutto per tutto e architetta un piano. Un venerdì, dopo l’ennesimo pianto di Jane sul set, invita i due attori a cena da Chez Maxim’s a rue Royale ma poi finge un malessere. Fa in modo che si incontrino da soli e spera che qualcosa cambi. Serge è molto nervoso, decide di arrivare a piedi all’hotel Esmeralda, ci vogliono quindici minuti dalla Cité des Arts. Attraversa l’Ile Saint-Louis, approda sull’Ile de la Cité, costeggia la Cattedrale di Notre-Dame, passa di fronte alla libreria Shakespeare and Company, dove ci sono sempre tanti giovani che parlottano, e arriva a Rue Saint-Julien le Pauvre.
Quella sera qualcosa cambia in maniera inaspettata e improvvisa: quando Gainsbourg vede Jane, con la sua grazia, scendere le scale di legno del modesto hotel Esmeralda, resta folgorato. In quel momento si trasforma il suo sguardo e la sua vita. Lui è uno dei re delle notti parigine, lo conoscono tutti e vuole che Jane conosca subito il suo mondo. Dopo cena la porta al Raspoutine, il ristorante-cabaret che si trova in una traversa degli Champs Elysées, dove suona un’orchestra russa. Lì lo accolgono calorosamente, è amico dei musicisti, lui e Jane iniziano a bere, ballare, flirtare. Quando, in piena notte e dopo molto champagne, la coppia esce per prendere un taxi, i musicisti la seguono e improvvisano sul marciapiede di fronte al locale il Valzer triste di Sibelius. Serge vuole mostrare a Jane anche il Calvados, dove si mette a improvvisare con i musicisti messicani. Birkin ama scatenarsi, viene dalla swinging London: è entusiasta, divertita. A Gainsbourg non sembra vero di poterla presentare ai suoi amici del New Jimmy’s, appena aperto a Montparnasse dalla regina dei locali notturni parigini, Régine. Qui è Jane a trascinare Serge sulla pista da ballo. Lui nei lenti è un disastro, le pesta i piedi, ma lei adora questa goffagine. «Credo di averla conquistata perché non sapevo ballare, questo l’ha molto colpita e toccata» dirà lui un giorno, mentre lei confesserà: «In quel momento ho capito che la sua arroganza e il suo disprezzo camuffavano una persona estremamente pudica e timida».
Questo testo è tratto dal libro di Flavia Capitani “A Parigi con Serge Gainsbourg - Sulle strade della rivoluzione con Jane Birkin” (Giulio Perrone editore, pp. 104; € 16)