La Francia mette il diritto all'aborto in Costituzione
Era un passo fondamentale verso l'iscrizione dell'aborto nella Costituzione della Francia. Il Senato ha dato luce verde affinché l'interruzione volontaria di gravidanza venga issata tra i diritti fondamentali della nazione, iscritta nero su bianco nella carta fondamentale della République. Una decisione storica e non scontata, vista la maggioranza di senatori centristi e di destra. Il via libera è arrivato senza alcuna modifica al testo approvato dall'Assemblée Nationale a fine gennaio. Non ci sarà quindi nessun nuovo esame prima dell'incontro delle Camere riunite in Congresso la settimana prossima.
«Mi sono impegnato a rendere irreversibile la libertà delle donne di ricorrere all'Interruzione volontaria di gravidanza iscrivendola nella Costituzione. Dopo l'Assemblea Nazionale, il Senato compie un passo decisivo di cui mi felicito», ha commentato su X il presidente Emmanuel Macron, annunciando di aver convocato il parlamento in Congresso "per il voto finale" il 4 marzo. Il 30 gennaio scorso, l'Assemblea Nazionale aveva adottato a stragrande maggioranza la riforma portata avanti dal governo a trazione macroniana per inserire nella Costituzione una "libertà garantita" per le donne di far ricorso all'aborto. Affinché una revisione costituzionale possa proseguire la sua strada, i senatori, nella Camera alta dominata da destra e centro, dovevano adottare il testo negli stessi termini e così è stato in modo assolutamente non scontato, viste le reticenze espresse da diversi senatori sulla formulazione scelta all'Assemblée.
Per la definitiva adozione della riforma costituzionale, il 4 marzo, saranno necessari almeno 3 quinti dei voti del parlamento riunito in Congresso. Il 17 gennaio scorso, il neo-premier, Gabriel Attal, aveva ricordato che esattamente '«49 anni fa, grazie (alla ex ministra della Salute e prima presidente del Parlamento europeo sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, ndr) Simone Veil, alla sua audacia e al suo coraggio, l'Interruzione volontaria di gravidanza veniva depenalizzata» in Francia. «La lotta per la libertà delle donne di disporre del proprio corpo continua», proseguiva il premier di 34 anni, assicurando la ''determinazione totale'' dell'esecutivo su questo argomento. Ma non mancano le critiche, incluse quelle del Vaticano: «La Francia verso una Costituzione contro la vita». Si intitola così un editoriale pubblicato il 7 febbraio scorso da Radio Vaticana-Vatican News, a firma del direttore Massimiliano Menichetti. «'L'aborto è un omicidio», ha detto chiaramente Papa Francesco ai giornalisti sul volo di ritorno dalla Slovacchia nel settembre di tre anni fa. E allora come è possibile accostare nella Carta fondamentale di uno Stato il diritto che tutela la persona, a quello che ne sancisce la morte?», si chiede l'editoriale, ricordando che «solo cinque mesi fa il Papa, guardando negli occhi oltre 50 mila fedeli del Velodrome di Marsiglia si è rivolto così alla Chiesa, alla Francia e all'Europa intera esortando alla vita, all'accoglienza, alla fraternità».
Putin: "Armi nucleari messe in massima allerta. Possiamo colpire i nemici"
"Hanno iniziato a parlare della possibilità di inviare contingenti militari Nato in Ucraina, ma ricordiamo il destino di coloro che in passato hanno inviato i loro contingenti nel territorio del nostro Paese", ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin nel suo discorso annuale all'Assemblea federale, "tuttavia le conseguenze di eventuali interventi saranno molto più tragiche". "In Occidente pensano che quello che sta succedendo in Ucraina sia "una specie di cartone animato", ha aggiunto. ''Le armi nucleari russe strategiche sono in stato di massima allerta'' e ''i tentativi di un nuovo intervento in Russia rischiano di scatenare un conflitto su larga scala con l'uso di armi nucleari'' che avrà ''conseguenze molto più tragiche che in epoche passate''. "L'Occidente sta cercando di trascinare la Russia in una nuova corsa agli armamenti, ripetendo così lo scenario degli anni Ottanta'', ma ''gli oppositori della Russia devono ricordare che essa dispone di armi in grado di colpire obiettivi sul loro territorio''.
Transnistria e armi nucleari, doppia minaccia di Mosca
Si addensano i timori per la possibile apertura di un nuovo fronte nel conflitto ucraino che potrebbe minacciare Odessa. Le autorità dell'autoproclamata Repubblica della Transnistria, entità separatista filorussa sul territorio della Moldavia lungo il confine occidentale dell'Ucraina, hanno detto che intendono chiedere "aiuto" a Mosca contro le "pressioni" di Chisinau. E la Russia ha risposto che la "protezione" degli interessi dei suoi "compatrioti" in questo territorio è una "priorità".
Parole che bastano a rievocare i fantasmi del riconoscimento delle repubbliche filorusse di Lugansk e Donetsk, nel Donbass ucraino, che precedette l'intervento russo contro Kiev. Il Congresso dei deputati e rappresentanti locali della Transnistria, che non si riuniva dal 2006, ha approvato una risoluzione in cui si chiede appunto a Mosca di proteggere l'entità separatista da quella che viene definita la "crescente pressione della Moldavia", denunciando un blocco delle importazioni essenziali da parte delle autorità di Chisinau.
Un appello lanciato solo un giorno prima dell'annuale discorso del presidente russo Vladimir Putin sullo stato della nazione davanti al Parlamento. La Russia ha un contingente di 1.500 soldati in Trasnistria e ha avvertito la Moldavia e l'Ucraina che un attacco contro di loro comporterebbe serie conseguenze. Nella sua richiesta, inoltre, il Congresso della repubblica secessionista sottolinea che "più di 220.000 cittadini russi" risiedono nel territorio, su una popolazione totale di poco meno di mezzo milione.
«Tutte le richieste sono sempre tenute attentamente in considerazione dai competenti dipartimenti», ha detto il ministero degli Esteri russo. Anche se il cosiddetto ministro degli Esteri della Transnistria, Vitaly Ignatiev, ha sottolineato che quello che le autorità locali chiedono a Mosca è un "sostegno diplomatico". Mentre il governo di Chisinau ha affermato che si tratta di un atto di "propaganda proveniente da Tiraspol", il capoluogo della regione secessionita. Secondo il vice primo ministro moldavo Oleg Serebrian, la Transnistria beneficia di «politiche di pace, di sicurezza e di integrazione economica» nel quadro dei legami della Moldavia con l'Unione europea, che lo scorso dicembre ha approvato l'avvio di negoziati per l'adesione di Chisinau, oltre che di Kiev.
Il premier polacco Donald Tusk, tuttavia, ha affermato che le tensioni in Transnistria sono "pericolose" per la regione. Il Financial Times, intanto, ha pubblicato quelli che ha presentato come dossier segreti russi che comprendono informazioni a proposito di esercitazioni tenute in passato sull'uso di armi nucleari tattiche in un conflitto con un'altra grande potenza. Questi file - 29 in tutto redatti tra il 2008 e il 2014 - rivelerebbero, secondo alcuni esperti consultati dal quotidiano, una soglia per l'uso di armi nucleari tattiche inferiore a quella ammessa pubblicamente dalla Russia sino ad ora. I documenti includono scenari di addestramento per un'invasione da parte della Cina, all'epoca evidentemente ritenuta una possibile minaccia. «Questa è la prima volta che vediamo documenti come questo resi di dominio pubblico», ha dichiarato al quotidiano Alexander Gabuev, direttore del Carnegie Russia Eurasia Center di Berlino, secondo il quale il materiale «dimostra che la soglia operativa per l'uso delle armi nucleari è piuttosto bassa se il risultato desiderato non può essere raggiunto con mezzi convenzionali». La Tass, invece, ha reso noto che gli scienziati dell'accademia militare russa per la logistica Khrulev hanno messo a punto un nuovo simulatore, che sostituirà un altro più antiquato, per testare gli effetti delle esplosioni nucleari per l'addestramento delle truppe. Secondo quanto scritto nel brevetto, citato dall'agenzia Tass, lo scopo è fornire «una chiara simulazione delle caratteristiche visive, come effetto dell'impatto, flash di luce e fungo atomico, di un'esplosione nucleare al suolo».
Usa: giudice esclude Donald Trump dalla primarie in Illinois
Con una mossa a sorpresa, una giudice dell'Illinois ha escluso l'ex presidente Donald Trump dal voto per le primarie Repubblicane del 19 marzo prossimo, sulla base del divieto di candidarsi previsto dal 14mo emendamento, sezione Tre, per coloro che si rendano responsabili di atti di insurrezione. La decisione è sospesa fino a venerdì. La giudice democratica Tracie R. Porter, della State Circuit Court della contea di Cook, ha stabilito che l'ex presidente Donald J. Trump non è idoneo a comparire sulla scheda elettorale alle primarie dello stato. La decisione crea incertezza per le elezioni di marzo, in cui il voto anticipato è già in corso. Essendo la decisione sospesa fino a venerdì, Trump può rimanere sulla scheda almeno fino ad allora. Un portavoce della campagna di Trump ha detto che la sentenza è incostituzionale e ha promesso di ricorrere in appello.
Il flop sardo spinge all'intesa del centrodestra sui governatori
Ora bisogna restare compatti, e lavorare per assicurarsi di non replicare in Abruzzo l'amara sorpresa sarda. Evitando, per quanto possibile, le polemiche e le baruffe tra alleati. E dopo 48 ore di incertezza e di serrato confronto alla fine arriva l'intesa nel centrodestra: «I presidenti di Basilicata, Piemonte ed Umbria che hanno ben governato saranno i candidati di tutto il centrodestra unito ai prossimi appuntamenti elettorali regionali», scrivono gli alleati in una nota congiunta precisando che «si tratta della conferma del Presidente Vito Bardi per la Lucania, del presidente Alberto Ciro per il Piemonte e della Presidente Donatella Tesei per l'Umbria».
La sconfitta in Sardegna doveva essere una scossa, e così è stata: «Qualcosa si è sbagliato» ma sarà uno «sprone a fare sempre meglio», aveva detto appena pochi minuti prima che uscisse la nota la stessa premier Giorgia Meloni a Tg2 Post. Ma il nervosismo tra gli alleati è tangibile per tutta la giornata. E più di una fonte - alla luce dell'intesa - parla di "una tregua armata" tra i leader. Sul tavolo, secondo indiscrezioni dell'ultima ora, ci sarebbe anche l'ipotesi avanzata dalla stessa Lega di un nome alternativo a Luca Zaia per il Veneto il prossimo anno, che sgombrerebbe il tavolo almeno per ora dalla querelle del terzo mandato.
La giornata però era stata puntellata da continue baruffe soprattutto tra Lega e Fdi e, più precisamente tra Salvini e il titolare della Difesa Guido Crosetto sul caso Vannacci. Blindati gli uscenti, ora c'è però da pensare all'Abruzzo. Ufficialmente gli alleati non lo temono ma non si possono correre altri rischi. Tanto che nelle piazze abruzzesi starebbero arrivando dal centrodestra gli appelli alle urne. (Mal)digerita la sconfitta in Sardegna tra i partiti di maggioranza rimangono però le scorie di una partita che quantomeno è stata avviata "in ritardo", come ammette anche Arianna Meloni. E che si riverberano, sottotraccia, in piccoli dispetti parlamentari. Mentre il premierato, bandiera dei meloniani, è fermo al Senato per l'assenza per indisposizione del presidente della commissione e relatore, Alberto Balboni, alla Camera in parallelo le opposizioni provano a rallentare il percorso dell'Autonomia differenziata, che in teoria sarebbe nel calendario d'Aula di aprile. Il presidente della commissione davanti a 260 richieste di audizione (un centinaio solo dal M5s), ha chiesto il contingentamento a 15 massimo per gruppo, mentre la Lega si dice pronta a "stare qui tutti i giorni domeniche comprese", per voce di Alberto Stefani, che è anche il primo firmatario della proposta di legge sul terzo mandato.