Artisti irrequieti. Critici verso i manierismi accademici. Oppositori della rivoluzione industriale. E ispiratori di scuole anche in Italia. Alla riscoperta dell'associazione artistica britannica. Che risplende a Forlì

Dal mare, rumori di barricate giungono sulle coste inglesi come echi lontani. Sommosse popolari infiammano l’Europa continentale e anche l’Inghilterra vittoriana, pur in piena stagione di politiche liberiste, vive il suo Quarantotto nell’establishment artistico.

 

In un giorno di ottobre di quell’anno, sette giovani artisti di Londra si riuniscono attorno a un volume di incisioni. Sono gli affreschi di Giotto, Benozzo Gozzoli, Orcagna e altri maestri italiani scarsamente considerati dalla Royal Academy, fedele invece ai canoni rinascimentali di Raffaello. Quella che sarebbe diventata poi la Confraternita dei Preraffaelliti ne resta colpita e concepisce spinte innovative. Gli imperativi accademici responsabili dello stile manieristico di un’arte formale ormai appiattita, priva di slancio, vengono così detronizzati. Si amplifica quell’interesse verso atmosfere e valori di un’epoca passata che già vive sottotraccia col gruppo tedesco dei Nazareni e di John Ruskin, figura centrale nel panorama teorico-artistico dell’Ottocento inglese. Nel dar voce a questo dissenso prorompente, vengono contrapposte la spiritualità e la naturalezza dei grandi del Trecento e del Rinascimento italiano con Botticelli, Michelangelo e l’arte veneziana del Cinquecento di Veronese e Tiziano. Una vera e propria fascinazione.

 

Da questa nuova alchimia nasce il Rienzi di William H. Hunt: con la figura di Cola di Rienzo, eroe ribelle della Roma medievale, la Confraternita sembra aver trovato il suo emblema per la mostra inaugurale del 1849. E se John E. Millais propone in Christ in the House of his Parents un’umanizzazione così insolita e controversa della figura di Gesù Cristo tanto da richiamare l’attenzione di Buckingam Palace e scandalizzare Dickens, l’Ophelia shakespeariana sempre di Millais interpreta i canoni estetici preraffaelliti della figura femminile: volto diafano in contrasto con l’inconfondibile chioma fluente rosso Tiziano. E anche la letteratura del nostro Paese diventa fonte d’ispirazione: Beata Beatrix rientra infatti in un ciclo di rappresentazioni ispirate alla Vita Nova e sintetizza il tema dell’amore eterno in linea con le nuove istanze. La figura di Dante è un mito nella famiglia di Dante Gabriel Rossetti, passione forse non estranea anche a una spinta identitaria delle sue origini. Suo padre infatti, patriota di Vasto, vive da esule a Londra dove ricopre la cattedra di letteratura italiana al King’s College. I tratti longilinei, i colori brillanti e la cura dei particolari esprimono poi un comune denominatore stilistico.

 

Lo spirito della Confraternita rivive oggi negli spazi espositivi del prestigioso complesso museale di San Domenico a Forlì con la mostra “Preraffaelliti. Rinascimento Moderno” (fino al 30 giugno). Per la prima volta il disegno curatoriale mette in dialogo anche opere del nostro Tre e Quattrocento. Sotto la direzione di Gianfranco Brunelli, il team curatoriale di portata internazionale riannoda così l’indiscusso fil rouge tra la forza evocativa e rigenerativa dell’arte primitiva italiana, i Preraffaelliti e le ulteriori tendenze che ne sono scaturite.

 

Gli ambienti monastici dall’architettura sobria ed elegante facilitano poi a loro volta la sintonia con le opere rappresentate. L’abside della cappella Albicini con le vetrate a pavimento che rendono visibili le sue origini medievali documentandone le fasi evolutive, fa da palcoscenico perfetto al ciclo di Arazzi del Santo Graal. Qui Edward C. Burne-Jones ricrea una magnetica rappresentazione visiva in cui temi e ideali cavallereschi  sono narrati in una suggestiva scenografia floreale.

 

Il fervore creativo dei Preraffaelliti travalica la pittura per sconfinare in illustrazioni, componimenti in prosa e in versi nonché traduzioni ed iniziative editoriali. Viene declinato anche in chiave di design e arredo sull’onda di un clima generale di attrazione per la cultura e l’arte italiana dal Medioevo al Rinascimento e che supera il perimetro accademico.

 

Oltre 300 sono le opere in mostra: un ricco repertorio di dipinti, sculture e oggettistica con una pluralità di gioielli, manufatti in vetro e metallo, mobili e tessuti dai famosi patterns di ispirazione botanica della ditta Morris & Co. ancora oggi in attività. A questi giovani artisti irrequieti non è mancata peraltro la sensibilità di intercettare il malessere e gli effetti deleteri della rivoluzione industriale dove in un ambiente di lavoro disumanizzante la produzione in serie si diffonde a discapito della creatività propria dell’artigianato. Arts and Crafts è la loro risposta anti-industriale.

 

Nell’ispirare a loro volta artisti italiani con la nascita a Roma del gruppo “In Arte Libertas” e sfumare poi nei movimenti decadentista e simbolista, in qualche modo il nome della rivista The Germ benché di soli quattro numeri poteva già dirsi premonitrice di questo seguito. Un revivalismo, quindi, non nella semplice riedizione di temi e stili ma in opere innovative che avviano una stagione culturale così definita dallo stesso Oscar Wilde: “Rinascimento inglese perché è indubbiamente una sorta di rinascita dello spirito dell’uomo, analoga al grande Rinascimento italiano del Quattrocento”.

 

Ripensando alle parole di William Michael Rossetti, fratello minore di Dante, a distanza di cinquant’anni da quella storica giornata di ottobre: «La tempra di quei giovincelli era la tempra dei ribelli: volevano la rivolta e fecero una rivoluzione».