Un'area destinata alla ricerca di 9mila metri quadrati e investimenti per 100 milioni. La scoperta di nuove pitture, tra cui quella dei fratelli Elle e Frisso: il Parco archeologico è un cantiere entusiasmante

«Scavi su novemila metri quadrati: è da sessant’anni che non si affrontavano ricerche in un’area così vasta», dichiara Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco archeologico di Pompei. E i risultati continuano a premiare l’impegno di archeologi e restauratori.

 

Vicino alla Porta Vesuvio, la prima zona ad essere investita dai materiali vulcanici della tragica eruzione nel 79 d.C., dove era venuta alla luce la domus con il quadretto di “Leda e il cigno”, in un’abitazione adiacente a Sud, nuovi affreschi arricchiscono il panorama decorativo di Pompei. Questa volta, rimossi pomici, lapilli e murature crollate, ad attirare l’attenzione è stata la raffigurazione di un altro celebre mito greco, che ha per protagonisti i fratelli Elle e Frisso: l’ennesimo esempio di interventi divini nel destino degli uomini e di nomi geografici ancora esistenti. Grazie a Ermes, i due giovani erano in volo dalla Beozia in groppa all’ariete dal Vello d’Oro per sottrarsi alla loro morte, decisa dalla matrigna Ino. Purtroppo, durante la fuga alata Elle cadde in mare e da lei quel tratto prese il nome di Ellesponto.

 

Il dipinto ritrae il momento nel quale la sfortunata fanciulla scivola nelle onde e tende una mano verso il fratello, che non riesce a salvarla. Decorava la parete di fondo dell’atrio, dove una scala conduceva al piano superiore, distrutto dalla furia del vulcano come la maggior parte degli edifici. I quadretti citati sembrerebbero opere di una stessa bottega e forse queste case, non di grande estensione, appartenevano a famiglie del ceto medio imparentate fra loro. A Pompei era l’ambito culturale greco a suggerire temi per ornare ambienti; così, commercianti, proprietari di vigne e botteghe, spesso liberti (ex schiavi), che non potevano raggiungere lo status economico dell’élite sociale, nobilitavano la loro condizione esibendo la conoscenza di celebrate rappresentazioni mitiche.

 

Il frigidarium

 

Le indagini in corso, tese a restituire l’intera planimetria di tre case confinanti e a ripristinare le pitture, devono anche affrontare problematiche relative a staticità, copertura, conservazione. Sono gli stessi obiettivi dell’attività di undici cantieri; un’impresa molto complessa, che amplia la prospettiva sull’intero territorio circostante, facendo tesoro del Grande Progetto Pompei portato a termine con successo da Massimo Osanna, ora direttore generale dei musei.

 

Le risorse odierne ammontano a 100 milioni per il triennio 2024-2026. Arrivano dal nostro governo, dalla Ue, da imprese che partecipano alle iniziative del Parco archeologico e da parte degli incassi annuali. Tra le iniziative già realizzate, come la navetta che collega Pompei con i siti di Oplontis, Stabia, Boscoreale, e la produzione di vino secondo gli antichi procedimenti, è arrivata alla terza edizione “Sogno di volare”.

 

«Ha come protagonisti i giovani», racconta Zuchtriegel: «Per avvicinarli a un patrimonio che gli appartiene, spesso ignorato, e li fa immergere nella cultura classica. Il 25 maggio, nel Teatro Grande di Pompei saranno loro a calcare le scene interpretando la commedia “Pluto” di Aristofane, vissuto tra V e IV sec. a.C.».

 

Negli ultimi interventi, va segnalato lo svuotamento di ambienti nelle Terme del Foro, utilizzati come deposito sin dall’inizio del secolo scorso. Materiali di scavo, reperti di vario genere e una quantità di ossa umane, erano accumulati sia sul pavimento che in armadi e scaffalature. Riempivano il reparto riservato alle donne con accesso autonomo: più piccolo rispetto a quello già noto di pertinenza maschile, nell’ultima fase di vita di Pompei era chiuso per una ristrutturazione.

 

Finalmente sono aperte alle visite anche queste stanze, le cui pareti erano ritenute dal punto di vista ornamentale intonaci di poco pregio; invece, dopo lo sgombero e la pulitura effettuata dai restauratori – è stata utilizzata anche la strumentazione laser –  sono apparsi vivaci affreschi policromi.

 

Ed ecco il vestibolo, prima dello spogliatoio (“apodyterium”) che fungeva anche da “frigidarium” con una vasca per bagni freddi dipinta di verde, mentre tre pareti erano decorate con immagini di piante e uccelli. È uno dei tanti giardini immaginari che caratterizzavano molte case, specialmente se vi entrava poca luce, per dare l’idea di uno spazio aperto. A Pompei era sempre primavera.

 

Il base labrum delle terme femminili

 

Dopo l’ambiente destinato ai bagni tiepidi, nel “calidarium” l’acqua calda arrivava in un grande bacino sollevato; resta il sostegno, anch’esso dipinto festosamente con motivi vegetali. Erano diversi i complessi termali in città e alcune domus lussuose disponevano di una loro spa. Ma ciò che colpisce è la grandiosa costruzione su due piani delle Terme Centrali per dotare di bagni una vasta zona residenziale, la City Life di Pompei, che doveva sorgere al posto di un intero quartiere demolito. La realizzazione in corso, e mai finita, dimostra la voglia di guardare avanti dei pompeiani e una notevole capacità economica, nonostante il violento terremoto del 62 d.C. che aveva provocato gravi danni ovunque; senza contare ulteriori forti scosse precedenti l’eruzione (un approfondimento del rapporto antico/moderno e una diversa lettura dell’archeologia nel volume di Gabriel Zuchtriegel: “Pompei. La città incantata”, edito da Feltrinelli).

 

Le Terme del Foro, per la prossimità della piazza principale cittadina, luogo di affari, mercato, culto, amministrazione municipale, furono messe in luce nel primo Ottocento. Diventando una delle mete d’obbligo per artisti, intellettuali, viaggiatori abbienti. Se poi arrivavano esponenti dell’alta aristocrazia, i responsabili degli scavi li accoglievano con tutti gli onori; si approfittava infatti della presenza di teste coronate per renderle partecipi di una scoperta, in realtà avvenuta prima, e poi fare omaggio di monili, candelabri, vasi, appena “ritrovati”.

 

Via del Vesuvio, nel Parco archeologico di Pompei

 

Cinque anni dopo la visita dello Zar Nicola I e della moglie Aleksandra, nel 1849 fu la volta di Pio IX, l’ultimo papa-re fuggito da Roma e riparato a Gaeta. Ricevuto trionfalmente dal sovrano delle Due Sicilie Ferdinando II, il pontefice arrivò a bordo di una carrozza, che non pochi problemi ebbe per via delle strade strette, assistette alla solita messa in scena e accettò i doni. Infine, per completare una giornata indimenticabile, si recò con il suo seguito proprio nelle Terme del Foro, dove fu consumato un pranzo sontuoso.

 

Le sale di questi bagni, tornati alla ribalta, erano già diventate scenario per cene private della famiglia reale e dei loro ospiti, illuminate da fiaccole e lanterne. A ricordarne le affascinanti suggestioni nei suoi “Souvenir”, è stata la contessa Luisa Rasponi, figlia di Gioacchino Murat e di Carolina Bonaparte.