Le paure per l’escalation militare e il minore peso economico del blocco Nato nei confronti della Russia sono tra le ragioni che spiegano lo scontro. Ma sul piatto ci sono anche i valori democratici da difendere

Il Corriere della Sera ha di recente pubblicato una prefazione di Carlo Rovelli a un volume sull’economia delle armi realizzato da Sbilanciamoci! e Greenpeace. Rovelli ci invita a riflettere sugli attuali rischi di un’escalation militare. Condivido queste preoccupazioni, ma ho trovato l’analisi di Rovelli poco convincente su altri aspetti. La riassumo.

 

Primo, dall’una (Nato) e dall’altra parte (Russia e in generale le nuove potenze economiche come la Cina) ci si guarda sempre più in cagnesco. Secondo, l’origine della tensione è il riequilibrio in corso nel potere economico globale: cala l’Occidente, crescono i Paesi emergenti. Terzo, soffia sul fuoco il complesso militare-industriale di eisenhoweriana memoria. Quarto, «l’Occidente deve decidere se accettare serenamente la rinegoziazione dell’equilibrio del potere globale resa inevitabile dalla diffusione della prosperità nel mondo, o rimanere arroccato a qualunque costo alla sua attuale posizione di dominio. Deve decidere se accettare un pianeta più democratico a livello globale, oppure continuare a sentirsi in diritto di arrogarsi una leadership mondiale che trova sempre meno consenso».

 

Sul primo punto non ci piove: i rischi stanno aumentando e non mi sembra che l’opinione pubblica se ne accorga, il che è preoccupante. Ricorda l’estate del 1914 (“I sonnambuli” è il titolo di un celebre libro sull’inizio della Grande Guerra). Sul secondo punto, è indubbio che sia in corso un riequilibrio del potere economico: già ora, in termini di volumi, il Pil dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) è del 10% superiore a quello dei G7. Ma il resto dell’analisi di Rovelli mi trova perplesso.

 

È vero: da che mondo è mondo i cambiamenti nel potere economico sono accompagnati da tensioni politico-militari. Ma l’attuale tensione tra Nato e Russia non ha nulla a che fare con questi cambiamenti. Semmai, è la Russia che, grazie al suo arsenale militare, vuole riaffermare con l’invasione dell’Ucraina un potere economico e politico perso con la fine dell’Urss. Molti se la prendono con l’allargamento a Est della Nato, percepita dalla Russia come minacciosa. Ma l’allargamento fu accompagnato dal maggior coinvolgimento della Russia al processo decisionale internazionale (vedi G8), interrotto dall’invasione della Crimea. E l’allargamento non era volto a rispondere a una richiesta di sicurezza da parte dei Paesi del defunto Patto di Varsavia e dei Baltici piuttosto che a minacciare la Russia?

 

Guardiamo oltre la crisi attuale. Il mutato peso economico relativo di Occidente e Oriente sarà fonte di tensioni crescenti. Ma l’appello di Rovelli all’Occidente di accettare un riequilibrio che significa esattamente? Significa, per esempio, che Taiwan dovrebbe essere tranquillamente invasa dalla Cina? Il «pianeta più democratico a livello globale» sarebbe quello in cui Paesi certamente poco democratici, dove Rovelli probabilmente non vorrebbe vivere, la fanno da padroni? E l’Occidente è davvero preoccupato solo della perdita di potere economico e non anche di quella dei nostri valori democratici?

 

Non sono domande retoriche e non ci sono risposte facili. Governare i cambiamenti economici e politici del XXI secolo sarà difficile. Torti e ragioni stanno dappertutto. Ma dare la colpa delle attuali tensioni solo all’incapacità dell’Occidente di accettare il suo declino economico mi sembra davvero eccessivo.