Belle storie
Anna Maria Gehnyei: «Sono nera, ma sono italiana. Con i Vannacci torna alla luce il razzismo nascosto del Paese»
Artista di seconda generazione, è scrittrice e musicista. «Prima veniva nascosto come la polvere sotto un tappeto. Come si può sconfiggere qualcosa che non si vede? Ora sappiamo com’è, ha una forma, un colore, è davanti ai nostri occhi»
Anna Maria Gehnyei è un’artista, scrittrice, danzatrice e musicista conosciuta con il nome d’arte di Karima 2G, scelto nel 2014 quando uscì il suo primo album, che rappresenta, con quel 2G, la seconda generazione a cui appartiene e che in quegli anni era invisibile. Lei è nata a Roma, ma i suoi genitori sono liberiani.
«Ho ottenuto la cittadinanza italiana dopo tanti anni dalla mia nascita in Italia e l’ho aspettata tantissimo, ma non ho un bel ricordo di quel giorno. Durante il giuramento c’era un funzionario del Comune che mi trattava come fossi straniera, ma c’era la mia carta di identità in cui c’era scritto che ero italiana. Ma lui scandiva le parole come se fosse scontato che io non lo capissi. Anche se avevo ottenuto un risultato importantissimo per me, quel pregiudizio sarebbe rimasto per sempre come un marchio. Sono nera, ma sono italiana. Quando ho sentito che il generale Roberto Vannacci ha dichiarato che gli italiani hanno la pelle bianca, ho pensato che fosse un bene. Ha semplicemente espresso ciò che molti italiani pensano, ma non dicono. Come dissi diversi anni fa a Matteo Salvini e come ribadisco a Vannacci, è una benedizione. Lo ringrazio perché oggi, grazie a lui, finalmente l’oscurità di questo Paese viene portata alla luce. Prima, il razzismo veniva nascosto come la polvere sotto un tappeto. Come si può sconfiggere qualcosa che non si vede, che cerca di impedirti di esistere, che ti circonda come un’ombra, che ti soffoca quando cerchi di parlare, fino a quando non si manifesta davanti a te? Ora sappiamo com’è, ha una forma, un colore, è davanti ai nostri occhi».
«L’Italia bianca di ieri è oggi meticcia. Per quanto alcuni possano aggrapparsi a un nazionalismo nostalgico, non si può tornare indietro. E in questo grande albero chiamato Italia, non ci sono frutti cattivi. Quello che posso dire a entrambi, che si professano cattolici, è: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Isaia 5,20)».
Anna Maria è in libreria con “Il corpo nero”, il suo primo libro, un romanzo autobiografico, frutto di diari scritti negli anni, che diventa anche un libro politico. Racconta la sua vita, l’ostilità di Roma, ma anche la sua autodeterminazione e la raggiunta maturità. Un corpo che viene visto nero e che in quanto donna è ancora più difficile liberare, ma che è finalmente libero.
«Mia sorella gemella è il mio alter ego, lei rispondeva agli attacchi, io mi chiudevo e mi facevo tante domande, non ho vissuto la mia infanzia e la mia adolescenza, chiedendomi: Perché accade? Pensavo fosse colpa mia: ero nata in Italia, ma dovevo nascere altrove? Il senso di colpa o il fatto di non sentirsi all’altezza del luogo in cui si abita e del contesto o di meritare qualcosa appartiene a noi ragazzi di seconda generazione. Qualche anno fa ho ricevuto una borsa di studio internazionale dalla John Cabot University. Piangevo tutti i giorni, ma poi ho capito che erano lacrime di riscatto, anche per i miei avi. La storia della mia famiglia conta e sono felice delle mie origini. Oggi però vorrei prendere una strada in cui sono semplicemente io senza sottolineare di essere afro-discendente. È la mia bandiera, senza origini non sarei ciò che sono, ma come mi direbbero i miei avi: voglio brillare. Non sono una vittima, celebro la mia vita».