Alcuni dei temi più sensibili, soprattutto per le generazioni più giovani, trovano poco o nessuno spazio nei documenti programmatici. Che invece si lanciano contro le «euro-follie green». E sul tema della Pace non mancano ambiguità e silenzi

Il mondo com'è e come lo vorrebbero le nuove generazioni: è una storia che si rinnova ciclicamente. I giovani non solo sono tornati in piazza, ma credono anche che il loro voto possa cambiare qualcosa in Europa. In vista delle elezioni, il sondaggio dell’Eurobarometro conferma la voglia di partecipare alla vita politica da parte delle ragazze e dei ragazzi. Il 64% delle cittadine e dei cittadini under 30 ha infatti dichiarato di avere intenzione di recarsi alle urne ed esprimere le proprie preferenze. In Italia il 40% degli intervistati sostiene che andare a votare sia il miglior metodo per far sentire la propria voce. Ma cosa si aspettano i giovani dall’Unione Europea? Il 33% sogna un mondo di pace in cui la cooperazione internazionale abbia un ruolo di rilevanza. Tra le ambizioni, anche la lotta alla povertà e alle disuguaglianze economiche e sociali. E che ci sia voglia di un cambiamento, lo dimostrano le mobilitazioni degli ultimi mesi. 

Analizzando i programmi elettorali delle principali compagini politiche italiane candidate alle Europee però, sembrerebbe però che la liste dei desideri e quelle delle priorità della nostra politica non siano esattamente allineate.

 

Su cinque programmi presi in considerazione, si parla di cambiamento climatico in media solo 3 volte.

 

Il Movimento 5 Stelle è il partito che si dilunga di più sul tema, viste le 103 pagine di programma. Nomina la crisi ambientale almeno dieci volte, intersecando la questione della giustizia climatica con quella sociale. «Non è più accettabile che la metà della popolazione mondiale più povera, che non ha contribuito al cambiamento climatico, sarà quella che verrà più penalizzata». Ci si sofferma un po' meno il Pd che, nominando il cambiamento climatico quattro volte, vuole un «Green deal dal cuore rosso, perché giustizia sociale e climatica sono inscindibili». 

 

Ben diversi i toni utilizzati nel programma di Fratelli d’Italia, dove l'imperativo categorico è uno ed è scritto a lettere cubitali: «Difendere la natura senza eco-follie». Oltre a non nominare mai il cambiamento climatico, il partito della premier Giorgia Meloni vorrebbe rivedere la normativa sul “Ripristino della natura”, «per non penalizzare l’agricoltura e l’allevamento». Questa normativa impone ad ogni Paese membro di recuperare il buono stato di salute di almeno il 30% degli habitat (foreste, praterie e zone umide, fiumi, laghi e coralli) entro il 2030. Percentuale che aumenterà al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. 

 

Di pari passo, porta avanti la crociata contro la carne e i cibi sintetici. Prerogativa a cui si accoda anche la Lega. Non una parola sull'ambiente e la crisi climatica per il Carroccio. Piuttosto il gruppo di Matteo Salvini mira a slogan come «stop alla carne sintetica e insetti» e alle «euro-follie green». Più pacate le posizioni di Forza Italia che, nelle sue 17 pagine di programma, parla di «ambientalismo responsabile». E auspica il passaggio da un Green deal «ideologico» ad uno «realistico».  

 

Almeno a livello teorico, la pace non dovrebbe essere un tema divisivo. Ma forse dipende da come la si intende. E c’è anche chi non la nomina mai. È la Lega, che non parla né di guerra, né di pace. Tuttavia si dice impegnata a sostenere il diritto all’autodifesa dell’Ucraina. Però senza coinvolgere i soldati italiani. Di Gaza invece non c'è traccia. 

 

Di contro, il partito dell’ex premier Giuseppe Conte dedica un intero capitolo alla pace e la nomina almeno 17 volte. I grillini sostengono che non ci sarà tregua finché la Palestina sarà occupata. Con uno sguardo in casa e una sbirciata verso il fuori, i pentastellati hanno dei dubbi sull’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, «notando un progressivo allentamento di Istanbul dai valori europei». Il concetto di pace è invece inflazionato nel programma del partito guidato da Elly Schlein, che la invoca 34 volte. I dem sono convinti che «il timido posizionamento dei governi di destra e conservatori sulla guerra a Gaza» impedisca all'Europa di «svolgere una funzione di stabilizzazione e di pace». Nell’Ue immaginata da Forza Italia invece Israele - «siamo al loro fianco», si precisa - è «presidio democratico da sempre a noi vicino per storia e valori». Valori, forse, è la parola prediletta del programma elettorale della lista guidata dal ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani. Mentre Fratelli d'Italia taglia corto, appoggiando la soluzione “due popoli, due stati”. Si concentra piuttosto sull’Africa, considerata una «priorità, in quanto area geografica strategica per l’Unione Europea». 

 

Nei diversi programmi i punti dedicati ai diritti civili vanno cercati con il lanternino. E comunque, anche se trattati, inglobano una molteplicità di questioni che spaziano dalla parità salariale, alla natalità e alla violenza di genere fino all'assistenza ad anziani e vulnerabili. La partenza è già in salita. La Lega rivendica la sua «storica battaglia per un’Europa che riconosca i suoi valori e riaffermi l’importanza delle sue radici giudaico-cristiane». E no, non nomina mai i diritti civili. Forza Italia invece «mette al centro la famiglia», perché in fondo la «natalità è una priorità» tutta europea. In questo caso trova dalla sua parte Fratelli d’Italia che vuole un’Europa in cui si promuova «una cultura baby friendly», perché la natalità va considerata «come un investimento di carattere produttivo». Allo stesso tempo però bisognerebbe «contrastare il mercato transnazionale dell’utero in affitto, che mortifica la dignità delle donne e tratta i bambini alla stregua di una merce». Anche qui, il concetto di produzione-produttività è labile. Tra i vari punti Giorgia Meloni torna con uno dei suoi cavalli di battaglia: la lotta alla fantomatica «teoria del gender». Sì, perché secondo la premier «la difesa dei diritti delle donne si basa sulla valorizzazione delle differenze: per questo continueremo a batterci contro le ideologie che vorrebbero negare le identità». 

 

Sul lato opposto della barricata ci sono Pd e M5s. Nel maxi programma dei pentastellati c’è un capitolo dal titolo “Per una Unione dei diritti”. Un calderone in cui si affrontano varie tematiche, non per forza strettamente connesse ai diritti civili. Si parla di rafforzare le norme comunitarie sulla violenza di genere, promuovere programmi educativi sulla parità di genere e lavorare per l’uguaglianza e contro le discriminazioni. Ma di mezzo c'è anche il tema della parità dei diritti per le famiglie omogenitoriali e monoparentali. 

 

Il gruppo dei pentastellati mira ad agevolare le adozioni e l'affidamento e ad affermare la «procreazione assistita come nuovo diritto». Impegni simili anche quelli presi dal Pd che, davanti «a un aumento delle azioni omofobe, bifobiche, transfobiche e della retorica dell’odio», intende battersi per provvedimenti concreti che «rendano i diritti pienamente esigibili». In particolare il partito di Schlein intende «promuovere la portabilità dei diritti delle famiglie omogenitoriali su tutto il territorio dell’Unione» e promette che, anche a livello nazionale, continuerà a lottare «per i diritti Lgbtqi+, per il matrimonio egualitario e per una legge contro l’omobilesbotransfobia».