Parola di Francesco Amoruso, senatore e notabile pugliese, forzista di matrice democristiana. È la guerra dello streaming contro i santini. Dei comizi-spettacolo che riempiono le piazze contro il silenzioso porta a porta.
È la guerra dei meet-up contro le squadre di calcio, le associazioni, i circoli, il dopolavoro, le feste di paese, le processioni di santi passate al setaccio. Eccolo qui, riesumato direttamente dalla Prima repubblica, l’ultimo argine dei partiti tradizionali per frenare la valanga a cinque stelle che sta per sommergere il Meridione d’Italia. Quando Berlusconi non tira più, quando le manette fanno perdere la bussola, quando la sinistra non può più contare su sindacato e struttura, i vecchi diccì rispolverano la campagna elettorale di una volta. Fatta di suole consumate e migliaia di chilometri percorsi in macchina: «Ascolta a me... Mastella è stato eletto così a Strasburgo, mica con Internét. Aveva i voti a Benevento e poi l’Udeur, piccolo piccolo, che tutti gli ridevano in faccia. Ma intanto quelli avevano cento voti per ogni comune e lui s’è preso 100 mila voti», spiega ancora Amoruso, «Siamo in una guerra: stavolta se si perde, andiamo a casa per davvero».
Proprio così. Basta fare un giro al Sud per capire che qui le Europee sono diventate una partita all’ultimo voto. Forza Italia contro Pd. Pd contro Grillo. E Grillo contro tutti. E se il M5s guida i sondaggi, Raffaele Fitto è pronto a giocarsi il tutto per tutto. L’ex governatore ed ex pupillo dell’ex Cav è da un po’ che vuole togliersi di torno quel maledetto prefisso “ex”, appunto, che lo tormenta. E scalare Forza Italia fino ai piani più alti. Per farlo deve vincere le elezioni europee, staccando il Pd di Renzi e frenando l’avanzata di Beppe Grillo. Per presentarsi a palazzo Grazioli come il più votato d’Italia, e piazzare le sue armate sul Risiko del premier trentanovenne.
Chi lo ha capito bene è il sindaco di Bari, Michele Emiliano, furibondo per le liste del Pd. Lui che da mesi inseguiva la leadership democratica al Sud. Lui che era simpatizzante renziano da tempi non sospetti, sebbene con echi grillini. Insomma, quando tutto sembrava pronto per incoronarlo alle Europee, un sms rovina il gioco. Sono le 00.49 del 9 aprile: «Caro Michele, problemi sulle Eu. La linea del segretario è di rottura. E prevede 5 capilista donne. Ma per te certo non è un problema».

A scrivere è Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd, che a Roma ha appena presieduto la riunione sulle liste. E che sa benissimo che, al contrario, il problema Bari c’è. E pure grosso. Detto fatto, scoppia il caso. Emiliano lascia il posto a Pina Picierno e sbatte la porta alla candidatura. Così a centrodestra brindano: «Berlusconi non ci voleva credere. I sondaggi davano Emiliano forte, adesso per noi è più facile superare il Pd».
Stessa sensazione che si respirava ai piani alti della Regione, dove il governatore Nichi Vendola fa campagna elettorale a metà, frenato dal caso Ilva. Ma Renzi non ci sente. E va avanti per la sua strada. Rottamazione. Cambiamento. Quote rosa. Intanto al Sud gli attacchi contro Emiliano sono quasi quotidiani. Accusato di non seguire il diktat di Matteo, di non criticare abbastanza Grillo, di essere un eretico del renzismo. Ma lui si volta dall’altra parte: «Sbagliano!».
A girare un po’ per il Salento, in effetti, in parecchi non condividono il mantra rabbia-speranza: «Nel Sud senza lavoro hanno mai pensato che fra le due è probabile che vinca la rabbia?». Fatto sta che il sindaco di Bari non ha più parlato con palazzo Chigi. Ufficialmente il presidente del Consiglio è troppo impegnato. Ma in realtà a Bari la delusione c’è. Al punto che da Roma è arrivato l’ordine ai ministri di concentrare gli sforzi elettorali quaggiù, dove il Pd rischia di arrivare terzo: «Abbiamo aperto un’autostrada a Forza Italia. Qui si ragiona da ascari. La domanda che si fanno è: quanto conterò a Roma? Mica: che fine fa il Pd?», si è sfogato Emiliano. Anche se poi in piazza dice il contrario. Morale, quella a cui fischiano di più le orecchie è Pina Picierno, casertana di nascita, intenzionata a dare filo da torcere ai gufi baresi espugnando la Campania. Missione difficilissima, ripetono al Nazareno, dove i contatti con i signori delle tessere sono costanti.
Pina spera pure nell’ex governatore Antonio Bassolino, tornato in campo dopo essere stato assolto dalla lunga vicenda giudiziaria sui rifiuti. A Napoli tutti sanno che o’ sindaco fa il tifo per due candidati maschi (lo storico delfino, Andrea Cozzolino, e Massimo Paolucci, l’ex braccio destro che dei rifiuti era stato addirittura il commissario vicario). Ma c’è una coincidenza che potrebbe aiutare anche la Picierno. Da anni, ormai, Bassolino e Paolucci erano in pessimi rapporti, ma l’eventuale elezione a Strasburgo aprirebbe le porte di Montecitorio ad Annamaria Carloni, moglie dell’ex governatore.
Ed ecco che i “bassoliniani” sponsorizzano entrambi gli ex delfini. «Tanto, si possono dare due voti», dicono. «Tre», correggono i fan della capolista, «se c’è una donna».
A centrodestra corrono ai ripari. E Fitto ricuce almeno all’apparenza gli strappi. Pace (mediatica) con Giovanni Toti e accordo (di ferro) con il gruppo di Nicola Cosentino. Strano ma vero, da quando Nick ’o Mericano è finito in carcere, nel napoletano è scoppiata la pace elettorale. E se tutti prima rifiutavano un posto in lista a Cosentino, oggi nessuno disdegna i suoi voti. Assieme a Fitto, pure Fulvio Martusciello, fratello del più volte viceministro Antonio, commissario all’AgCom. È lui l’altro uomo forte. Prima una visita a casa Cosentino, filmata dai carabinieri che stavano indagando sul politico casalese. Poi, l’intervento per sbloccare una pratica regionale che angosciava i fratelli dell’ex sottosegretario, finiti in carcere con lui. Infine, una passeggiata a Caserta con il senatore Vincenzo D’Anna, cosentiniano di ferro. Se vuole fare risultato, Martusciello, l’unico con il quale si è lasciata fotografare Francesca Pascale nell’ultima discesa a Napoli, deve riuscire in un’impresa disperata, riavvicinare Cosentino a Luigi Cesaro. L’ex amico di Cosentino, infatti, è una mina vagante. E non disdegna di spostare pacchetti di voti su candidati “alternativi”. Magari renziani del Pd.
Ma Grillo sembra non venire scalfito. E nella Napoli del pupillo Luigi Di Maio si concede un bagno di folla che pochi avrebbero rischiato. Un segnale, secondo i pentastellati, che lascia ben sperare. Un comizio nel cuore del rione Sanità, il popolare quartiere di Totò, off limits per la politica, se si pensa che l’ultimo a presentarsi lì era stato Giorgio Amendola. Altri tempi. Il comizio? «Beh, i primi dieci minuti li ha dedicati a Genny ’a carogna», raccontano a Sanità. «In tv l’aveva sbeffeggiato, ma qui a Napoli no... Grillo è furbo... e sa che qui i tifosi votano».