Non c’è pace per le leggi elettorali confezionate dal Parlamento italiano: prima o poi, una bella ripassata alla Consulta gli tocca. Non ancora sanato il caos del Porcellum, adesso è il turno delle regole per il voto europeo.
Il tribunale di Venezia ha infatti appena accolto, rinviandolo alla Corte Costituzionale, un ricorso che mette in discussione alcuni punti della legge, primo fra tutti quello dello sbarramento al quattro per cento (ma anche il mancato equilibrio di genere, la disparità di trattamento delle minoranze linguistiche e la deroga alla raccolta di firme per presentare le liste). Una soglia che i giudici hanno definito nell’ordinanza “manifestamente irragionevole”, chiamando la Consulta a pronunciarsi.
Il film del Porcellum in qualche modo si ripete dunque, anche per via dei protagonisti: a presentare il ricorso (in sei diversi tribunali) è stato infatti l’avvocato Felice Besostri, lo stesso che insieme ai colleghi Aldo Bozzi e Claudio Tani ha già vinto dopo reiterati tentativi la battaglia per abbattere il Porcellum. Secondo il legale, la soglia del quattro per cento “contrasterebbe con il voto libero sancito dall’articolo 48 della Costituzione”. Tesi che i giudici hanno sposato, parlando “conflitto con i principi relativi all’uguaglianza e pari dignità nel diritto di voto”, e di una soglia che “non appare sostenuta da alcuna motivazione razionale che giustifichi la limitazione della rappresentanza". Il parlamento europeo, fanno infatti notare, “non ha il compito di dare fiducia ad alcun governo”, né ha un ruolo determinante nella produzione legislativa: non c’è dunque la necessità della cosiddetta “stabilità” che invece è la motivazione per introdurre gli sbarramenti.
Cosa succederà adesso? Secondo l’avvocato Besostri è più un problema di tempi che di sostanza. Nel merito, infatti, c’è già un precedente nella giurisprudenza costituzionale tedesca: anche in Germania, i giudici hanno abolito lo sbarramento del cinque per cento previsto dalla legge europea. Quanto all’Italia, però, è comunque assai difficile che la Consulta si pronunci entro il 25 maggio: i tempi dei lavori non sono mai brevi, di solito ci vogliono mesi per una sentenza. Peraltro, la prossima settimana non sono previsti lavori, quindi se ne parlerebbe comunque non prima del 19 maggio,a sei giorni dal voto.
Così, è altamente probabile che la sentenza arrivi dopo. E a quel punto in questione sarà la validità dell’elezione dei neoparlamentari europei: nel caso del Porcellum, il busillis è stato risolto lasciando in carica gli eletti.