Le prime sono state piantate a Bologna domenica davanti al Rettorato. Seguirà La Sapienza di Roma. «Entro il prossimo 15 maggio gli accampamenti saranno in tutti gli atenei del Paese per rompere ogni complicità tra Italia e Israele»

La mobilitazione delle università a supporto del popolo palestinese, che va avanti da mesi, torna a fare rumore anche in Italia. Da domenica 5 maggio, viste anche le proteste negli altri atenei nel mondo, gli studenti hanno piantato le tende di fronte al Rettorato dell'università di Bologna, in piazza Scaravilli, nel cuore della città universitaria. Ma il capoluogo dell'Emilia-Romagna è solo la prima città a mobilitarsi: «Entro il prossimo 15 maggio ci saranno accampamenti in tutti gli atenei del Paese», spiegano gli organizzatori del movimento dei Giovani Palestinesi e di Cambiare Rotta. Gli studenti chiedono che le università che frequentano tutti i giorni non siano «complici di uno Stato sospettato di genocidio». Nè vorrebbero che svolgessero parte attiva in un mondo che si prepara alla guerra, che ritiene che i conflitti possono essere la soluzione necessaria al raggiungimento della pace. 

 

«Per questo, come abbiamo già sottolineato durante la protesta contro il bando Maeci di cooperazione Italia-Israele tra la fine di marzo e aprile, chiediamo sia la chiusura degli accordi degli atenei italiani con gli enti israeliani, sia la fine dei rapporti dell’università di Bologna con le aziende impegnate nella produzione di armi, come Leonardo, o con la Nato. Bologna è anche tra i 13 atenei coinvolti nel bando “Mare Aperto 2024”, il programma della Marina Militare che prevede esercitazioni di guerra nel Mediterraneo», spiega Antonio di Cambiare Rotta, mentre gli studenti attorno montano le tende. «Andremo avanti a oltranza. Anche noi insieme al movimento dei Giovani Palestinesi abbiamo individuato nel prossimo 15 maggio, il settantaseiesimo anniversario della Nakba (la catastrofe, l’esodo forzato di 700 mila arabi palestinesi dai territori occupati da Israele ndr),  la data simbolo per l’inizio dell’intifada studentesca. Ci saranno tende in tutte le università», spiega Antonio.

 

Contro la guerra a Gaza «c’è la possibilità di costruire un movimento internazionale», aggiunge Davide del gruppo Giovani Palestinesi. Bologna è la prima tappa di una mobilitazione che sta attraversando il mondo intero. Oltre alle bandiere delle Palestina appoggiate sopra alle tende ce n’è una che ricorda altre lotte bolognesi: «Case più belle per tutte». Nei mesi scorsi in stazione, a piazza Verdi e via Zamboni per il diritto all’abitare, ma anche al parco Don Bosco contro il progetto del Comune per le scuole Besta.

 

Come si capisce al comunicato pubblicato sul sito dell’ateneo di Birzeit, il primo istituto di istruzione superiore fondato in Palestina, la richiesta di internazionalizzare la lotta per supportare la popolazione della Striscia di Gaza arriva direttamente dall’altro lato del Mediterraneo: «L'università di Birzeit fa appello alla comunità accademica internazionale, ai sindacati e agli studenti affinché compiano il loro dovere intellettuale e accademico di ricerca della verità, mantenendo una distanza critica dalla propaganda di Stato, per accertare le responsabilità di chi sta commettendo un genocidio e di chi ne è complice».

 

Dalla chiamata dell’università di Birzeit sono passati più di duecento giorni e «sotto le macerie e nelle fosse comuni - scrivono gli studenti dell’Università di Bologna - giacciono i corpi di oltre trentamila bambini, donne e uomini palestinesi, assassinati senza pietà. Ora non c'è più tempo». Un’urgenza avvertita anche a livello globale, come dimostrano i fatti avvenuti nelle università statunitensi. La tendata bolognese «rilancia quanto sta accadendo in America ma non solo», ora più che mai lo sguardo è transnazionale. Lì negli ultimi giorni sono stati arrestati oltre duemila manifestanti. Ma nel frattempo i giovani si mobilitano dappertutto: dalla Francia all’Inghilterra, ma anche in Messico, in Asia e «dalla stessa Palestina, da cui è stata lanciata la richiesta di un’intifada delle scuole e delle università», dice Davide.

 

L’acampada a Bologna è iniziata domenica «con un’assemblea con realtà da tutte le parti del mondo che si stanno mobilitando al fianco della resistenza palestinese». Tra le voci che si sono alternate durante il pomeriggio c’è quella di Mjriam Abu Samra, ricercatrice e attivista italo-palestinese: «Esiste una convergenza mondiale di movimenti studenteschi. La Palestina ha ricordato che non si sta lottando per una sola causa. Gaza ci ha liberato, ci ha messo davanti alla necessità di sradicare l’oppressione sistemica» ovunque si trovi.

 

Alle proteste contro le collaborazioni delle università con Israele e la filiera bellica e contro il genocidio in corso in Palestina si stanno unendo anche gli altri atenei in Italia: «Da Bari a Torino continua il boicottaggio accademico e la battaglia contro il governo Meloni», scrive su Instagram l’organizzazione studentesca Cambiare Rotta. Le prossime tende sono previste per il 6 maggio alla Sapienza di Roma, in occasione dell’assemblea pubblica indetta alle 17 «per la Palestina libera».