Flussi in crescita, violenze e controlli delle forze di polizia. Il viaggio di chi fugge dalle guerre e arriva a Trieste si rivela sempre più complicato. E per chi riesce ad arrivare in Italia manca un sistema d’accoglienza

All’ombra delle tragedie che riguardano i migranti nel Mediterraneo, la rotta balcanica negli ultimi anni è tornata a pulsare di un numero via via maggiore di persone che da Asia e Medio Oriente tentano di raggiungere l’Europa. Ma è anche diventata più pericolosa. Chi cerca di attraversare le sue frontiere, rafforzate da finanziamenti europei mai così cospicui, è sempre più spesso vittima di violenze e respingimenti illegali.

 

Da quando, quasi dieci anni fa, centinaia di migliaia di persone hanno attraversato i Balcani, i numeri degli attraversamenti si sono progressivamente ridotti, per poi riprendere a crescere a partire dal 2019. Finché nel 2022 Frontex ha registrato il maggior numero di attraversamenti dal picco raggiunto nel 2015. In questi anni non è solo cambiata la composizione delle persone in transito, ma anche i sistemi di controllo alle frontiere, che oggi sono più pervasivi e diffusi.

 

La maggior parte dei migranti scappa dalla crisi umanitaria in corso in Afghanistan e dal trattamento ostile nei confronti dei rifugiati in Turchia. Ma molti di loro provengono anche dalla Siria e dal Pakistan, dove i conflitti armati sono costanti e l’instabilità economica è elevata. Le condizioni di viaggio critiche, che si prolungano per mesi, assieme agli abusi subiti da trafficanti e agenti di polizia, specialmente al confine bosniaco-croato e in Bulgaria, provocano su queste persone gravi problemi fisici e psicologici.

 

In questo contesto anche la mortalità è cresciuta. Sebbene nessuna autorità nazionale o internazionale pubblichi dati o rapporti completi sulle morti dei migranti nelle rispettive giurisdizioni, l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni ha calcolato che dal 2014 lungo la rotta balcanica sono morte almeno 484 persone, ma si tratta di stime al ribasso. Tra loro, diverse decine di vittime sono minorenni. Proprio questa rotta è diventata la più letale tra i percorsi migratori via terra in Europa.

 

Dalla Grecia alla Croazia sono aumentati i muri e le schiere di filo spinato, insieme con l’impiego di tecnologie di sorveglianza e con il dispiegamento di forze di polizia sui confini, nonostante le violazioni dei diritti umani registrati. Nel frattempo, i Paesi attraverso i quali si snoda la rotta balcanica non hanno mai ricevuto così tanti soldi dall’Europa per aumentare «la sicurezza e la difesa» dei confini.

 

Arrivati a Trieste, i richiedenti asilo dormono in tende in un silos abbandonato vicino alla stazione ferroviaria. L’unico riparo, privo di servizi igienici, acqua e tetto

 

Soltanto i fondi europei stanziati per la gestione delle frontiere per il periodo 2021-2027 prevedono la cifra record di 6,2 miliardi di euro, pari al 131% in più del ciclo di bilancio precedente. A crescere in modo significativo è anche il budget di Frontex, come rivelano i centri di ricerca internazionali Transnational Institute e Statewatch che hanno analizzato le voci di spesa pluriennale dell’Unione europea. L’Agenzia Ue della guardia costiera e di frontiera, accusata più volte di essere coinvolta in respingimenti illegali che hanno portato alla morte di migliaia di persone alle frontiere esterne dell’Unione, può contare su un finanziamento senza precedenti di 5,6 miliardi di euro, con un aumento del 194%.

 

La crescente militarizzazione delle frontiere sta contribuendo a rendere l’attraversamento della rotta balcanica ulteriormente problematico. L’Unione europea ha finora portato avanti interventi congiunti con Albania, Moldavia, Montenegro, Macedonia e Serbia e presto lo farà anche con la Bosnia. L’ultima operazione riguarda il confine bulgaro-turco, dove Frontex ha triplicato il numero dei propri agenti inviandone oltre 500 a supporto delle forze dell’ordine nazionali. Il progressivo inasprimento dei controlli spinge da tempo e continuerà probabilmente a obbligare i migranti a evitare le intercettazioni via terra imbarcandosi verso il Mediterraneo. Chi intraprende questa rotta via mare da Est è partito finora soprattutto dalla Turchia. Tra gennaio e settembre del 2023, sono stati in totale 22.421 i migranti approdati in questo modo in Europa. Le ricerche dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni mostrano che la destinazione principale è la Grecia, dove gli arrivi nel 2023 sono aumentati del 123%, mentre in Italia sono diminuiti della metà rispetto all’anno precedente.

 

Per migliaia di richiedenti asilo provenienti dalle rotte balcaniche, l’Italia, e in particolare Trieste, è il primo luogo di arrivo sicuro dopo la fuga da persecuzioni, guerre e situazioni di violenza generalizzata. La sua posizione geografica rende questa città una delle tappe necessarie sia per coloro che chiedono immediatamente asilo dopo essere arrivati in Italia sia per coloro che, per diverse ragioni, intendono raggiungere altre destinazioni italiane o europee.

 

Diaconia Valdese e International Rescue Committee Italia, assieme ad altre associazioni del territorio, monitorano da alcuni anni gli spostamenti verso il capoluogo friulano. I loro report “Vite abbandonate” permettono di osservare come stanno cambiando la composizione delle persone in transito e le loro destinazioni. Nel 2023 gli arrivi, concentrati nel periodo estivo e autunnale, sono aumentati del 22% rispetto all’anno prima, con almeno 16.052 persone entrate in città. Le persone in transito sono in grande prevalenza maschi adulti, ma negli ultimi due anni il numero di minori non accompagnati arrivati in Italia passando da Trieste è aumentato del 112%. Al contempo è raddoppiato il numero di famiglie in arrivo ed è cresciuto il numero delle donne sole.

 

Nel complesso, il 68% di chi arriva è originario dell’Afghanistan – un dato in crescita rispetto al 2022, quando la percentuale era pari al 54% – mentre sono in netto calo le persone che provengono dal Pakistan (12% nel 2023, rispetto al 25% dell’anno precedente). Il terzo gruppo più numeroso per arrivi è di provenienza turca e si compone prevalentemente di nuclei familiari di nazionalità curda. Di tutte queste persone, quattro su cinque non vogliono rimanere in Italia, ma continuare a viaggiare per spostarsi soprattutto verso Francia, Germania e Belgio.

 

Rispetto al 2022, quando circa un terzo delle persone dichiarava di voler presentare domanda di asilo in Italia, un numero crescente di intervistati dice di essere intenzionato a lasciare Trieste e in generale di trovarsi lì solo di passaggio. Tuttavia, in assenza di una rete di accoglienza temporanea di emergenza, molte delle persone che arrivano in città finiscono per dormire in strada.

 

L’accoglienza immediata dei richiedenti asilo privi di mezzi è una misura fondamentale per garantire il rispetto della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, che proibisce i trattamenti inumani o degradanti, come quelli che derivano dalla mancata assistenza pubblica. Ma sulla rotta balcanica questo tipo di accoglienza è in forte crisi.

 

Il Patto europeo su migrazione e asilo, adottato lo scorso maggio dagli Stati membri, affida ai Paesi sulla frontiera esterna dell’Ue i principali compiti di accoglienza dei rifugiati. Ma questo approccio, sostengono l’International Rescue Committee e altre organizzazioni per la protezione dei diritti umani, può accrescere i respingimenti e le violenze lungo i confini: «Il Patto rischia di esasperare l’attenzione all’esternalizzazione delle frontiere, alle politiche di deterrenza e di contenimento delle migrazioni, oltre che alle politiche di rimpatrio verso il Paese d’origine».