Diritti negati
«Il carcere italiano è al collasso. Siamo in piena emergenza umanitaria»
La denuncia dei Garanti contro le misure "ordine e disciplina" del governo Meloni che peggiorano problemi cronici come il sovraffollamento. Intanto il numero di suicidi negli istituti di pena sale a 57 tra i reclusi. A cui si aggiungono sei guardie penitenziarie
«Il carcere è al collasso. Siamo in piena emergenza umanitaria, sia sulle problematiche carcerarie degli adulti sia sul tema della giustizia minorile». L’allarme arriva dal portavoce dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale e Garante Campano Samuele Ciambriello nella giornata di mobilitazione promossa da tutti i Garanti per affrontare le diverse problematiche del sistema carcerario. Se ne parla «in un acceso dibattito politico e sociale ma sul quale la politica, purtroppo non dà risposte concrete».
In uno sforzo di sintesi e di chiarezza i garanti elencano: oltre i suicidi anche le forme di autolesionismo, la mancanza di figure sociali, di ascolto come psicologi, assistenti sociali, psichiatri, mediatori linguistici. Ricordano che sono «trascorsi ormai quattro mesi dall'appello 'Sui suicidi in carcere servono interventi urgenti' con cui il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, invitava la classe politica del nostro Paese ad adottare, con urgenza, misure immediate per allentare il clima di tensione che si respira nelle carceri italiani».
Ma il decreto-legge sul carcere, del 4 luglio 2024, per la Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale è «una vera e propria scatola vuota, non in grado di porre un argine immediato alle drammatiche condizioni in cui versano gli Istituti di pena italiani. Preoccupante è l'indice di sovraffollamento che, ad oggi, è arrivato ad essere pari al 130%. Ci sono 7.027 persone detenute che devono scontare meno di un anno di carcere. Dati allarmanti, conseguenti anche a scelte di politica penale che, in un'ottica puramente repressiva e securitaria, hanno portato all'introduzione di nuove fattispecie di reato, all'innalzamento della durata di pene detentive per alcune fattispecie di reato, all'inasprimento dell'applicazione di misure cautelari, anche per reati di lieve entità».
Il Governo continua una politica tutta ordine e disciplina, sottolineano i garanti, con conseguenze catastrofiche: «L'assunzione di 1.000 unità della Polizia penitenziaria, a discapito delle esigenze dell'area educativa o del trattamento e/o dell'Uepe; modifiche all'Istituto della Liberazione anticipata. Ciò rappresenta solo apparentemente una semplificazione, che potrebbe portare a contenere ritardi nella decisione in merito al calcolo dei semestri via via maturati. Il lavoro del magistrato di sorveglianza diventerà più impegnativo, in quanto si prevede che rimane ferma la sua competenza nell'accertare la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in occasione di ogni istanza di accesso alle misure alternative alla detenzione o ad altri benefici analoghi».
Ci sarebbe delle possibilità di manovra, uscire da un modello che faccia respirare quelle carceri che oggi sono una polveriera: «Ci auguriamo che il Parlamento inserisca un emendamento sulla liberazione anticipata speciale; l'aumento delle telefonate da 4 a 6. L'aumento dei colloqui telefonici rappresenterebbe l'unica misura apprezzabile di questo provvedimento normativo, tuttavia la norma, che prevede l'aumento delle telefonate, non è immediatamente operativa».
Se non bastano gli allarmi, restano i numeri a fotografare «la sostanziale indifferenza della politica». Eccoli: 57 quest'anno le persone suicide di cui una all'interno del Cpr di Ponte Galeria, a cui è doveroso aggiungere il numero dei 6 agenti di polizia penitenziaria che, nello stesso arco di tempo, pure hanno deciso di togliersi la vita. E ancora: "I casi di autolesionismo e il dilagare di fenomeni di violenza e di tortura che si consumano nelle carceri italiani, come testimoniato anche dalle recenti indagini giudiziarie riguardanti i fatti consumati nel carcere di Reggio Emilia o, ancor più drammaticamente, l'inchiesta sulle violenze in danno di minori, reclusi presso l'Istituto Penale Minorile Beccaria di Milano. Il 64% delle persone che si sono tolte la vita negli ultimi due anni aveva commesso reati contro il patrimonio; il 60% dei suicidi si è verificato nei primi sei mesi di detenzione; il 40% di suicidi si è consumato oltre i primi sei mesi, con una percentuale elevata nell'ultimo periodo di detenzione e l'interessamento di molti detenuti senza fissa dimora. Il circuito più interessato dai suicidi è, non a caso, quello di 'media sicurezza'. Le persone con patologie psichiatriche che si sono tolte la vita sono meno del 10%».
Il sovraffollamento, ad oggi, è arrivato a essere pari al 130%. I detenuti sono 61.480 a fronte di una capienza effettiva di 47.300 posti. «Se si analizzano i dati per singoli contesti regionali, si evince poi che ci sono contesti in cui tale indice è nettamente superiore al 150% (Puglia 169,7%; Basilicata 160,2%; Lombardia 153,5%; Veneto 152,3%)». Sconfortanti sono anche i dati ricavabili da un'analisi, non solo quantitativa, ma qualitativa della popolazione detentiva italiana: 41.529 sono le persone che stanno scontando una pena definitiva; 7.027 sono le persone che devono scontare meno di un anno di carcere; 21.075 sono infine le persone che stanno scontando un residuo di pena da 0 a 3 anni; 19.951 sono le persone la cui condanna non è ancora definitiva, di cui circa 9.500 sono in attesa di primo giudizio. Numeri di una visione "puramente repressiva e securitaria" con l'introduzione di nuove fattispecie di reato, l'innalzamento della durata di pene detentive per alcuni reati e l'inasprimento dell'applicazione di misure cautelari.
Il Decreto Caivano ha poi determinato un ulteriore sovraffollamento degli Istituti minorili e fatto registrare una più cospicua presenza negli Istituti di pena per adulti dei giovani-adulti. Il riferimento va anche al ddl recante 'Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento' presentato alla Camera il 22 gennaio 2024, con cui si intende introdurre la nuova fattispecie di reato di rivolta all'interno di un istituto penitenziario, con cui si intende punire anche la resistenza passiva all'esecuzione degli ordini impartiti commessa da tre (o più) persone, prevedendo, come sanzione, una pena sproporzionatamente elevata (da 3 a 8 anni di reclusione). Una disposizione analoga, è proposta anche per le proteste che dovessero scoppiare all'interno delle strutture di trattenimento e accoglienza per i migranti.
Per i Garanti sarebbe doveroso agire subito su "misure immediatamente deflattive del sovraffollamento, e facilmente applicabili, partendo dall'unica posposta, al vaglio della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, presentata dall'on. Roberto Giacchetti, quale primo firmatario (AC 552), con cui si intende introdurre l'istituto della liberazione anticipata speciale", riconoscendo al detenuto 60 giorni (al posto degli attuali 45) per ogni semestre di buona condotta. Tale misura potrebbe addirittura rappresentare un concreto incentivo per i detenuti a comportarsi sempre meglio e ad allentare le tensioni tangibili nella quotidianità della vita carceraria. Una misura questa, ammettono i Garanti, che da sola non basterà a migliorare la vivibilità nelle carceri perché è «necessario superare concretamente la visione carcero-centrica del sistema di esecuzione penale e far sì che la detenzione in carcere sia davvero una extrema ratio, rendendo più snello e veloce il procedimento volto a garantire l'accesso alle misure alternative ai detenuti che, tra quei circa 30 mila che stanno scontando una pena o un residuo di pena inferiore ai tre anni, si trovano nelle condizioni di potervi accedere».
Bisognerà comunque, se si vuole il carcere un luogo di riscatto, rieducazione e speranza, favorire il lavoro intramurario; investire in importanti opere di ristrutturazione degli Istituti penitenziari per migliorare le condizioni di abitabilità e igienico-sanitarie degli stessi ambienti; assumere più personale esperto nel prevenire e gestire il disagio psicologico troppo diffuso in carcere. Infine, è necessario dare seguito alla sentenza della 'Corte costituzionale n. 10 del 2024, per fare in modo di favorire l'esercizio dell'inviolabile diritto all'affettività in carcere».