Politica
Il presidente Mattarella ha dato un'altra lezione di stile alla Destra di governo
Dopo i distinguo del presidente del Senato La Russa in merito al pestaggio di CasaPound contro un cronista de La Stampa, il capo dello Stato ha detto: “Intimidazioni e aggressioni ai cronisti sono atti eversivi contro la Repubblica”. E poi l’ironia dopo la proposta della Lega: “Spero si possa ancora dire sindaca”
Menomale che Sergio Mattarella c'è, verrebbe da dire. Nel corso della tradizionale cerimonia del Ventaglio al Quirinale, il Capo dello Stato ha trovato tempo, ancora una volta, per difendere i cittadini dagli attacchi scoordinati di chi è al governo.
L'informazione prima di tutto. Il Presidente ha ricordato la recente aggressione dei militanti di Casapound a un giornalista de La Stampa: «Va sempre rammentato che i giornalisti si trovano a esercitare una funzione di carattere costituzionale che si collega all'art.21 della Carta fondamentale, con un ruolo democratico decisivo. Si vanno, negli ultimi tempi, infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti. Ma l'informazione è esattamente questo. Documentazione dell'esistente, senza obbligo di sconti. Luce gettata su fatti sin lì trascurati. Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione. Come anche a Torino, nei giorni scorsi» e ha aggiunto: «Ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica». Parole chiare che come sempre il presidente pesa e misura. E risultano, inevitabilmente, in contrasto con quelle del presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha affermato che il giornalista de La Stampa avrebbe dovuto qualificarsi di fronte ai suoi collaboratori.
Ma non solo. In un passaggio il presidente della Repubblica, nell’elencare le personalità politiche colpite da attentati, ha citato «la sindaca di Berlino», usando il femminile «Spero si possa ancora dire», ha aggiunto. Una frase che arriva dopo le polemiche suscitate dalla proposta di legge della Lega, poi ritirata, che avrebbe voluto vietare l’utilizzo del femminile per le cariche istituzionali.
Non è la prima volta che il Capo di Stato indica alla destra di governo il ritorno a uno spirito di convivenza, etica, sapere, civiltà: i quattro pilastri della convivenza. Pochi mesi fa rispondendo a una lettera della vicepreside Maria Rendani, che l'aveva invitato a visitare l'istituto Iqbal Masih di Pioltello, in provincia di Milano, al centro delle polemiche per la scelta di chiudere la scuola per la fine del Ramadan aveva detto: «Ho ricevuto e letto con attenzione la sua lettera e, nel ringraziarla - sottolinea il capo dello Stato - desidero dirle che l'ho molto apprezzata, così come - al di là del singolo episodio, in realtà di modesto rilievo - apprezzo il lavoro che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell'adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo». Parole che hanno fatto da contraltare alla polemica nazionale incendiata dalla Lega e da Fratelli d'Italia e da alte cariche politiche come il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, e il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. Ma non solo.
Durante le celebrazioni per i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, il Presidente aveva mandato un messaggio diretto alle frasi del ministro Francesco Lollobrigida che aveva rievocato la bufala della sostituzione etnica («Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica»). Il capo dello Stato citò per l'occasione Manzoni: «È la persona, in quanto figlia di Dio, e non la stirpe, l'appartenenza a un gruppo etnico o a una comunità nazionale, a essere destinataria di diritti universali, di tutela e di protezione. È l'uomo in quanto tale, non solo in quanto appartenente a una nazione, in quanto cittadino, a essere portatore di dignità e di diritti».
Il 13 settembre per l'inaugurazione del corso di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro per 800 nuovi ispettori tecnici, assunti all’Ispettorato nazionale del lavoro, ha inviato una lettera senza molti precedenti. Anche questa coincisa, di difficile fraintendimento: «Lavorare non è morire» diceva Mattarella bacchettando la ministra Marina Calderone chiedendo di «fare di più» contro la strage quotidiana sui luoghi di lavoro. Proprio lui che andò immediatamente a Brandizzo a deporre una corona di fiori per i cinque operai falciati alla stazione, fece sentire la sua voce forte e decisa, “commissariando” un governo Meloni quasi inerte sull’argomento. «I morti di queste settimane ci dicono che quello che stiamo facendo non è abbastanza», tornando ad ammonire sulla necessità di garantire la sicurezza sul lavoro, un cultura che «deve permeare le istituzioni, le parti sociali, i luoghi di lavoro». Perché «madri, padri, figli, finito il proprio turno, hanno il diritto di poter tornare alle loro famiglie».
Il 2 gennaio il Capo dello Stato ha promulgato la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 («uno dei traguardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza - ha spiegato - da conseguire entro il quarto trimestre del 2023 e pertanto», da promulgare «con sollecitudine»), senza però fare a meno di segnalare in una lettera l'"eccessiva e sproporzionata" proroga prevista per l'"assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche", tale da rendere "indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento". Un messaggio simile a quello che aveva rivolto ai presidenti delle Camere e del Consiglio il 24 febbraio scorso a proposito della proroga delle concessioni demaniali marittime quando promulgò la legge di conversione del decreto milleproroghe del 2022. Oltre a segnalare "i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali" della proroga delle concessioni per i balneari, Mattarella in quell'occasione - per la terza volta - si soffermava su questioni di carattere generale, già sollevate dai predecessori Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, relative all'abuso della decretazione d'urgenza e agli interventi emendativi di Senato e Camera, tali da trasformare i provvedimenti inizialmente approvati dal Governo ed emanati dal Capo dello Stato "in decreti-legge omnibus del tutto disomogenei, vale a dire in meri contenitori dei più disparati interventi normativi".
Fino ad oggi. Ancora una volta garante di tutti, davvero sopra le parti, garante anche di quelli che non ne comprendono per dolo o per colpa l’impegno e la fatica.