Pane al pane
«Il mondo sta emergendo piano piano dalla crisi. E forse è meglio così»
Per l’Fmi l’economia non s’è ancora ripresa del tutto dalla pandemia. In realtà, le cose non vanno male. Ed è preferibile una crescita in un quadro stabile. Con un'unica sorpresa
Giorni fa il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha pubblicato l’aggiornamento del suo quadro di previsione per l’economia mondiale (l’update del World Economic Outlook). Non parla dei grandi problemi del futuro economico. È un quadro congiunturale che guarda al 2024 e al 2025. Ma anche la congiuntura è importante e suggerisce qualcosa sulle tendenze di fondo. Partiamo dal titolo del rapporto: “The Global Economy in a Sticky Spot”, ossia l’economia mondiale in una posizione «appiccicosa», il che dà l’idea di un mondo che non riesce a riemergere del tutto dalla crisi Covid.
In realtà, le cose non vanno affatto male. Il Pil mondiale è previsto crescere al 3,2% quest’anno e al 3,3% il prossimo anno. Non sono i tassi di crescita spettacolari dei primi anni di questo secolo, ma quei tassi furono seguiti dalla peggiore crisi economica dagli anni ’30 (la crisi finanziaria ed economica globale del 2008-2009), il che suggerisce come fossero insostenibili perché basati su un’eccessiva accumulazione di debito. Quindi non lamentiamoci di un quadro che resta sostanzialmente positivo e senza rilevanti sorprese rispetto a quello pubblicato a gennaio.
A dire il vero, una piccola sorpresa c’è. L’inflazione si sta rivelando più ostinata del previsto, soprattutto nel settore dei servizi, il che sta rallentando il processo di riduzione dei tassi di interesse. La Bce, dopo il primo modesto taglio di un quarto di punto percentuale, è in attesa di conferme sul fronte dei prezzi. La Fed, la banca centrale americana, ancora non ha iniziato la discesa, brutta notizia per il partito democratico in vista delle elezioni presidenziali, indipendentemente da chi sarà il candidato. Potenzialmente questo ritardo nella discesa dei tassi potrebbe portare a un rallentamento della crescita. Di questo, però, non c’è ancora segno.
Passando ai singoli Paesi, l’unico, tra i principali 30, per cui si prevede una recessione quest’anno è l’Argentina (-3,5%), segno che la cura da cavallo del presidente Javier Milei non sembra ancora aver avuto effetto. Ma otto mesi dalla sua elezione sono pochi e l’Fmi gli dà fiducia con un rimbalzo previsto il prossimo anno (5%). Tra i Paesi avanzati, gli Stati Uniti sono sempre tra i primi (2,6% nel 2024), segno che la crescita economica non basta, al contrario di quanto si dice di solito, a garantire la rielezione al partito del presidente uscente. L’Europa non riesce a tenere il passo (l’area euro sta allo 0,9% nel 2024), frenata dalla Germania (solo 0,2%, sebbene fuori dalla recessione che l’aveva colpita nel 2023). L’Italia si difende con uno 0,7% e forse l’Fmi è un po’ troppo prudente per il nostro Paese (credo che si sfiorerà l’1% previsto dal governo).
Tra i Paesi emergenti dominano l’India (7% quest’anno, 6,5% nel 2025) e, come sempre, la Cina (5% e 4,5% rispettivamente nel biennio). La crisi prevista da molti ancora non si è verificata. Fra l’altro, il calo del tasso di crescita rispetto a dieci anni fa è del tutto spiegato dallo stesso aumento del livello del Pil (il denominatore del rapporto su cui si calcola il tasso di crescita): la variazione del Pil cinese in termini reali è più o meno invariata rispetto alla dimensione del Pil mondiale. Non si vede cosa possa fermare il continuo aumento della Cina nell’economia globale, con tutto quello che ne consegue. Certo non basteranno le nostre speranze.