L'impugnazione della legge trentina sul terzo mandato davanti alla Consulta ha creato una crepa nella maggioranza, che passa dalla contrarietà del partito di Matteo Salvini durante il Consiglio dei ministri di ieri - 19 maggio - alle critiche nette del ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, in quota Lega. In un'intervista al Corriere della Sera, il ministro si è detto contento per l'approvazione da parte del Cdm della legge delega sui livelli essenziali di prestazione (Lep) ma, allo stesso tempo, arrabbiato per il "grave errore" di bocciare la norma di una Provincia autonomia quale è Trento.
Quanto fatto dal governo con la legge trentina, secondo Calderoli, non può essere paragonato all'impugnazione della legge campana, che pur aveva tentato la strada della norma regionale per permettere una terza candidatura a Vincenzo De Luca: "Una cosa sono le Regioni a statuto ordinario con competenza concorrente, ma cosa diversa sono le Regioni autonome in cui le norme discendono da una norma costituzionale". E, puntualizza il ministro, anche tra le diverse regioni i regimi sono differenti: "Valle d'Aosta e Bolzano hanno il limite di tre mandati, la Sardegna non ha limiti. La Sicilia ha il limite di due, perché è stato introdotto con la legge costituzionale del 2001. Se il legislatore avrebbe voluto introdurlo per tutti, lo avrebbe fatto". La mossa del governo, dice il titolare degli Affari regionali, andava evitata: "Prima del ministro Francesco Lollobrigida, che martedì scorso ha chiesto l’impugnativa, nessuno lo aveva fatto. Non la ministra Maria Elisabetta Casellati, che giovedì — il Consiglio dei ministri avrebbe dovuto essere il giorno precedente — si è limitata a definirla opportuna. Ma anche il ministro dell’Interno (Matteo Piantedosi, ndr.), che è quello più rilevante per questa materia, non l’ha richiesta".