Diritti Negati
Altro che ddl Zan, le leggi contro l'omotransfobia nelle Regioni ci sono ma restano solo bandierine
L'Italia è dotata negli anni e a macchia di leopardo di norme che avrebbero il potere per prevenire e contrastare discriminazioni e violenza: inapplicate, dimenticate, obsolete. Senza fondi, restano soltanto propositi. Uniche eccezioni: Campania e Toscana (dove la legge esiste da 20 anni)
«Serve una legge», è il refrain che rimbalza dopo ogni aggressione nei confronti delle persone Lgbt. L’ultimo tentativo è naufragato il 27 ottobre 2021, il ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia è morta sotto i colpi dello scrutinio segreto al Senato e un tributo di applausi del centrodestra. Un copione che si ripete da 25 anni. Poi, ciclicamente, in Italia come un fiume carsico riemerge l’allarme, roba ordinaria: coppie gay prese a calci e pugni per strada, ragazzi bullizzati fino al suicidio, figlie lesbiche vittime di stupri correttivi, persone trans accoltellate. Qualcuno alza lo sguardo e chiede di mettere mano al codice penale.
Eppure, attraversando le regioni italiane si scopre che qualcosa già ci sarebbe, va anche oltre. Leggi che non intervengono quando la discriminazione e la violenza si sono già consumate, ma arrivano prima. Leggi regionali di prevenzione e contrasto. L’ultima approvata, per ordine di tempo, il dieci luglio di quest’anno, è stata nella Regione Puglia. Arriva in coda a grandi regioni come Toscana, Umbria, Emilia-Romagna, Liguria, Sicilia, Campania e Marche.
Ma che effetti ha una legge del genere sul territorio? «Qui molto poco», racconta a L'Espresso Marco Tonti, presidente di Arcigay Rimini. In Emilia-Romagna si è battuto in prima linea assieme a molte altre associazioni e militanti per l'approvazione di una legge contro l'omotransfobia. Una lotta durata anni, consumatasi nei palazzi di viale Aldo Moro per giorni, i consiglieri hanno svolto turni di 18 ore (seguiti da 6 ore di riposo) di discussioni e voto. Era il 2019. «Un percorso molto difficile ma adesso che c'è la legge è stata messa nel cassetto. Eccezione per un sondaggio di cui stanno elaborando i dati», racconta Tonti. Un po' poco per la Regione rossa considerata la più accogliente in Italia: «Da un punto di vista pratico non c’è altro. Noi siamo una priorità solo per Salvini e Meloni. La Regione ha sempre patrocinato i Pride, ma progetti e finanziamenti arrivano dai bandi delle pari opportunità e non da quella legge che pure è all'avanguardia. Bisognerebbe attivarla, sostenere la sanità regionale per aiutare la comunità Lgbt ma soprattutto le persone transgender». Il testo prevede interventi in materia politica del lavoro, formazione, aggiornamento professionale, integrazione sociale. «Alla fine tutto questo si fa per iniziativa delle associazioni senza l'ausilio di quella legge che potrebbe darci una mano. Una questione di volontà politica naturalmente, non vogliono essere disturbati».
Non va meglio in Liguria, dove la legge "Norme contro le discriminazioni determinate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere" è stata approvata nel 2009: «Un testo all'avanguardia che prevedeva investimenti formativi a 360 gradi e aveva previsto una commissione tra enti locali e associazioni per mettere in dialogo le realtà territoriali», racconta Claudio Tosi, presidente di Arcigay Genova, «ma nel 2009 si chiudeva quella consiliatura e la Regione entrava nell'era Giovanni Toti. La fitta nebbia del centrodestra ha inghiottito la legge, come se non esistesse. Il nulla cosmico. Abbiamo provato a confrontarci con Toti in diverse fasi ma è sempre stato molto bravo a far finta di niente. Non si è mai neanche contrapposto, semplicemente non ha mai risposto alle mail».
Copione simile al Sud. Nel 2015 la Sicilia ha approvato una legge che promuove la realizzazione e l’implementazione della Rete regionale di prevenzione e contrasto delle discriminazioni, per realizzare e promuovere attività di educazione sui diritti umani, provvedendo ad assicurare percorsi di inserimento e di integrazione sociale, di informazione ed inclusione. «Un buon testo concordato con le associazioni che istituiva all'epoca, prima della legge Cirinnà, un registro per le unioni civili», ricorda Vera Navarria di Arcigay Catania: «Ma l'interesse di renderla attiva è stato praticamente nullo. Il testo prevedeva una serie di norme contro l’omofobia e la transfobia che si applicano su scuola, formazione, uffici regionali, sanità, comunicazione, politiche del lavoro, accesso ai servizi e negli altri settori di competenza della Regione. Nulla di tutto questo. Almeno i patrocini al Pride avrebbero dovuto essere scontati».
Nelle Marche la legge «c'è ma è senza portafoglio. Generica e mai applicata», si sfoga Matteo Marchegiani, segretario dell'Arcigay Ancona e presidente del Marche Pride. «La norma è del 2010. Coinvolge anche il Corecom Marche cioè il Comitato regionale per le comunicazione. Prevedeva centri di ascolto, corsi di formazione, cose che per l'epoca erano all'avanguardia. Il problema è che quel vento favorevole è stato un refolo che si è subito fermato. Le giunte di centro sinistra hanno ignorato la legge, quella di Francesco Acquaroli, centrodestra, ci ha messo una pietra sopra. Noi ci muoviamo attraverso bandi nazionali o facciamo da soli».
Sono, dunque, leggi inutili? Solo se rimangono nel cassetto. Basta osservare quello che è successo in Toscana e in Campania. Nella regione guidata da Vincenzo De Luca, per esempio, la legge è riuscita a illuminare un’idea di mondo entro la quale convivere, spiega Antonello Sannino, presidente di Antinoo Arcigay Napoli: «Nata dalle associazioni, la nostra non è fatta solo di buoni propositi ma di investimenti economici che la Regione fa su centri antidiscriminazione e case di accoglienza. Le Regioni possono stipulare protocolli con gli uffici scolastici per il contrasto all’omotransfobia. Si può anche interagire con il sistema sanitario regionale. Bisogna considerare che la Regione Campania qualche mese prima dell'approvazione di questa legge ne aveva approvata un'altra sul bullismo, inserendo il contrasto al bullismo omotransfobico. Un binomio che ha portato al sostengo di case di accoglienza, centri antiviolenza, ha prodotto interventi nelle scuole sul bullismo omotransfobico, a San Giorgio Cremano si riesce ad arrivare anche nelle scuole elementari. Da un punto di vista sanitario è stato aperto il “Consultorio Incontra a Portici”, totalmente gratuito, per assistere le persone durante il percorso di riaffermazione di genere». Un quadro positivo per una legge che ha avuto l'appoggio anche di Forza Italia.
La Toscana è custode della più antica legge in Italia, approvata nel 2004. «Crea momenti di formazione nei luoghi di salute e lavoro» spiega Daniele Bonaiuti, Arcigay Firenze: «Nel 2014 c'è stato anche un osservatorio sulla discriminazione e nel 2021 una consulta regionale permanente. Forse andrebbe aggiornata, sono passati 20 anni. Però l'attenzione della Regione è innegabile».