Le elezioni in Groenlandia hanno visto il trionfo del centrodestra, fino a ieri all’opposizione. Il voto è stato contraddistinto da una forte spinta dei nazionalisti, i quali chiedono che l’isola artica raggiunga l’indipendenza dalla Danimarca e che Donald Trump plachi le sue mire colonialiste. Una tornata – quella per il rinnovo dell’Inatsirartut, il parlamento locale – che non ha mai suscitato interesse come quest’anno: dalle urne dipendeva il futuro del territorio autonomo della Danimarca, mentre il presidente degli Stati Unit continua a insistere sull’intenzione di annettere l’isola ghiacciata, strategica per “la sicurezza nazionale e internazionale”.
La strada per l'indipendenza
Con il 30 per cento, il voto in Groenlandia ha premiato il Partito democratico, forza che si definisce “social-liberale”. Ottimi risultati anche per i nazionalisti di Naleraq - principale sostenitore dell'autonomia da Copenaghen -, con il 24,5 per cento. In calo i partiti di governo: gli ambientalisti di sinistra di Inuit Ataqatigiit al 21 (15 per cento in meno rispetto al 2021) e i socialdemocratici di Simiut al 15. “Rispettiamo il risultato delle elezioni”, ha detto il premier uscente, Mute Ebede, del partito verde Inuitt Ataqatigiit. Nei prossimi giorni sarà necessario un accordo tra i partiti usciti vincitori dalle urne per delineare la maggioranza che governerà la piccola isola artica di 57 mila abitanti. Commentando i risultati elettorali, il premier uscente ha aggiunto: “Il nostro Paese è nell’occhio del ciclone. La comunità internazionale guarda a noi con attenzione”.
Le mire di Trump
Il territorio coperto per l’80 per cento dal ghiaccio, che gode di un'autonomia parziale dalla Danimarca, è entrato nel mirino di Trump, che ha promesso più volte di riprendersi la Groenlandia “in un modo o nell’altro”. Un piano che, secondo i sondaggi, è osteggiato dall’85 per cento dei groenlandesi. Nella tornata, la maggioranza dei 50 mila abitanti dell'isola si è rivolta a chi si è presentato più risoluto nella battaglia per l'indipendenza. L’isola, a 800 chilometri dal Polo Nord, a causa dello scioglimento dei ghiacci, è diventata un crocevia fondamentale delle nuove rotte artiche.
La Groenlandia è strategica anche per la sua ricchezza di risorse. Non solo riserve minerali e petrolifere, ma anche 36,1 miliardi di tonnellate di terre rare. Ma le pretese del tycoon si intrecciano anche con i rapporti con gli alleati europei e i partner della Nato: il presidente statunitense non ha escluso l’uso della forza, ma la Groenlandia – visto il suo legame con la Danimarca – fa parte dell’Alleanza atlantica.