La Groenlandia, tra romanzi e fotografie dell'isola finita nelle mire di Trump

Una foto di Paolo Solari Bozzi dalla mostra "Luce e silenzio. La Groenlandia" alla Galleria Still a Milano
Una foto di Paolo Solari Bozzi dalla mostra "Luce e silenzio. La Groenlandia" alla Galleria Still a Milano

I paesaggi evanescenti, i drammi di una comunità esigua ma complessa. I romanzi di Niviaq Korneliussen e le foto di Solari Bozzi. Per capire un Paese ignoto

Prima vuole prendersi la Groenlandia. Le elezioni, appena concluse, hanno consacrato nel nuovo Parlamento nazionale le opposizioni di centrodestra, indipendentiste e sovraniste. Poi il Canale di Panama e a seguire Marte. Più avanti chissà, perché le minacce di Donald Trump non conoscono limiti. E a poco serve la replica del primo ministro dell’ex colonia danese, Múte B. Egede. «La Groenlandia appartiene ai groenlandesi. Non siamo americani, non siamo danesi, perché siamo groenlandesi. Questo è ciò che gli americani e i loro leader devono capire», ha detto in un post su Facebook, per smentire chi pensa che la sua patria sia terra di nessuno. A cominciare dal presidente degli Stati Uniti.

 

È una terra semisconosciuta la Groenlandia. Nelle estreme lande dei ghiacci il confine tra la vita e la morte si fa più sottile, la zona di resistenza contro il cambiamento climatico è difficile da abitare. Un mondo sospeso, come mostrano le belle immagini di Paolo Solari Bozzi, realizzate tra il 2016 e il 2022 con pellicola in bianco e nero e stampate in camera oscura. Quaranta scatti in grande formato nella mostra “Luce e silenzio. La Groenlandia” alla Galleria Still di Milano (fino al 28 marzo), a cura di Dennis Curti: «Senza mai assecondare unicamente la componente estetica dell’immagine, il lavoro di Solari Bozzi richiama il modus operandi dei grandi paesaggisti della storia fotografica», afferma nel testo di presentazione: «Stiamo parlando di una fotografia ancora analogica, lenta, pensata e progettata».

 

Ad analoghe latitudini lo mostrò bene qualche anno fa il pianista Ludovico Einaudi con il suo brano “Elegy for the Arctic”. Il video lo riprende mentre suona il suo Steinway & Sons a coda su una piattaforma che naviga tra gli iceberg che si sciolgono, per una campagna di Greenpeace a salvaguardia del Mar Glaciale Artico. Da allora le cose sono nettamente peggiorate, ma al Polo Nord e dintorni la sopravvivenza è sempre stata una sfida complicata. Le parole si diradano, le storie faticano a comporsi, il gelo cristallizza le emozioni. A volte, però, il fuoco vince sul ghiaccio. «La mia nostalgia della terra è come una grande fame che non sono in grado di soddisfare», annota nel 1912 sul suo diario di viaggio Knud Rasmussen, esploratore, etnografo e antropologo cresciuto tra Groenlandia e Danimarca, protagonista di sette spedizioni scientifiche negli sconfinati territori dell’Artico tra il 1912 e il 1933.

 

Il suo “A nord di Thule”, appena pubblicato da Iperborea (a cura di Bruno Berni, pp. 256; € 18,50) è un prezioso documento etnografico in cui emergono la cultura e la spiritualità inuit, la popolazione indigena della coste artiche, sullo sfondo di una natura impervia. Il titolo del libro prende spunto da Thule, una stazione commerciale fondata all’epoca all’estremo Nord. «Ora abbiamo davvero voglia di uscire dal nostro sogno bianco. È come se ci trovassimo nel bel mezzo di una gigantesca bolla che non si rompe mai, e allora che importa se il sole e i pareli proiettano i loro splendidi colori sulla volta della bolla?», scrive ancora l’esploratore sul suo diario.

 

Oggi la bolla della Groenlandia si è rotta, eccome. Il motivo giace nelle viscere della terra: petrolio, gas e terre rare, tonnellate di grafite, litio, platino e titanio. Adesso le estrazioni sono facilitate dal cambiamento climatico, che rende accessibili territori un tempo off limits. Dietro le violente dichiarazioni di Trump si nasconde una volontà predatoria che non è nuova. Già nel 2019, infatti, l’allora presidente-tycoon si disse pronto a comprare la Groenlandia con i suoi oltre due milioni di chilometri quadrati, sei volte l’Italia, e soli 57mila abitanti, la più grande isola del pianeta e il territorio meno densamente popolato. Sembrava una provocazione e invece oggi Trump rilancia la proposta di acquisto, tanto da provocare la reazione della premier della Danimarca, di cui l’isola fa parte. Da un lato Mette Friedriksen ha ribadito con fermezza la sovranità danese sulla Groenlandia, dall’altro ha spinto sul coordinamento con gli alleati sulla sicurezza. Poi è partita la petizione online, l’ironica risposta danese, con l’idea di acquistare la California e “portare l’hygge a Hollywood”, creare un’atmosfera accogliente e godersi il bello della vita con le persone care. «Sapete di cosa ha bisogno la Danimarca? Più sole, palme e pattini a rotelle», si legge nell’iniziativa.

 

Provocazioni a parte, la Groenlandia resta un oggetto in gran parte ignoto. Con una scarsa rappresentanza anche nella comunità degli scrittori. «L’inaspettata stella letteraria groenlandese», ha scritto il New Yorker di Niviaq Korneliussen, classe 1990, autrice e attivista cresciuta in un paesino e oggi residente a Nuuk, capitale dell’isola. Il suo romanzo “La valle dei fiori” (Iperborea, pp. 320, € 18,50, tradotto da Francesca Turri), uscito già in dodici lingue, è un ritratto generazionale  ambientato nella comunità Lgbtq+ della capitale groenlandese. Il primo romanzo del Paese a ottenere il premio del Consiglio Nordico, il più importante riconoscimento letterario scandinavo. Al centro gli inuit, il suicidio e l’identità, in una società di matrice coloniale. E la vicenda di una ragazza che ha una compagna che la ama e sta per iniziare l’università, ma invece di essere felice sprofonda nel disagio perché troppo grossa, troppo scura, troppo diversa dai compagni di studio. «Abbiamo il più alto tasso di suicidi al mondo. Nel corso di diverse generazioni sono venute a mancare tantissime persone che avrebbero potuto essere ancora qui. (…) Abbiamo un sistema che vi trascura ripetutamente quando avreste più bisogno di aiuto», ha scritto l’autrice nel discorso pronunciato in occasione del conferimento del premio, nel 2022. A giugno uscirà “Una notte a Nuuk” (Iperborea editore, pp. 208; € 18, tradotto da Francesca Turri), romanzo su un gruppo di giovani della comunità queer groenlandese, sospesa tra amore, musica e feste. Dopo “La valle dei fiori”, Korneliussen racconta il dolore dell’emarginazione e del trauma post-coloniale. Perché quando riesce la letteratura sfiora l’universale.

 

Questo articolo è un'anticipazione del numero 11 de L'Espresso, in edicola da venerdì 14 marzo.

L'edicola

Le radici culturali dell'Europa, antidoto al caos

Contro la crisi identitaria del Continente non c’è che uno sbocco: la riaffermazione dei valori comuni

La copertina del decimo numero: "Vieni avanti, straniero".