Il governo italiano ha chiesto una proroga alla Corte penale internazionale per l’invio dell’informativa sul caso Almasri, il capo della polizia giudiziaria del governo libico rilasciato e riaccompagnato a Mitiga lo scorso 21 gennaio, dopo essere stato fermato a Torino su mandato della Corte dell’Aja. Lo scrive l'Ansa. I termini per la presentazione scadevano oggi, 17 marzo. La richiesta di proroga è legata all’attesa degli esiti del lavoro del tribunale dei ministri che, a seguito dell’esposto presento dall’avvocato Luigi Li Gotti, che ha chiesto accertamenti per i presunti reati di favoreggiamento e peculato, ha in mano un fascicolo sulla premier Giorgia Meloni, sull'Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, sul ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e sul titolare del Viminale, Matteo Piantedosi.
La procedura di accertamento formale
La procedura di accertamento formale è stata aperta dalla Camera preliminare, l’organo giudiziario della Corte penale internazionale, perché l’Italia si è dimostrata “inadempiente” per non aver consegnato il generato libico accusato di crimini contro l’umanità. Consegna a cui sarebbe stata obbligata perché i mandati d’arresto emessi dalla Corte dell’Aja sono vincolanti per i 124 Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma (tra cui c'è anche l’Italia). Per questo la Cpi ha chiesto al governo italiano informazioni sul mancato adempimento della richiesta e di “presentare osservazioni in merito alla sua mancata perquisizione e al sequestro di materiali" in suo possesso”. L’esecutivo vuole quindi aspettare gli esiti dell’indagine del tribunale dei ministri (ha 90 giorni di tempo che scadranno a fine aprile, ma possono essere prorogati) che, nelle ultime settimane, ha richiesto documenti anche all’Aise, l’agenzia estera dell’intelligence, per fare chiarezza tra le altre cose sull’utilizzo del Falcon 900, l’aereo a disposizione dei servizi segreti usato per rimpatriare Almasri.