Una coppia omosessuale è volata in Usa per la maternità surrogata. Ora rischia due anni di carcere in Italia

Avevano avviato la pratica prima che il governo Meloni dichiarasse la Gpa reato universale, ma il bambino è nato dopo l'entrata in vigore del provvedimento

Sono partiti mesi fa per gli Stati Uniti per realizzare il loro sogno d’amore, liberi. Adesso rischiano che tornare a casa, in Italia, significhi finire sotto processo per averlo realizzato. Una coppia omosessuale di Arezzo ha deciso di ricorrere alla pratica della maternità surrogata negli Usa per avere un figlio. Una storia come tante, visto che nel nostro Paese è da sempre fuori legge, ma che si è complicata quando, dallo scorso ottobre, il governo Meloni ha deciso di rendere la gestazione per altri (Gpa) reato universale. Tradotto: reato perseguibile in Italia anche se commesso all’estero da cittadini italiani.

Del caso si sta occupando l'avvocato fiorentino Gianni Baldini, noto per le sue battaglie in difesa dei diritti civili, ultima quella relativa alla legge regionale sul fine vita. I due uomini, professionisti tra i trenta e i quarant’anni, hanno scelto la California per soddisfare il loro bisogno di paternità, dove hanno trovato una donna disposta a portare avanti la gravidanza iniziata grazie al seme donato da uno dei due. Al momento della fecondazione, circa nove mesi fa, la Gpa non era ancora reato universale. Il che significa che la pratica era sì illegale in Italia, ma la coppia non era penalmente perseguibile, proprio perché non l'aveva avviata nella Penisola. L’arrivo della legge ha quindi sconvolto le loro vite: al momento della nascita del bambino, circa due settimane fa, il provvedimento voluto da Fratelli d’Italia è entrato in vigore, comportando il rischio di dover scontare due anni di pena, a cui si aggiunge il pagamento di una multa che può arrivare fino a 600 mila euro.

Le strade sono due: uscire allo scoperto e affrontare l'eventuale processo, oppure provare ad aggirare la normativa rimanendo nell’anonimato, approfittando del fatto che, finché non viene svelata la vera identità dei protagonisti, non si può avviare un iter giudiziario. Ipotesi che potrebbe funzionare, ma a patto che nessuno sappia (o riveli) che il bambino è nato con la pratica della maternità surrogata. Ma che significherebbe anche registrarlo come figlio del solo padre biologico, lasciando il partner privo di ogni diritto genitoriale sul neonato.

L'alternativa è l'autodenuncia, ma è la strada forse più rischiosa, perché porterebbe inevitabilmente a un processo. L’avvocato Baldini, nel caso, si è detto però pronto a sollevare una questione di legittimità costituzionale davanti al giudice, che potrebbe portare la vicenda davanti alla Consulta.

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