Agenda politica

Le richieste dei giovani che il Governo non potrà ignorare anche nel 2024

di Chiara Sgreccia   29 dicembre 2023

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Diritto allo studio, alla casa. Ad accedere a un mondo del lavoro dignitoso. Lotta al cambiamento climatico e al patriarcato. Gli under 30 si battono per un mondo migliore visto che dovranno viverci. Ma nessuno li ascolta

C’è chi dice che i giovani non abbiano voglia di fare niente. Come l’imprenditore piemontese Flavio Briatore che è convinto che «i ragazzi oggi non hanno voglia di lavorare», perché «vogliono avere più tempo libero». C’è chi crede, invece, che stiano con fatica cerando di risanare le crepe di un mondo del lavoro che cade a pezzi. Perché sopravvive grazie a precariato, stipendi in nero, paghe da fame, ore di straordinario non retribuite. Quello che è certo è che i giovani sono tornati a riempire le piazze, a usare il proprio corpo come forma di protesta, a immaginare una società migliore in cui vivere, a fare politica per strada e a scuola.

Eppure, nonostante il rumore, le istituzioni si dimostrano sorde. E anche per il 2023 hanno ignorato le richieste di chi si batte per costruire un mondo che sia anche a misura di chi il futuro dovrà viverlo. «Non ci avete ascoltato, bruciamo tutto», hanno gridato i Collettivi autonomi romani che il 22 dicembre si sono riuniti davanti a Montecitorio, prima delle cariche della polizia. Per sollecitare il ministero dell’Istruzione ad aprire spazi di discussione con chi, ad esempio, dalla fine del lockdown, chiede che uno sportello di supporto psicologico sia istituito in ogni scuola e in ogni università. Per tutelare il benessere di chi le frequenta. 

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Un diritto, quello di stare bene, che equipara la salute fisica a quella mentale, che dalle piazze è riuscito ad arrivare fino al Parlamento, concretizzandosi nel disegno di legge “Chiedimi come sto”, presentato dall’Unione degli universitari e dalla Rete degli studenti medi lo scorso 22 marzo in conferenza stampa alla Camera dei Deputati. Ma che è rimasto solo un progetto su carta. Mentre si moltiplicano gli studi che certificano come siano sempre di più i giovani che si dicono insoddisfatti, che soffrono d’ansia, che vivono disagi psicologici. Mentre ci sono universitari, che schiacciati dal peso del “fallimento” si tolgono la vita.

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«Tra le proposte di legge dimenticate in Parlamento ci sono anche parecchi progetti che parlano dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole», spiega Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della Rete degli studenti medi: «Potremmo partire da quelli per capire come dare vita a una legge nazionale che disciplini l’educazione sessuale e affettiva in modo uniforme in tutti gli istituti del Paese. Oppure dalle richieste che noi come studenti abbiamo stilato. E a più riprese presentato al Ministero: a marzo e a settembre nel 2023». Ma che sono rimaste completamente inascoltate. 

«Il piano del ministro Valditara “Educare alle relazioni” è stata l’ennesima occasione sprecata perché non è riuscito a fare il passo in cui si comprende che il tema della violenza di genere non può essere affrontato senza parlare di emozioni, relazioni, sesso. Senza decostruire le strutture patriarcali». Così, come sottolinea Notarnicola, il risultato è che ancora per un altro anno gli studenti di tutte le scuole superiori d’Italia resteranno senza strumenti per vivere in maniera più sana le proprie relazioni, per comprendere la propria sfera emotiva. «In alcuni istituti l’educazione sessuo-affettiva c’è. Ma solo grazie alla buona volontà dei docenti o del dirigente scolastico. Manca un piano nazionale». 

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Vale lo stesso anche per il problema del caro-affitti. A cui, con la legge di bilancio, si sarebbe potuta trovare una soluzione omogenea: «Stanziando fondi ulteriori per le borse di studio, le residenze universitarie, il fondo affitti. Come avevamo chiesto attraverso gli emendamenti presentati dall’opposizione che, però, sono stati respinti», spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale di Udu, Unione degli universitari: «Avevamo chiesto di incrementare le risorse per la realizzazione di studentati pubblici e per sostenere gli studenti in affitto. Per la realizzazione degli alloggi c'è stato un piccolo incremento per i prossimi anni, finanziato, però, grazie a un corrispettivo taglio sull'edilizia universitaria. Le risorse -166 milioni per il 2024 - restano comunque gravemente insufficienti dal momento che un posto letto costa 90mila euro. Nessuna novità invece sul fondo affitti, il quale continua ad avere uno stanziamento risibile: 5,7 milioni. Avevamo anche chiesto un incremento per le borse di studio nella nuova legge di bilancio. Ma la richiesta si è tramutata in un taglio di 250 milioni, previsto per il 2026». Così aumenta il numero di studenti che, pur risultando idonei, quindi vincitori della borsa di studio perché rispettano tutti i requisiti richiesti, non ricevono alcun supporto economico perché i soldi non ci sono». 

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Con la conseguenza che a accedere all’istruzione universitaria è sempre più chi può permetterselo, sempre meno chi crede che sia una tappa importante del proprio percorso di studi. Ma non sono solo gli universitari ad aver perso la possibilità di trasferirsi in una città diversa da quella di residenza per seguire le proprie aspirazioni. Anche i lavoratori fuorisede fanno sempre più fatica a pagare l’affitto se non hanno a disposizione un’abitazione di famiglia in cui vivere. Visto che gli stipendi della maggior parte degli occupati non crescono mentre il costo della vita sì. Visto che ai giovani per entrare nel mondo del lavoro viene chiesto di lavorare gratis o per paghe irrisorie, per mesi - gli stage -. Visto che l’Italia è il Paese delle partite iva, false.

«Quello che sperano i giovani architetti è un po’ di normalità. Che definiamo semplicemente guardando l’Europa: vorremmo allinearci con gli altri Paesi, magari ricordandoci anche che siamo tra quelli del G7. Com’è possibile che lo studio di David Chipperfield, ad esempio, che ha appena vinto il Pritzker, come dire il nobel per l’architettura, abbia più di cento dipendenti in Germania, ma  Italia solo collaboratori a partita iva? Se continuiamo così il nostro Paese, invece di puntare sulla competitività, diventerà la sede di forza lavoro a basso costo in cui gli altri Stati verranno a aprire per due spicci le sedi “produttive”. Forse è meglio aggiustare il tiro. Per il 2024 speriamo di scamparla anche quest’anno», dicono a L’Espresso i fondatori di Riordine degli Architetti, la pagina Instagram che divulga le offerte di lavoro poco dignitose che ricevono i giovani progettisti dagli studi di architettura e design, spesso noti e blasonati. Con l’obiettivo di riformare il mondo dell’occupazione. Ma restando inascoltati.

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Proprio come quelli del Comitato “Voto dove vivo” che all’inizio dell’anno, con il Pd, avevano presentato un disegno di legge, a prima firma Marianna Madia, per far votare anche i fuorisede, per garantire a chi lavora o studia lontano da casa di partecipare alle elezioni. Una proposta pensata per contrastare l’astensionismo involontario, basata sui dati del “Libro Bianco - Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto”, uno studio voluto dall’ex ministro dei Rapporti con il parlamento Federico D’Incà. Che la maggioranza dell’attuale Governo ha azzerato. Trasformando il testo della legge in una delega in bianco all’esecutivo che punterebbe a disciplinare solo elezioni europee e referendum: «Non anche le politiche come avevamo proposto. Il testo è arrivato al Senato e lì giace da mesi. Considerando che, anche se venisse approvato domani mattina - mentre non abbiamo nessuna certezza di quando e se succederà -  si dovrebbe attendere anche il tempo che il governo ha per esercitare la delega, 18 mesi, inevitabilmente andremo oltre l’elezioni europee del 2024. E considerando che disciplina il sistema di voto fuorisede solo per le elezioni europee o per i referendum, o speriamo in un referendum o dovremmo aspettare il 2029», chiarisce Alessandro De Nicola, tra i fondatori del Comitato “Voto dove vivo, 28 anni, fuorisede.

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«I giovani rappresentano la linfa del paese, la nostra inclusione sulle questioni che riguardano il nostro futuro è un diritto e rappresenterebbe un modo per tradurre in fatti il principio dell'equità intergenerazionale incluso nell’Accordo di Parigi (trattato internazionale per ridurre le emissioni di gas serra raggiunto nel 2015 per contrastare il cambiamento climatico ndr)», spiega Aurora Audino, ingegnera ambientale, consulente della Commissione Ue, delegata italiana alla Youth4climate: «Chissà se il G7 con la presidenza italiana nel 2024 riuscirà a mostrare la leadership tanto voluta sulle questioni climatiche e sull'inclusione dei giovani?», si chiede. «All’Italia manca un chiaro piano di uscita dai sussidi ai combustibili fossili, come ha ribadito anche la Commissione Europea a dicembre nella valutazione dell’aggiornamento del “Piano nazionale energia e clima”. Che si è dimostrato carente. E mancano programmi e misure per affrontare le conseguenze della crisi climatica in atto, affinché la società, l'economia e l’ambiente che ci circonda, siano pronti e preparati ad affrontarle». 

Condividono l’approccio e l’immediatezza necessari per contrastare il cambiamento climatico anche gli attivisti di Ultima generazione, movimento di disobbedienza civile non violenta contro il collasso ecoclimatico, che, per aiutare le persone vittime di eventi estremi sempre più frequenti e di rapida intensità, incendi, siccità, alluvioni e spingere il governo a cambiare rotta e iniziare a preoccuparsi dell’ambiente, «richiede l’istituzione di un fondo di riparazione. Un fondo preventivo e permanente di 20 miliardi di euro sempre pronti ad essere spesi per ripagare i danni da calamità ed eventi climatici estremi. Chediamo che le risorse vengano ottenute livellando le ingiustizie sociali: extra-profitti delle industrie fossili, taglio totale dei sussidi pubblici ai combustibili fossili, taglio degli stipendi dei manager delle industrie energivore partecipate dallo Stato, taglio degli stipendi della classe politica, taglio delle spese militari. Rimpiangeremo di non aver fatto di più quando ancora avevamo la finestra temporale per farlo», conclude l’attivista ventisettenne Leonardo Rebeschini, laureato in fisica. Speriamo di essere ancora in tempo, speriamo che il 2024 sia l’anno buono per ascoltare i giovani.