Nel giro di un anno il governo è stato condannato già due volte per la sua retorica anti-lgbt e paragonato a Polonia e Ungheria. Attirandosi anche le critiche dagli alleati Ppe. Che pesano come macigni sull'immagine internazionale della premier

Alla fine è stato bocciato l’emendamento presentato da Forza Italia per “promuovere la famiglia naturale in Rai”. Ha fatto discutere, per giorni ha agitato la politica e i Palazzi arrivando addirittura sul tavolo del Parlamento europeo. Ma nulla di fatto, l'emendamento 5.29 firmato dai parlamentari di Forza Italia Roberto RossoMaurizio Gasparri, Rita Dalla ChiesaAndrea Orsini e che impegnava la Rai a dare "una rappresentazione positiva dei legami familiari secondo il modello di famiglia indicato dall'articolo 29 della Costituzione'' (naturale e fondata sul matrimonio ndr) non è passato. Con discreta delusione dei firmatari. 

 

Eppure, qualcosa rimane nel difficile rapporto, ormai incrinato tra Bruxelles e il governo italiano.  «Questo è un piccolo segno di un atteggiamento negativo nei confronti dei diritti delle persone Lgbtiq» ha detto il capogruppo di Renew Europe all'Eurocamera, Stéphane Séjourné, durante una conferenza stampa a margine dei lavori della plenaria a Strasburgo. Una spia rossa che sommata a tutti i precedenti del governo Meloni, illumina la situazione dei diritti del nostro paese. Lo stop al riconoscimento dei figli delle coppie Lgbt, la scelta del Senato di bocciare la proposta di Regolamento europeo per l'adozione di un certificato europeo di filiazione, i continui riferimenti dei ministri italiani a complotti per una sostituzione etnica preoccupano, e non poco, i partner europei.  

 

A marzo la copresidente del gruppo dei Verdi/Ale nel Parlamento Europeo, la tedesca Terry Reintke, ha detto che c'è «assolutamente il rischio di una 'orbanizzazione' dell'Italia. Questa è la paura che sta dietro molti degli sviluppi che vediamo. Ci possono essere sviluppi contrari allo Stato di diritto in Polonia e Ungheria, ma l'Italia è un Paese fondatore e uno dei più grandi dell'Unione». Subito dopo è arrivata la condanna: «sulle istruzioni impartite dal governo italiano al comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali». Scritta nera su bianco nell’emendamento approvato dall'Eurocamera al documento "Situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea" che «ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli; ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989».  Ma non solo. Proprio quell’emendamento avvertiva, «si esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si iscrive in un più ampio attacco contro la comunità Lgbtqi+ in Italia e invita il governo italiano a revocare immediatamente la sua decisione». 

 

Non una scelta “ideologica”, di parte, un attacco dalla sinistra come ha paventato qualcuno. La risoluzione era passata anche con i voti del Ppe, in particolare con le delegazioni dei Paesi nordici e quella portoghese che hanno fatto sapere di volersi schierare a difesa delle famiglie arcobaleno. La retorica anti-lgbt adottata dal governo, insomma, non convince la destra europea del Partito Popolare. Anzi la disturba. Così tanto che il 21 aprile il Parlamento Europeo ha condannato «fermamente la diffusione di retorica anti-diritti lgbt da parte di alcuni governi nell'Ue, come nel caso di Ungheria, Polonia e Italia». Altra risoluzione (cioè non vincolante) che mandava un segnale politico chiaro esprimendo «preoccupazione per gli attuali movimenti retorici anti-diritti, antigender e anti-Lgbtiq a livello globale, alimentati da alcuni leader politici». Tre autorevoli politici della Cdu tedesca e un esponente di primissimo piano del Ppe hanno confermato: «Una convergenza tra Popolari europei e Giorgia Meloni non è impensabile, ma è vincolata a delle condizioni. E noi del Ppe stiamo alla finestra. La campagna elettorale per le elezioni europee sarà dura. Chi ci dice che non tornerà la Meloni «di prima», che non tirerà fuori i suoi argomenti populisti, sovranisti e antieuropei?». 

 

E invece sui diritti il Governo Meloni non riesce a moderarsi: si affida ai negazionisti di Pro-Vita, parla di sostituzione etnica, rende difficile la vita delle famiglie arcobaleno. Una posizione che isola l'Italia sempre più vicina all'Europa di Orban che a quella dei paesi fondatori. 

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