Per la vicepresidente della Camera, "il governo è animato da un’ideologia di ultradestra. Esattamente la stessa di Orban e di tanti altri leader che poi finiscono per limitare libertà e diritti"

Il centrodestra sta elogiando Giorgia Meloni per la visita ufficiale alla corte di Donald Trump. Lo stesso presidente statunitense ha speso svariati complimenti, l'ultimo su Truth: "Ha lasciato un'impressione fantastica". Truth, il suo social network personale che Trump usa per comunicare la sua verità, appunto, senza mediazione della stampa. Così avviene in ogni piattaforma, ormai: i politici non hanno più bisogno di rispondere alle domande dei giornalisti. Scrivono, schiacciano "pubblica" e la presunta verità è diffusa. Con l'intelligenza artificiale, i rischi per i contrappesi democratici diventano maggiori. Immagini alterate, video camuffati: tutto può essere piegato alla propaganda. Di questo, ma anche dell'assenza di "risultati concreti" strappati da Meloni nella trasferta a Washington, ha parlato Anna Ascani con L'Espresso. La vicepresidente della Camera dei deputati, esponente del Partito democratico, è netta: "Devono essere le istituzioni europee a trattare sui dazi, non Meloni".

 

Presidente Ascani, lei è stata viceministra dell’Istruzione durante il governo Conte due. A questo esecutivo sembra non piacere l’idea che si faccia educazione sessuale nelle scuole. Si agita lo spauracchio della presunta ideologia gender. E poi c’è la ministra per le Pari opportunità che esulta per la sentenza del Regno Unito sulle donne trans. In generale, è preoccupata per la tutela dei diritti in Italia?

“Mi preoccupa moltissimo questa concezione per cui riconoscere i diritti a qualcuno toglierebbe qualcosa a qualcun altro. Non è vero, anzi, l’esatto contrario: nella storia siamo riusciti a riconoscere i diritti fondamentali proprio evitando le contrapposizioni tra diritti. In questo momento ho l’impressione che la maggioranza voglia ideologizzare questo tipo di battaglie, finendo per dimenticare che dietro ci sono delle persone che hanno bisogno di vivere liberamente la propria vita. Francamente, la ministra Roccella dà l’impressione di giocare una partita sulle contrapposizioni, dividendo le persone. E le divisioni portano quasi sempre a un arretramento in termini di diritti. Mi preoccupa”.

 

Anche perché, nel cuore dell’Europa, c’è un Paese membro che sta facendo crollare l’infrastruttura di diritti e libertà su cui l’Unione è cresciuta e si è consolidata. È l’Ungheria che vieta i pride.

“Certo, è un problema serio, proprio perché l’Europa si pone nei confronti del resto del mondo come paladina dei diritti e delle libertà. Perché sono i valori su cui è fondata. Deve essere credibile. Le istituzioni di Bruxelles dovrebbero allarmarsi e intervenire con più forza se all’interno dell’Unione qualcuno vieta i pride. Non capisco: a chi arreca danno un pride? Fa male agli etero? In che modo sottrae spazi di libertà a chi non è della comunità lgbtqia+? Stiamo parlando di una manifestazione libera e non capisco perché dovremmo evitarla. L’Ungheria di Orban sta andando verso una democratura”.

 

Una parte del governo italiano fatica a condannare la deriva autoritaria dell’Ungheria. Anche l’Italia, a questo punto, è diventata un problema per l’Europa che vuole essere faro dei diritti?

“Sicuramente il governo è animato da un’ideologia di ultradestra, che è esattamente la stessa di Orban e di tanti altri leader che poi finiscono per limitare libertà e diritti. Noi che siamo all’opposizione dobbiamo essere vigili. Fortunatamente in Italia c’è un equilibrio tra poteri dello Stato che ci aiuta: non è un caso che l’indipendenza della magistratura sia nel mirino di questo governo già dall’inizio del suo mandato. E c’è la presidenza della Repubblica, che comunque ha l’ultima parola sulla firma delle leggi, un ulteriore elemento di vigilanza. Anche qui, non è un caso che la riforma del premierato voglia svuotare i poteri del Quirinale. Io mi preoccupo nel momento in cui alle idee si sommano riforme dello Stato che rischiano di rendere concrete quelle idee”.

 

Idee come quella della presunta ideologia gender che "la sinistra" vorrebbe portare nelle scuole.

“C’è bisogno di considerare la scuola quando parliamo di educazione all’affettività e alla sessualità, perché quell’educazione è un pezzo dell’educazione alla cittadinanza. La scuola non ci educa solo al teorema di Pitagora o all’analisi grammaticale come vorrebbe Valditara, ma attraverso il teorema di Pitagora, l’analisi grammaticale, persino il latino ci educa a essere cittadini e cittadine. Valditara ignora il fatto che i ragazzi, assuefatti da una società pervasa dalle relazioni tossiche e dalla sessualizzazione, hanno bisogno di una formazione scolastica che contempli anche l’affettività. Perché andiamo a scuola? Perché oltre l’aspetto nozionistico, per cui ormai basterebbe ChatGPT, c’è un aspetto di relazione con i compagni, con gli insegnanti, di educazione alla cittadinanza che, per essere chiari, non si può fare soltanto nell’ora di educazione civica. Non capisco questa paura dell’educazione all’affettività, la questione dell’ideologia gender è una follia, è uno spauracchio. Mentre le famiglie italiane sono ormai molto più avanti della politica in questo dibattito”.

 

Citava ChatGPT, quindi l’intelligenza artificiale: la politica la sta utilizzando a scopo propagandistico. Per esempio, le pagine social di Salvini e della Lega sono piene di immagini generate per rappresentare "l’immigrato cattivo che commette reati". Va regolamentato l’utilizzo per la politica?

“Salvini sta creando la bestia 2.0. È stato insieme a chi lavorava per la sua comunicazione social, oggi uscito dai radare per note vicende, a ideare e mettere in pratica un ecosistema digitale basato sull’odio e la divisione, la bestia appunto. L’intelligenza artificiale moltiplica le possibilità, ma anche i rischi. Sono necessarie norme più stringenti dello stesso regolamento europeo AI Act. Soprattutto per l’uso che ne fa la politica, a tutela della democrazia. Ad esempio, si potrebbe intervenire inserendo degli articoli dedicati all’intelligenza artificiale nelle leggi che già esistono sulla propaganda elettorale, con delle sanzioni connesse, con un’autorità preposta a verificare le violazioni. Io ho scritto una proposta di legge, individuando questa autorità nell’Agcom. Penso sia fondamentale che i contenuti realizzati con l’IA siano riconoscibili, ne va della libertà di voto dei cittadini”.

 

Si è conclusa la visita di Meloni alla Casa Bianca. È tornata senza un accordo sui dazi. Si aspettava qualcosa di più? 

“La destra dice che al Pd dia fastidio che Meloni sia stata invitata alla Casa Bianca, che sia riconosciuta come leader. Voglio ricordare che tutti i presidenti del Consiglio italiani sono stati ricevuti a Washington. Non è una grandissima novità. Quello che c’è di nuovo è l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa, cioè il fatto di considerarci dei parassiti e non degli alleati preziosi. Non mi pare che Meloni al di là dei complimenti dall’amico americano abbia ottenuto qualche risultato concreto e rilevante. Vedi il caso dei dazi, per i quali è fondamentale si negozi nel modo previsto dai trattati. Che dicono che a farlo debbano essere le istituzioni europee". 

 

L'opposizione però, per rendersi alternativa al governo attuale che lei critica, deve compattarsi, unirsi. Sarà il Pd il perno della coalizione che sfiderà il centrodestra alle prossime elezioni?

“Sono gli elettori ad averlo deciso più volte. Ce lo dicono le ultime Europee, ma in tutte le consultazioni elettorali svolte il Pd è risultato indiscutibilmente e stabilmente il primo partito del centrosinistra. Ciò ci carica di responsabilità: sappiamo benissimo che per vincere le elezioni abbiamo bisogno di una coalizione forte, quindi dobbiamo lavorare per tenere insieme partiti diversi tra loro. Se ci riesce il centrodestra, che riesce a far governare insieme forze diversissime come Lega e Forza Italia, non è impossibile per noi. Comunque, il Pd ha il dovere di essere il perno, perché sono gli elettori del centrosinistra a chiederlo”.

 

Il Pd riuscirà a far sedere allo stesso tavolo Renzi e Conte? È ottimista.

 “La scelta è se ripetere il 2022, e quindi mandare al governo Giorgia Meloni, oppure dare un’alternativa all’Italia. Tutti noi pensiamo, ed è un elemento che ci unisce, che questo governo sia dannoso, che stia impoverendo le persone, che gli stipendi siano bloccati a fronte dell’inflazione che ha fatto aumentare anche il costo dei beni essenziali, che la produzione industriale cali da 25 mesi consecutivi, nonostante il Pnrr. Ci dobbiamo unire per riparare i danni di questa destra ed evitare che ne causi di nuovi. Per questo sono ottimista su una grande coalizione di centrosinistra”.

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