Francesco santino subito: le reazioni alla scomparsa del Papa si sono concentrate sui tratti più dolci della sua figura, ma rischiano di trasformare in un’immaginetta da messale un pontefice molto deciso e combattivo. Per questo sulla copertina dell’Espresso in edicola venerdì 25 aprile c’è “Il pugno di Francesco”, la sua mano stretta con decisione e segnata dall’anello d’argento con la croce. Un’immagine «che rappresenta la forza e la determinazione di un Pontefice che ha dedicato la vita alla causa dei più deboli, degli emarginati, degli ultimi e della pace», scrive il direttore Emilio Carelli nel suo editoriale, mentre gli articoli che seguono mettono a fuoco alcune pagine decisive del pontificato: dal rifiuto di appoggiare apertamente i partiti cattolici (ne scrive Susanna Turco) alla requisitoria contro la mafia (Sergio Rizzo), dalla predilezione per gli emarginati (Marco Grieco) all’apertura verso le altre religioni (Giovanni Chianelli), fino ai tanti viaggi in Paesi difficili e pericolosi, che Francesco Maria Paci ha vissuto in prima persona. Paci firma anche l’articolo d’apertura, che guarda al futuro: al conclave che si apre il 6 maggio e che dovrà decidere se continuare il cammino tracciato da Francesco o se fare un’inversione a U e tornare al passato.
Attenti al caffè: Stefano Vergine svela in esclusiva per l’Espresso le magagne di “Big Coffee”, il cartello delle aziende che vendono ai consumatori di tutto il mondo questo prodotto tropicale. Tra le ditte accusate di guadagnare grazie allo sfruttamento dei lavoratori brasiliani ci sono grandi nomi mondiali, da Starbucks a Illy (che al giornalista ha assicurato di seguire le procedure corrette). Lo tutela dei diritti però non è un problema solo in Brasile: Silvia Perdichizzi racconta come il caporalato, piaga storica dell’Italia meridionale, si stia estendendo al Nord.
La sanità, scrive Gianfrancesco Turano, è intanto al centro dei giochi di potere che coinvolgono i politici di Lombardia e Veneto in vista delle elezioni. Il governo , ricostruisce Carlo Tecce, ha il problema di far quadrare i conti dopo il promesso aumento delle spese per la difesa. Natascia Ronchetti invece denuncia come gli alluvionati dell’Emilia-Romagna siano stati abbandonati a se stessi dopo le promesse dei leader di maggioranza. Per il resto, la pagina politica dell’Espresso si concentra su inviti all’azione: Egidio Armeni lancia la raccolta di firme per l’inserimento nella Costituzione del diritto alla casa, Giuseppe De Marzo chiede giustizia per scandalosa morte del tunisino Wissem Latif, aspirante pizzaiolo ucciso da un mese di maltrattamenti e malasanità nei centri per migranti del nostro Paese. E Franco Corleone spiega perché è giusto protestare contro il decreto sicurezza che, vietando ogni forma di contestazione pacifica, finisce per avallare manifestazioni più violente.
Manifestazioni oceaniche hanno riempito le strade ungheresi contro la stretta autoritaria di Orbán (ne scrive Federica Bianchi). Dal Libano arrivano dati drammatici sugli effetti delle bombe al fosforo usate da Israele (ne scrive Jacopo Mocchi), mentre Chiara Boletti descrive quell’inferno in Terra che sono i campi di concentramento della Corea del Nord. E su Donald Trump questa settimana niente? Ne parla Carlo Cottarelli, che si concentra sulla debolezza del leader statunitense nei riguardi delle grandi aziende tecnologiche.
L’economia mette a fuoco un’anomalia italiana: anche quando gli altri comparti economici calano, i ristoranti tirano sempre di più (di Marco Roberti). Il turismo invece è un’arma a doppio taglio: lo spiega Ferdinando Cotugno recensendo un saggio di Cristina Nadotti. Per quanto riguarda intelligenza artificiale e nuove tecnologie, questa settimana l’Espresso mette a fuoco il paradosso della cybersicurezza: l’Italia infatti ha il record di attacchi, racconta Alessandro Longo. Marco Montemagno commenta i progressi tecnici ed economici dell’industria degli umanoidi, mentre da Fortunato Costantino arriva un invito a tornare a Kant per gestire meglio l’Intelligenza artificiale. Due articoli invece mettono a fuoco l’importanza degli influencer in campi molto diversi: se sono ormai fondamentali nel mercato dell’arte (ne scrive Nicola Zanella), in politica invece vanno gestiti con cura dai mass media, come sottolinea Francesca Barra partendo dal caso di Rita De Crescenzo, che ora progetta di candidarsi alle prossime elezioni.
La cultura va a caccia di orchi in Irlanda (con Paul Murray intervistato da Claudia Lanteri), di mostri in Giappone (di Fabrizia Ferrazzoli) e di icone femminili in Africa (ne scrive Tiziana Faraoni presentando una mostra in programma al festival Fotografia Europea di Reggio Emilia). Nel numero che arriva in edicola il 25 aprile si parla ancora dell’anniversario della Liberazione, a cui l’Espresso ha dedicato la copertina del numero scorso, grazie a due libri che raccontano pagine inedite della fine della guerra: Luigi Contu indaga su uno zio che aderì alla Repubblica di Salò (ne scrive Valeria Verbaro), Gabriele Ranzato sui partigiani comunisti (lo recensisce Roberto Barzanti).
Si parla anche di sport: Leonardo Bartoletti racconta le squadre di calcio dei detenuti delle carceri italiane, Lidia Ginestra Giuffrida spiega invece l’importanza della pallacanestro per le giovani profughe palestinesi nel campo libanese di Shatila. Ma soprattutto si parla, e molto, di diritti dei transessuali, sotto tiro tra l’annuncio del riconoscimento di “due soli sessi” da parte dell’amministrazione Trump e la sentenza della Corte Suprema di Londra che protegge esclusivamente “chi nasce donna”: Claudia Catalli intervista l'attrice trans Karla Sofía Gascón, Loredana Lipperini piange la cecità di J.K.Rowlings e delle altre attiviste che hanno esultato per la sentenza, mentre Diletta Bellotti invita a stare attenti, perché «il fascismo inizia dalle politiche sui corpi e poi dilaga».