Economia
24 aprile, 2025

Il nostro paese si riunisce sempre a tavola

Locali affollati di turisti e avventori nel centro di Roma
Locali affollati di turisti e avventori nel centro di Roma

Oltre 96 miliardi di euro di consumi, 328 mila imprese, un milione e mezzo di addetti: così la ristorazione resta settore cruciale. Pur tra colpi del Covid, carenza di personale e timore per i dazi

Dallo spritz con patatine al cappuccino con cornetto, magari accompagnati da succhi di frutta, spremute e qualche piatto salato. Se dal Nord al Sud stare insieme a tavola per bere e mangiare rimane un momento imprescindibile di convivialità, lo scorso anno tanti italiani hanno scelto di anticiparlo dall’orario dell’aperitivo a quello della colazione. Lo rivela l’ultimo rapporto Fipe-Confcommercio (Federazione italiana pubblici esercizi) sulla ristorazione, uscito il 9 aprile scorso. I numeri sono importanti: sono 328 mila le imprese presenti nel nostro Paese con circa un milione e mezzo di impiegati. Nel 2024 il volume dei consumi vale più di 96 miliardi di euro, di cui quasi 60 miliardi sono di valore aggiunto.

 

Il settore si sta ancora lentamente riprendendo dalla pandemia, che ha rappresentato un vero e proprio spartiacque per tutto il comparto. Infatti, nonostante la crescita rispetto all’anno precedente, i consumi depurati dall’inflazione sono ancora al di sotto dei livelli pre-Covid del 6 per cento. «La crescita è in parte finalizzata a recuperare le perdite. Non abbiamo ancora smaltito quel periodo. La pandemia ha scavato una fossa che abbiamo riempito, ma non siamo ancora riusciti a risalire fino all’orlo», denuncia il direttore del Centro Studi Fipe, Luciano Sbraga. Tra zone rosse e chiusure, sono cambiate diverse consuetudini diffuse tra le popolazione. Ancora Sbraga: «C’è più voglia di consumare fuori dai locali. Le persone vogliono continuare a stare all’aperto. Inoltre, il cibo è visto come fonte di salute e di benessere, anche se è una tendenza che viene da lontano. Infine, l’effetto smart working. Ora la quantità di lavoratori da casa si è stabilizzata intorno ai 3,5 milioni. Un primo e immediato effetto è quello di colpire le attività nelle vicinanze dei luoghi di lavoro. Ma c’è anche un effetto redistributivo: invece che prenderti un caffè nel bar sotto l’ufficio, te lo prendi sotto casa».

 

Quelli del primo lockdown sono stati mesi che hanno scatenato anche un’emorragia di addetti. «Abbiamo perso più di 250 mila persone, che hanno trovato lavoro nella grande distribuzione», sottolinea il presidente Fipe, Lino Enrico Stoppani. Una fuga di capitale umano che fa ancora sentire le sue conseguenze dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Il trend dell’occupazione è comunque buono e in linea con il resto del mondo produttivo del Paese. Gli occupati sono cresciuti del 6,7 per cento, 70 mila in più in valore assoluto. L’inverno demografico si fa sentire anche qui: per quanto sia un settore tendenzialmente giovane – più di sei impiegati su dieci ha meno di 40 anni – la crescita di lavoratori è stata particolarmente vistosa negli over 50. Un dato che probabilmente testimonia anche un ritorno da parte di chi ne era uscito proprio negli anni della pandemia.

 

Professionalità che tornano e di cui c’è un grande bisogno, dato che c’è un forte mismatch tra domanda e offerta, soprattutto di quella qualificata. Il rapporto mette in luce come quasi l’80 per cento degli imprenditori abbia avuto difficoltà a reperire il personale di cui aveva bisogno, in particolare di quello qualificato. Per fare un esempio: quattro ristoranti su dieci non sono riusciti ad assumere un cuoco. I motivi sono diversi: si investe poco a livello statale sulle politiche attive per il lavoro; si ricorre molto più spesso al passaparola, invece che ad agenzie di collocamento specializzate; il contesto viene percepito come poco attrattivo. Avvisa il presidente Stoppani: «Non bisogna risparmiare sul personale, perché si devono dare prospettive economiche e professionali. Vieni a lavorare nella mia attività, così ti formi e ne potrai poi sviluppare una tua». E aggiunge: «Come Fipe abbiamo rinnovato il contratto collettivo di lavoro nel 2024. A dimostrazione dell’importanza del settore, è il terzo Ccnl più applicato in Italia». Gli fa eco Sbraga: «Trovare un aiuto cuoco, un cuoco, un caposala non è semplice; se lo prendi, lo strappi a un tuo competitor che si trova poi spiazzato. C’è chiaramente un meccanismo non virtuoso».

 

A ulteriore riprova della centralità della ristorazione nel nostro Paese, la rilevanza giocata in altre due filiere: quella turistica e quella agroalimentare. I produttori agricoli, infatti, riescono ad avere uno sbocco – a volte l’unico – proprio grazie a bar e ristoranti che diffondono alcune delle nostre eccellenze. Mentre i turisti che vengono in Italia lo fanno per godere delle bellezze naturali e culturali, ma anche di quelle gastronomiche. E la spesa per mangiare fuori è la seconda in ordine di grandezza, preceduta solo da quella dell’alloggio. Una delle domande del 2025 sarà come la politica dei dazi decisa dall’amministrazione statunitense in carica impatterà, in maniera indiretta, sui flussi turistici in Europa e, in particolare, in Italia.

 

L’altro tema, per l’anno in corso, è legato allo sviluppo delle aziende. «Ci sono tante imprese e questo crea una grande pressione competitiva e un turn over spinto – spiega Sbraga – il settore è estremamente competitivo, perciò il successo è a portata di mano, ma lo è altrettanto la possibilità di fallimento. Tutti hanno scoperto che è un mercato appetibile. Eppure, a cinque anni dalla nascita rimane aperto solo il 53 per cento delle imprese: di fatto, quasi cinque aziende su dieci cessano la loro attività entro il quinto anno di vita. È e sarà importante rafforzare le capacità manageriali per contrastare la fragilità imprenditoriale». Sfide e prospettive da affrontare con una rinnovata certezza, come chiosa il presidente Stoppani: «Le nostre attività sono un luogo di aggregazione nelle città che dà sicurezza e decoro».

L'edicola

Il pugno di Francesco - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso

Il settimanale, da venerdì 25 aprile, è disponibile in edicola e in app