«Inammissibili». Con questa parolina semplice semplice, il presidente della commissione giustizia alla Camera Giulia Bongiorno si è tolta di torno gli emendamenti (alcuni dei quali provenienti dallo stesso Pdl) che volevano salvare i blog dagli effetti censori del disegno di legge Alfano sulle intercettazioni. Inammissibili e via, niente da fare: buttate dalla finestra con un colpo di mano tutte le dichiarazioni fatte nell'ultimo anno da Gianfranco fini – il mentore della Bongiorno – secondo il quale Internet è addirittura un diritto umano fondamentale e meriterebbe perfino il premio Nobel per la Pace.
Dichiarazioni roboanti che si sono infrante al primo bivio concreto, la discussione sulla legge Alfano: nella quale, fin dal testo originario, è presente un articoletto che ha se non il fine almeno l'effetto di far tacere la Rete italiana. Un comma che dietro un apparente richiamo alla responsabilità dei blogger (l'obbligo di rettifica, come avviene nei giornali) nasconde conseguenze devastanti.
Sì, perchè obbligare i blogger a rettificare entro 48 ore significa chiudere la rete o quasi: prima di tutto perché se c'è l'obbligo di rettifica, il blogger dovrà registrarsi a qualche autorità (ancora non si sa quale) con un domicilio legale, insomma andrà incontro a tutti gli obblighi burocratici previsti per la stampa. E se c'è nel mondo una forma di comunicazione libera da lacciuoli e da scartoffie da firmare, questa è (o era) quella dei blog.
In secondo luogo perché obbligare alla rettifica entro 48 ore significa di fatto obbligare ogni blogger a collegarsi alla Rete tutti i giorni, sennò si becca una multa (oltre 12 mila euro) insostenibile per chi fa informazione volontaria. Chi non si connette al web, infatti, rischia di non sapere che c'è una richiesta di rettifica e quindi di "violare" la legge che gli impone un tempo massimo per 48 ore (il termine di due giorni era stato pensato per i quotidiani).
Insomma, con questa norma si disincentiva la comunicazione via blog fino a soffocarla, e si insegna ai ragazzi che tengono un diario on line che là fuori c'è un poliziotto prono a multarli se per caso scrivono che la compagna di classe è brutta o che il caffè al bar sotto casa è cattivo. E infatti nessuna legge del genere esiste nei paesi liberi, dagli Stati Uniti all'Europa.
Già un anno fa, le rete italiana si era mossa contro questo articolo, anche con uno "sciopero dei blogger" che si era tenuto on line il 14 luglio 2009 e una manifestazione a Roma a cui avevano partecipato tra gli altri Antonio di Pietro (Idv), Ignazio Marino e Vincenzo Vita (Pd).
Nei mesi successivi, la discussione in merito e i tentativi di azzerrare o modificare l'articoletto ammazzablog aveva portato a diverse proposte emendative, tra cui quella di Roberto Zaccaria (Pd) e quella di Roberto Cassinelli (Pdl).
Le roboanti dichiarazioni di Fini sulla libertà del web e i molteplici interventi in merito della sua fondazione – FareFuturo – avevano fatto quindi sperare che prima della stesura del testo definitivo qualche miglioramento sarebbe stato apportato.
Invece, con questa decisione a sorpresa, Giulia Bongiorno ha dichiarato innammissibili gli emendamenti, in nome della 'real politik' per cui - una volta annacquato il bavaglio sulle intercettazioni per i giornali - non si sarebbe più toccato il testo di legge.
Ma il voltafaccia dei finiani e il colpo di mano sul Web, benché trascurato dalla gran parte dei media tradizionali, non è passato inosservato in Internet, dove al contrario ha creato reazioni molto decise. Guido Scorza, giurista esperto di Web, parla di un «provvedimento lapidario pressoché privo di giustificazioni» riferendosi alla decisione della Bongiorno, e conclude dicendo che «la Rete è la prima vittima eccellente del disegno di legge anti-intercettazioni».
Aggiunge il blogger e giornalista Vittorio Zambardino, coautore del saggio 'Eretici digitali': «Fini e la sua Bongiorno ci avevano detto che loro alla Rete ci credevano. In piazza i giornalisti si erano uniti a noi. Poi, si chiudono i sacchi, e mentre i giornali pensano di aver vinto, la rete è certa di aver perso». Ancora più decisa Arianna Ciccone, animatrice del gruppo Valigia Blu: «Inammissibile lo diciamo noi, cara Bongiorno! È ora di alzare la voce, tutti insieme. Perché questo non è il primo tentativo di mettere il "bavaglio" alla Rete e di certo non sarà l'ultimo. Domani potrebbe toccare a filtri preventivi e a nuovi reati creati appositamente per il Web». Ciccone promette dunque una mobilitazione sia in Rete sia fuori, fino al giorno in cui il testo non verrà approvato definitivamente sia alla Camera sia al Senato.
E proprio in queste ore, sia attraverso i blog sia attarverso Facebook, gli utenti e gli attivisti della rete italiana stanno decidendo quali forme di contestazione attuare per portare la questione all'attenzione (finora assai distratta) dei politici e dei media mainstream.