Siamo nell'era della post verità e della post ideologia, è vero. Però certi simboli non tramontano mai. Così vedere il fiore “del partigiano morto per la libertà” accanto alla fiamma tricolore, icona dello spirito fascista che risorge dopo la fine del regime, fa ancora strabuzzare gli occhi.
L’improbabile corto circuito della storia si è verificato proprio in questi giorni a Siena. Dove il candidato civico presentato dai partiti del Centrodestra, Emanuele Montomoli, ha presentato il suo manifesto con tutte le liste. Ha avuto il buon gusto di mettere una alla sua destra e una alla sua sinistra, rispettando la tradizione, ma il paradosso si nota lo stesso.
Da una parte la fiamma tricolore di Fratelli d’Italia e dall’altra il garofano di “Liberali e riformisti” con, in piccolo, NPSI, che non è l’istituto di previdenza ma il nuovo Partito Socialista Italiano! Il fiore sulla tomba del partigiano e la fiamma che risorge, non erano mai stati insieme.
Chissà cosa ne penserebbe il presidente Sandro Pertini di cui proprio in questi giorni (il 24 febbraio) ricorrono 33 anni dalla morte. Chissà cosa ne pensa la senatrice Liliana Segre che alla Risiera di San Sabba pone mazzi di garofani per le vittime delle leggi razziali dell’Italia fascista. Chissà cosa ne pensa l’Anpi che mette mille garofani rossi sul cippo dedicato alla brigata Stella Rossa, sulla cima di Monte Sole. A Marzabotto, a Sant’Anna di Stazzema e in tutti gli altri luoghi dove fu il sangue a colorare di cremisi il fiore.
Chissà cosa ci direbbero Giacomo Matteotti, Giovanni Amendola, Antonio Gramsci, Filippo Turati, Claudio Treves e i tanti, troppi, altri che conobbero il buio di quegli anni.