Ad Anversa una grande retrospettiva celebra lo stilista che ha trasformato il copricapo da accessorio da cerimonia in stravagante, perfetto 'accento' dello stile

Chapeau! Tanto di cappello! Mai espressione è stata più calzante per rendere omaggio a uno dei più geniali cappellai della nostra epoca. Stephen Jones sta ai cappelli come Coco Chanel sta alla moda femminile. Negli anni Settanta ha rivoluzionato il concetto stesso di copricapo, fino ad allora un noioso accessorio da cerimonia, trasformandolo in un guizzo di stile ed eccentricità che tutti possono permettersi. Un accento di glamour che personalizza anche il look più omologato.

La sua è artigianalità d'altri tempi, con quel tocco di stravaganza che lo inserisce nella top ten dei designer più stimati nelle stanze dell'alta moda. Per festeggiare i trent'anni anni del marchio Stephen Jones Millinery, il Museo della Moda di Anversa (MoMu) gli dedica una retrospettiva fino al 13 febbraio 2011. Il titolo della mostra è esemplificativo: "Stephen Jones e l'accento della moda".
Così come gli accenti in un testo aiutano a leggere e a interpretare correttamente le parole, così i suoi cappelli sono la 'punteggiatura' giusta per definire una silhouette, per delineare lo stile di una collezione moda, di un'immagine o di un film. E se l'accento si pone a 45 gradi sulla lettera, anche Stephen Jones adora immaginare i copricapo posizionati di traverso sulla testa delle sue clienti.

"Il sottotitolo "L'accento della moda" sottolinea la funzione che la sartoria esegue così bene" ha commentato lo stilista John Galliano, amico di Jones e partner di molti progetti "i cappelli servono ad attirare l'attenzione, tanto quanto al raggiungimento di uno scopo estetico e a completare uno stile". Galliano è uno dei tanti couturier con i quali il "cappellaio glamour" ha collaborato negli ultimi anni; non stupisce dunque che la mostra abbia ricevuto molti contributi dalle maison internazionali, come Aitize Hanson (Jean Paul Gaultier), Azzedine Alaia, Comme des Garçons, Christian Dior, Thierry Struvay Collection, Giles, Huis A. Boon, John Galliano, Lanvin, Marc Jacobs, Musée des Arts et Histoires Genève - Collection Danielle de Saint Gemain Luquet (Claude Montana, Thierry Mugler), Coccodrillo, Anna Piaggi e Walter Van Beirendonck.

Tuttavia, la parte principale dell'esposizione al MoMu - 120 pezzi di haute couture, la più cospicua raccolta di creazioni firmate da Jones che si sia mai vista al di fuori della Gran Bretagna - proviene dalle collezioni private di Geert Bruloot e Eddy Michiels, due commercianti di Anversa. "Circa 22 anni fa ho incontrato Geert Bruloot, proprietario di Louis, una boutique di moda che aveva aperto ad Anversa nel 1986 - ha raccontato lo stesso designer -. I miei cappelli buffi erano perfetti per lo stile d'avanguardia degli stilisti che aderivano alla "Antwerp Six" (I sei di Anversa) e che Bruloot vendeva nel suo negozio. Da allora, ogni stagione, il negoziante di Anversa ha acquistato le mie creazioni, scegliendole tra i temi di avventura, scienza, glamour o rococò". Le stesse tematiche fanno da filo conduttore alla mostra, orientando lo spettatore tra i visionari lampi di creatività di Jones e categorizzando la sua moda evocativa.

Geert Bruloot, che ha realizzato il disegno dell'allestimento, ha mischiato cappelli in dimensioni reali con riproduzioni giganti, grandi cappelliere come quelle che Jones usa per vendere le sue creazioni, abiti completi, fotografie e ricordi. Il tutto sottolineato da narrazioni dettagliate, fornite dallo stesso designer e storie popolate di personaggi immaginari che sembrano dar vita alle creazioni.

L'ingrandimento del cappello denominato 'Londra', ad esempio, troneggia nella sala dedicata al tema avventura e, con un po' di fantasia, rimanda all'adattamento cinematografico del romanzo di Jules Verne, Il giro del mondo in ottanta giorni, nel quale il protagonista, Phileas Fogg, inizia il suo viaggio intorno al globo da una cabina telefonica della capitale inglese. Si prosegue con le collezioni ispirate agli innumerevoli viaggi del cappellaio britannico e ai copricapi realizzati per Jean Paul Gaultier, con il quale condivide una predilezione per il gusto esotico.

L'amore di Jones per la scienza e la tecnologia si traduce invece in cappelli dalle linee definite e dalle forme grafiche, primo fra tutti quello chiamato 'Soho', un vero classico della sua opera. Claude Montana, Azzedine Alaïa, Giles e Walter van Beirendonck sono gli stilisti citati nella sezione scienza. La visione rococò di Jones è più lirica, in gran parte concentrata sulle asimmetrie esistenti in natura. Motivi di foglie e fiori ricorrono in questa sala, come nel cappello ispirato a un canale costruito da un castoro. Rei Kawakubo, del marchio giapponese Comme des Garçons, e Vivienne Westwood sono i couturier più affini a questo tema.

Come non dedicare uno spazio al glamour? Una carrellata di cappelli a cilindro in proporzioni variabili, che evocano il sesso, le feste, i boudoir e le luci della ribalta, rimandano allo sfavillante mondo delle dive. Simbolo della vita da red carpet è 'Ecstasy', il cappello ispirato al film Scarpette rosse, diretto da Michael Powell e Emeric Pressburger.

La mostra mette in evidenza come le creazioni di Jones, per quanto stravaganti e talvolta eccessive, siano adorate da tantissimi personaggi noti, come le esuberanti regine del pop Madonna e Kylie Minogue, ma anche da first lady del calibro di Carla Bruni e, naturalmente, dalla regina Elisabetta d'Inghilterra. La sua preferita, però, è senza dubbio Anna Piaggi, icona di uno stile fuori dagli schemi, che ha sempre usato i cappelli di Jones per arricchire il suo look irriverente. Per la mostra al MoMu è la stessa giornalista e scrittrice italiana, penna di punta di Vogue, a rendere omaggio al suo cappellaio di fiducia con un collage di foto ricordo. Insieme allo stesso Jones, a Bardo Fabiani e a Luca Stoppini, la Piaggi ha unito una serie di immagini della sua collezione privata di cappelli firmati Jones, esposti nel suo appartamento a Milano.

La chicca della mostra? I cappelli, dopo averli osservati, si possono mangiare. Ovviamente si tratta di riproduzioni in cioccolato delle creazioni di Jones, realizzate dal pasticcere Dominique Persoone, da gustare nel caffe del museo.

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