
Ci sono momenti in cui il nostro sogno - a noi stessi prima che agli altri - ci sembra inutile. Perché continuare a scrivere storie di criminalità e di morte, di flussi di denaro e polizie, di ingiustizie e di democrazie in pericolo? Perché farlo se poi nulla cambia? Perché farlo se anche solo una persona, ne basta una, ti verrà a dire che ha letto ciò che hai scritto ma che il mondo fa sempre schifo? Che nulla cambia nonostante tutti sappiano ciò che accade? Confesso che mille volte mi sono chiesto, nei mesi scorsi, se fosse questo il momento per scrivere e pubblicare un libro sulla cocaina, un libro sul narcotraffico internazionale.
Mi sono chiesto se fosse davvero questo il racconto di cui le persone avessero bisogno ora. Di cui io avessi bisogno ora. Mi sono chiesto se non fosse questo piuttosto un tempo da fiction, da invenzione, da svago. Un tempo per l'evasione più che per l'impegno.
La risposta l'ho trovata nel mio sogno, lo stesso di un tempo. Il sogno di un mondo che conosce e lotta proprio perché conosce. La risposta l'ho trovata negli sguardi e nelle parole delle persone che incontro. Non è vero - come a volte si può credere - che gli italiani siano ormai rassegnati al "niente può più cambiare".
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