L'antimafia intercetta la storica portavoce di Roberto Maroni

Isabella Votino con Roberto Maroni
Isabella Votino con Roberto Maroni

Da otto anni Isabella Votino è l'ombra del presidente della Lombardia, che ha seguito nel percorso dalla Lega  al Viminale fino ai piani alti del Pirellone. Ma la trentacinquenne campana è stata intercettata mentre chiedeva notizie delle inchieste relative al partito lumbard. In contatto, forse a sua insaputa, con personaggi legati ai clan

Isabella Votino con Roberto Maroni
E' stata definita la donna più potente nella storia del Viminale dopo Rosa Russo Iervolino. Ma la sola cosa in comune con l’unica “ministra” dell’Interno è l’origine campana. Perché Isabella Votino, nata a Benevento 35 anni fa, di professione fa la portavoce.

Da otto anni è “l’ombra” di Roberto Maroni, che accompagna quasi ovunque, gestendone l’immagine: prima come capogruppo della Lega, poi come titolare dell’Interno, quindi come segretario del partito e infine al piano più alto della Regione Lombardia. Un fascino meridionale che ha colpito, tra i tanti, anche Silvio Berlusconi, ospite d’onore del suo compleanno nel 2007 e poi pronto a ingaggiarla per alcuni mesi come responsabile delle relazioni istituzionali del Milan.

Una giovane vulcanica, con anni d’esperienza nel Palazzo, abile a districarsi tra politica, soldi e potere; capace di tessere rapporti fra leader della politica, imprenditori di successo, personalità dello spettacolo e del mondo dell’informazione. E adesso si scopre pure in contatto - forse a sua insaputa - con personaggi legati alla ’ndrangheta e al riciclaggio. Per questo motivo dalla Lombardia alla Calabria il passo è breve per Isabella Votino. Lady Pirellone, infatti, è finita dentro un’inchiesta sui collegamenti della ’ndrangheta con la politica e le tangenti. Un’indagine che parte da Reggio Calabria e arriva a Milano, nell’ambito della quale Isabella Votino è stata intercettata per quasi un anno a partire dalla fine del 2012. 

L’istruttoria è quella che scava nel lato più oscuro del movimento padano, una costola dello scandalo che ha detronizzato Umberto Bossi, portando proprio Maroni alla successione: con tanto di ramazza per la pulizia etica del partito impugnata come simbolo. Indagando su un giro di denaro sporco, i pm di Reggio Calabria sono arrivati a individuare un trentenne reggino, Bruno Mafrici: al telefono il giovane dottore in giurisprudenza mostra entrature profonde nella politica calabrese, incluso l’ex governatore Giuseppe Scopelliti, e una fiorente attività anche in società estere. E qui che gli inquirenti trovano la pista che li porta a uno studio di commercialisti nel centro di Milano e a Francesco Belsito che si definiva «il tesoriere della Lega più pazzo del mondo». Il legame tra Belsito e Mafrici è stretto, tanto che quest’ultimo è stato ingaggiato come consulente personale dal leghista quando era sottosegretario del ministro Roberto Calderoli.

Le intercettazioni effettuate dalla Dia di Reggio Calabria hanno permesso di ricostruire una lunga catena di affari in cui venivano investiti i fondi della Lega Nord. La strategia finanziaria, però, era partorita nello studio di commercialisti milanesi in cui è socio Pasquale Guaglianone, altro calabrese trapiantato a Nord con una storia personale tutta a destra: in gioventù è stato un membro dei Nuclei armati rivoluzionari, Nar, e ha gestito la cassa della formazione di Giusva Fioravanti e Massimo Carminati (dal casellario giudiziario risulta una condanna per banda armata e associazione sovversiva). In un ufficio a 500 metri dal Duomo di Milano, si sedevano attorno a una scrivania professionisti calabresi che decidevano dove spostare pacchi di milioni.

Tra loro un tesserato della Lega, il collaboratore di un ministro padano, l’iscritto a una loggia massonica, un ex estremista di destra: tutti a vario titolo collegati alla  ’ndrangheta . Il problema è che i rivoli di denaro provenienti dai forzieri leghisti si sono contaminati con soldi molto più sporchi: il tesoro del clan De Stefano, la famiglia di ’ndrangheta che domina da oltre un ventennio la città dello Stretto. Lo stesso canale di riciclaggio avrebbe ripulito i capitali della cosca e i finanziamenti del partito, trasferendoli all’estero o investendoli in immobili. I personaggi coinvolti non sono picciotti armati fino ai denti, ma professionisti sospettati di fare parte di un’associazione segreta, paramassonica, con contatti nella ’ndrangheta che conta e ben inseriti nei salotti della politica nazionale. Con uno snodo nello studio milanese dall’anima doppiamente nera.

Quando nelle conversazioni intercettate emerge Isabella Votino, i pm mettono sotto controllo anche il telefono della portavoce di Maroni che, uscito dal Viminale, era in quel periodo segretario federale della Lega Nord, pronto sulla pista di lancio per candidarsi alla presidenza della Regione Lombardia.

È un momento teso. Le inchieste su politica e mafia vanno avanti, coinvolgendo anche esponenti della Lega e imprenditori vicini a Maroni. Alla fine del 2012, quando i pm di Milano e Reggio Calabria stanno coordinando indagini riservate su questo filone giudiziario, secondo le registrazioni Isabella Votino aggancia investigatori nel capoluogo lombardo per tentare di acquisire notizie su eventuali attività giudiziarie in corso sul gruppo vicino a Maroni. Chiede informazioni, sollecita risposte e tenta di comprendere quali siano gli obiettivi dei magistrati.

La donna per quasi un anno è stata ascoltata dagli 007 dell’antimafia mentre discute alleanze tra partiti in vista delle elezioni lombarde con alcuni leader del Pdl. Il profilo che emerge dalle conversazioni non è quello di un portavoce, ma di un vero consigliere politico di Maroni. Una figura che lo ha accompagnato in tutta la scalata al potere, tra impegni pubblici e frequentazioni private. Celebre la festa che venne organizzata nel 2009 per il suo trentesimo compleanno nel Cavalli Just Cafè, tra cariche istituzionali, direttori di tg e star dello spettacolo: da Simona Ventura a Maria Grazia Cucinotta, da dj Francesco a Renato Pozzetto. Al ministero dell’Interno ricordano ancora le spese fatte con la carta di credito del dicastero: migliaia di euro al mese per soggiorni in alberghi di lusso. L’uso troppo disinvolto della carta di credito, che le venne ritirata, e la disponibilità di un’auto blu con poliziotti alla guida aveva allarmato perfino il responsabile della ragioneria del Gabinetto del ministero. Ma lei ha detto di avere chiarito tutto, almeno per questo aspetto economico. 

Oggi però Isabella non è l’unica esponente del cerchio magico di Bobo a essere finita nella lente dell’inchiesta antimafia: seguendo la stessa pista sull’asse Milano-Reggio Calabria, gli inquirenti si sono imbattuti pure in Domenico Aiello, avvocato di fiducia del governatore. Le intercettazioni hanno radiografato i contatti tra il legale e i pm di diversi palazzi di giustizia, incluso il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, come rivelato da “l’Espresso” nello scorso numero. Rapporti non strettamente professionali, stando al giudizio dei detective che hanno redatto un dossier in cui si evidenziano le relazioni di Aiello con esponenti della magistratura e dell’imprenditoria. 

Aiello è sposato con Anna Tavano, 42 anni, nominata lo scorso anno da Maroni alla direzione generale infrastrutture della regione Lombardia: una poltrona chiave nella gestione degli appalti. Qualcosa però non è andata come avevano previsto la manager e il suo amico Maroni, tanto che lo scorso settembre la donna ha lasciato l’incarico regionale ed è tornata nei ranghi aziendali di Citigroup. In precedenza Tavano era stata responsabile dei fondi europei alla Regione Calabria, lanciata dall’ex governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti. Ma lo sbarco a Milano, dove la coppia Tavano-Aiello ha casa in pieno centro a pochi passi dal Castello Sforzesco, è avvenuto grazie a uno sponsor sempre più influente nel mondo lumbard: Isabella Votino, appunto.

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