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Un'occhiata ai numeri fa però venire il sospetto che la questione provochi un certo imbarazzo, anche a livello politico. Negli ultimi quattro anni per le perdite sui derivati il Tesoro ha dovuto subire un esborso di 16,9 miliardi di euro, 4,5 miliardi dei quali solo nel 2014. In pratica, se non avesse perso quei quattrini, il governo avrebbe potuto azzerare l'Imu sulla prima casa senza tagliare altre spese.
Quei soldi, poi, sono finiti a grandi banche internazionali, il cui nome resta però segreto, in virtù di clausole contrattuali che a nessuno è dato conoscere. Purtroppo la situazione non sembra destinata a migliorare: come racconta l'inchiesta de “l'Espresso” in edicola da venerdì, nei prossimi mesi il Tesoro dovrà fronteggiare scadenze che rischiano di essere molto onerose, come rivelano alcuni indizi.
Ad esempio: su un derivato da 2 miliardi che in teoria dovrebbe terminare nel 2036, una banca dal nome tenuto sotto stretto riserbo ha la possibilità di uscire anticipatamente nel prossimo mese di marzo, costringendo il governo a sborsare una cifra che potrebbe rivelarsi vicina a un miliardo di euro.
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