A Bisaccia, paesino dell’Alta Irpinia alle prese con lo spopolamento, è agguerrita competizione elettorale. Con il noto "paesologo" deciso a difendere il luogo in cui è nato, sfidando un sistema di potere consolidato. E a trasformare i versi in fatti (Foto di Giuseppe Carotenuto per L’Espresso)

arminio3-jpg

Arminio contro Arminio. Marcello, democristiano, in politica da una vita nella patria di Ciriaco De Mita, contro Franco, il poeta della “paesologia” che narra in versi la propria terra ancora ferita dal terremoto dopo quasi quarant’anni. Offesa dal cemento della ricostruzione infinita e incompiuta, dalla selva di pale eoliche su monti e colline, che cambiano il paesaggio ma non il destino di una regione dove le fabbriche chiudono e i giovani se ne vanno. È un po’ come Davide contro Golia: un poeta di successo - il libro “Cedi la strada agli alberi” (Chiarelettere) ha superato le 30 mila copie, l’ultimo “Resteranno i canti” (Bompiani) già 10 mila - che per diventare sindaco sfida un politico con ben tre mandati alle spalle.

Si consuma una sfida elettorale strana, inedita a Bisaccia, lembo estremo dell’Irpinia d’Oriente sospeso tra le nuvole all’incrocio tra Campania, Puglia e Basilicata, in questo freddo maggio che «non sa di rose ma di neve», annota il paesologo 59enne sul diario con cui racconta su Facebook la campagna elettorale.

Non sono parenti Marcello e Franco, anche se hanno lo stesso cognome in un paese che non arriva a 4 mila abitanti, dove tutti si conoscono da sempre. Entrambi aspirano alla poltrona di primo cittadino - si vota il 26 maggio in 3.865 Comuni italiani, in contemporanea con le europee - sostenuti da due liste civiche: quella del sindaco uscente Marcello Arminio, “Oltre l’orizzonte”, è trasversale - vicina ai popolari, include anche un esponente di Fratelli d’Italia e uno di Sinistra Italiana - l’altra invece, “Noi per Bisaccia”, ha una forte vocazione ecologista e rompe gli schemi tradizionali, in sintonia con la visione eretica del candidato-poeta. «Nel 1911 eravamo novemila abitanti. Adesso siamo 3.800. Fermare lo spopolamento è il mio primo obiettivo», ha annunciato Franco Arminio durante l’incontro di presentazione del programma, domenica 5 maggio, davanti a oltre 400 persone assiepate nella sala dell’edificio polifunzionale, una navicella spaziale in cemento armato costruita dopo il sisma nella parte nuova della cittadina.

arminio2-jpg

L’esito delle elezioni del 26 maggio è tutt’altro che scontato, pesano almeno due incognite: il Movimento 5 Stelle, che l’anno scorso alle politiche aveva incassato qui il 40 per cento dei voti, ufficialmente non appoggia nessun candidato. Mentre il Pd, che in una prima fase aveva indicato il giornalista Pasquale Gallicchio, all’ultimo non lo ha sostenuto e si è spaccato sul nome di Franco Arminio, che adesso nella sua lista conta anche alcuni esponenti Dem. Grande è la confusione sotto il cielo gonfio di pioggia dell’Alta Irpinia.

A Bisaccia arriviamo dopo trenta chilometri di curve e nebbia da Nusco, storico feudo di De Mita, che a 91 anni ha deciso di ricandidarsi a sindaco riempiendo le pagine dei giornali. La croce è appena accennata, stilizzata, nel manifesto elettorale della lista civica che lo sostiene, appeso con discrezione in un bar vicino alla sede del Comune. Sono lontani i tempi in cui lo scudo crociato campeggiava orgogliosamente nelle piazze e strade d’Italia, quando il segretario della Democrazia Cristiana e poi presidente del Consiglio, negli anni Ottanta, dispensava favori e veniva adulato da grandi intellettuali, giornalisti, imprenditori. L’epoca in cui spadroneggiava il “Clan degli avellinesi” e «se fosse durato ancora un po’ il suo lungo regno, si scherzava a Montecitorio, sulle cartine geografiche Napoli sarebbe stata ribattezzata “Avellino marittima”», come ricorda Filippo Ceccarelli, che ha ricostruito quel mondo nel libro “Invano - Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua” (Feltrinelli).

Dopo più di trent’anni De Mita è ancora lì, pronto a battere l’avvocato Francesco Biancaniello, sostenuto anche dal Pd, e restare primo cittadino per un altro quinquennio. Nel frattempo siede saldamente anche su un’altra poltrona, quella di presidente dell’assemblea dei sindaci dell’Alta Irpinia, il progetto pilota che discende dalla strategia nazionale per le aree interne, avviata sei anni fa su impulso di Fabrizio Barca, ministro della Coesione territoriale del governo Monti.

Un tema, quello delle aree interne, molto caro anche a Franco Arminio, che ha contribuito a dare forma al progetto nazionale e a quello della Montagna Materana. Con le sue parole il poeta illumina i dettagli e cerca di riscattare la “terra dell’osso”, come la definì l’economista Manlio Rossi-Doria, bandiera di quell’Italia meravigliosa, spopolata e in molti casi rassegnata che corre lungo l’Appennino. «Oggi De Mita è un santo senza paradiso», sentenzia il candidato paesologo, che di recente non ha lesinato critiche al sindaco di Nusco per la lentezza e l’inefficacia della sua azione politica. Già nel libro “Viaggio nel cratere” (Sironi editore), più di quindici anni fa, Arminio aveva dedicato un passaggio alla cittadina irpina e al sistema di potere demitiano. «Questa è la capitale del posto fisso. L’importante era ottenerne uno, a prescindere dal luogo di destinazione e dalla propria vocazione. Se esistesse l’istigazione all’ozio come capo di accusa, De Mita sarebbe da molti anni in prigione», scrive Arminio che tuttavia, se verrà eletto, dovrà sedere da sindaco allo stesso tavolo dell’ex segretario Dc per rilanciare il territorio.

Si vedrà, per ora il suo avversario si chiama Marcello e porta il suo cognome. I due candidati si incontrano in piazza, davanti alla cattedrale di Bisaccia edificata in epoca normanna e ricostruita nel Settecento dopo i frequenti terremoti. Ed è subito mezzogiorno di fuoco: «Franco, tu voli alto ma qui la gente non arriva a fine mese, non vuole sogni ma soldi per comprare il latte. Tu fai bene quello che fai, il poeta, io faccio il sindaco. Punto a fare il poker», attacca Marcello che intravede il quarto mandato, poi dà l’affondo: «I cittadini si sentono turbati, forse anche ingannati dalle tue parole, dalle tue promesse. Le cose che proponi non solo non possono essere attuate, ma neanche pensate».

Eppure non assomiglia al libro dei sogni il programma del paesologo e di “Noi per Bisaccia”, articolato in 25 punti. Attenzione ai giovani, agli anziani, alle scuole anche di poesia e di canto, all’agricoltura - un agronomo offrirà consulenze gratuite ai contadini - all’artigianato e alle piccole imprese, al turismo consapevole, alla salute, con l’introduzione della figura dell’infermiere di comunità in un territorio dove «se hai un infarto, l’ospedale più vicino si trova ad Avellino», vale a dire a ottanta chilometri dal paese irpino. Certo, tutto da costruire, chissà se il poeta-paesologo riuscirà a far seguire i fatti alle parole.

«Bisaccia è il luogo in cui sono nato, che non ho mai lasciato e non lascerò mai. Ma è una comunità che indugia sui propri mali, che patisce senza mai guarire. Vorrei cambiare l’ethos del luogo, uscire dal corto circuito della sfiducia e della rassegnazione», riflette Arminio mentre sorseggia un caffè nella sua “casa della paesologia”, in centro storico, aperta ai trecento viandanti iscritti al progetto: «Mi sono messo in gioco perché il circuito della politica è spento, mentre le comunità sono piene di energia. Riguarda Bisaccia ma riguarda anche l’Italia, bisogna aprire una vertenza nazionale sulle aree interne. Siamo a maggio, può essere il Sessantotto delle montagne», rilancia il poeta, che sul tema dell’entroterra a rischio estinzione ha appena pubblicato “L’Italia profonda” (Gog edizioni), dialogo costruttivo e malinconico con Giovanni Lindo Ferretti, ex cantante e paroliere dei Cccp, abitante e cantore di un altro pezzo di Appennino dimenticato, quello tosco-emiliano, «un mondo dimenticato da Dio che però resta l’unico luogo in cui Dio si può ascoltare».

Sulla cultura, altro cardine del programma, un pezzo di strada Arminio l’ha già percorso, con i due festival da lui inventati: “La luna e i calanchi” ad Aliano, borgo vicino a Matera (quest’anno dal 12 al 25 agosto); “Altura”, quattro giorni di musica e canti, laboratori, installazioni e “azioni paesologiche” nel borgo irpino. E quest’anno, un altro festival paesologico a Camerino, nelle Marche, in collaborazione con l’università (7-9 giugno). «È incredibile che abbiamo una necropoli mai messa in condizione di essere visitata. E il bellissimo castello ducale deve essere riempito di idee e funzioni, qualcosa che somigli al Beaubourg di Parigi», azzarda Arminio, che poi monta sui suoi cavalli di battaglia: contro lo sfruttamento del vento da parte delle multinazionali e contro il federalismo fiscale, storico baluardo della Lega, che impone una proporzionalità tra imposte riscosse ed effettivamente utilizzate dagli enti territoriali («A Napoli c’è la crisi come a Bisaccia, ma qui chiudono ospedale e guardia medica e lì no»).

Temi su cui vorrebbe coinvolgere tutte le comunità locali interessate, anche fuori dal suo territorio. «Bisaccia trae pochi benefici dal fatto che è letteralmente circondata da pale eoliche. Se verrò eletto, apriremo una grande vertenza con gli operatori, le multinazionali presenti sul territorio, per ottenere compensazioni maggiori per le comunità locali. Un paese che produce tanta energia non può pagare la corrente elettrica». Si capirà alle urne se Bisaccia appoggerà il candidato paesologo e il suo tentativo di ripopolare il borgo irpino. Nel corso degli anni in tanti si sono trasferiti dal centro storico a quello che da queste parti chiamano semplicemente “U pian’ regolatore”, l’agglomerato tirato su con i soldi del post-terremoto. «È una comunità che mantiene saldo il legame con le tradizioni religiose e con il santo patrono. Sant’Antonio da Padova, ma con lo sdoppiamento del paese si è indebolito l’assetto sociale», dice il giovane parroco della cattedrale, don Antonio Di Savino, che mentre attraversiamo strade e case abbandonate o ricostruite a metà, una porzione importante del borgo, lancia un monito ai due candidati: «Chiunque verrà eletto dovrà pensare in prospettiva, per il futuro», conclude don Antonio.

C’è un clima di attesa tra i sostenitori di Franco Arminio, non solo giovani. Alla presentazione della lista, infatti, domenica scorsa, in molti avevano i capelli bianchi. Pietro Mastrullo andò via da qui a vent’anni, nel 1970, per cinque lustri ha lavorato come verniciatore nella fabbrica Porsche a Stoccarda, in Germania, poi è tornato a casa insieme alla moglie compaesana e alle tre figlie, per aprire un’officina di carrozzeria. A distanza di un quarto di secolo prova ad abbozzare un bilancio: «Quando sono tornato le cose stavano peggio di quando ero partito. Come succede in Italia, i soldi si perdevano prima di arrivare nei posti giusti, oggi è peggio di allora. È il momento di cambiare, forse un poeta può trovare le parole giuste». In questa strana tornata elettorale i cittadini di Bisaccia sono chiamati a scegliere lo stesso giorno il sindaco e i propri rappresentanti al Parlamento europeo.

Vista dall’Alta Irpinia, l’Europa non è mai stata così lontana, ma Franco Arminio invita a non arroccarsi, a dialogare tra centro e periferia. «Sono a favore di un’Europa che abbassi il baricentro, non l’Europa di Francoforte», conclude: «Dobbiamo superare il nostro complesso di inferiorità: a Lecce c’è più energia che a Strasburgo, a Salerno più vita che a Zurigo. Il mio motto è “piccolo paese, grande vita”, smettiamola di mortificarci. Sono loro che devono diventare più europei».