A 14 mesi dall’insediamento il premier ha un gradimento più alto dei suoi vice. Perché pesca in entrambi gli elettorati. Ma in passato (Fini, Monti) non si è trasformato in forza elettorale

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Il governo Conte è un governo con tre leader. Oltre e forse più del presidente del Consiglio esercitano funzioni di leadership i due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che sono anche alla guida dei partiti dell’asse gialloblu, Lega e Movimento 5 Stelle.

Cosa ci possono dire, a 14 mesi dall’insediamento del governo, i dati disponibili sul gradimento dei tre leader?
Premesso che i sondaggi sulle personalità politiche possono essere svolti in modi diversi e possono misurare variabili diverse (giudizio sull’operato e fiducia non sono la stessa cosa), emergono profili di leadership alquanto differenti.

I dati di Ipsos di luglio attribuiscono al premier Conte un gradimento alto: il 51% degli intervistati esprime un giudizio positivo sul suo operato. Nonostante un netto calo rispetto a inizio legislatura, quando era al 67% (Ipsos ottobre 2018), si tratta di un indice di popolarità alto. Che sia per il ruolo di garanzia assunto da Conte rispetto a Lega e 5 Stelle, o che sia per il profilo “apolitico” dell’avvocato e professore di diritto, l’opinione pubblica italiana oggi promuove il presidente del Consiglio. Un dato che colpisce se pensiamo che l’esecutivo è in carica da più di un anno e che in questi mesi non sono mancati tensioni e passaggi critici, a partire dalla finanziaria approvata a dicembre 2018. Proprio su queste pagine lo scorso settembre segnalavo che la finestra della legge di bilancio sarebbe stata decisiva per il rapporto tra maggioranza di governo e opinione pubblica, coincidendo oltretutto con il periodo (circa 6 mesi dall’insediamento) in cui solitamente si esaurisce la «luna di miele» con l’elettorato. I trend registrati dai sondaggi da allora, e anche il voto delle Europee che ha premiato il governo (soprattutto nella sua componente leghista) con il 51,4% dei consensi, sembrano certificare che la popolarità del governo non ha risentito particolarmente di quel passaggio.

Ritratto
L'ultima piroetta di Giuseppe Conte, l'avvocato camaleonte
3/6/2019

Il sondaggio Ipsos mette a fuoco un altro elemento che caratterizza il giudizio della pubblica opinione: Conte è una figura trasversale. Viene promosso dalla quasi totalità degli elettori del partito che lo ha indicato, il 5 Stelle (93%), e malgrado le frizioni con Salvini gode di un consenso elevatissimo anche tra i leghisti (71%). Ma il gradimento va oltre al perimetro della maggioranza di governo. Conte piace a più della metà (55%) degli elettori del centrodestra non salviniano (Forza Italia e Fratelli d’Italia) e a un sorprendente 34% fra gli elettori di centrosinistra (Pd, +Europa, Verdi).

È bene fare qui una precisazione. La storia politica italiana ha conosciuto più di una figura che ha goduto di fasi di popolarità e apprezzamento trasversali, ma che ha poi faticato a tradurre questo apprezzamento in consenso politico-elettorale diretto. Possiamo ricordare nell’ultima decina d’anni Gianfranco Fini, presidente della Camera gradito anche a sinistra quando si smarcò progressivamente dalla leadership di Silvio Berlusconi tra 2009 e 2010. Nei dati Demos di febbraio 2010 Fini era arrivato a un indice di gradimento del 68%, 20 punti sopra Berlusconi. A settembre era più popolare tra gli elettori del Pd (58%) che tra quelli del partito di cui era stato uno dei leader, il Pdl (34%). Questa trasversalità, che lo aveva premiato in una prima fase, si era ben presto trasformata in un limite. Il progetto politico di Futuro e libertà ebbe un percorso accidentato e alle elezioni del 2013 quasi scomparve, raggiungendo a malapena lo 0,5% dei voti.

Un altro premier indipendente, anche se con uno schema diverso da quello di Conte, fu Mario Monti, la cui parabola presenta a sua volta tratti istruttivi. Arrivato a picchi di gradimento ben superiori al 60% nei primi mesi del suo governo, aveva poi subito un ridimensionamento al momento della «salita in campo» di fine 2012 e alle politiche del 2013 non era riuscito a tradurre tutto il capitale di credibilità personale in consenso elettorale, con un 10% nelle urne che non va sottovalutato ma che era ben al di sotto delle aspettative di inizio campagna elettorale e che, anche a causa del flop di Bersani, collocò Scelta civica in posizione piuttosto marginale nella legislatura.

Conte si trova dunque oggi a gestire un apprezzamento largo e trasversale che non sembra però avere una concreta spendibilità elettorale. Potrebbe avere invece - e il gradimento di settori del centrosinistra e del centrodestra potrebbero alimentare questo scenario - una spendibilità per così dire politico-istituzionale, nell’ipotesi di guida di una nuova maggioranza parlamentare a seguito di crisi di governo, magari composta dalla “coalizione von der Leyen” M5S, Pd e Forza Italia.

All’altro estremo troviamo Luigi Di Maio. Dopo il successo elettorale del 4 marzo 2018 si trovava ai vertici delle graduatorie di popolarità (al 49%, secondo di un punto solo a Paolo Gentiloni, e davanti anche a Salvini, secondo l’Atlante Politico Demos). Oggi sembra decisamente più in difficoltà. Demos lo colloca a un discreto 45%, ma per Ipsos il gradimento sul suo operato è molto più in basso, al 29%. L’elemento al quale rivolgere più attenzione è però un altro. Di Maio è oggi il leader di governo più polarizzante, più ancora di un maestro di polarizzazione come Matteo Salvini. Ipsos ci dice che nessun elettorato promuove Di Maio, se non il suo, quello Cinquestelle (84%, comunque sotto Conte). Un’ampia maggioranza degli elettori leghisti lo boccia (60%) e il giudizio è severo tra gli elettorati di opposizione. Il 73% di chi vota Fi o Fdi e l’88% di chi vota Pd, +Europa o Verdi esprime una valutazione negativa sul suo operato.

Rileviamo insomma un doppio livello di pressione sul vicepremier del M5S. Pressione interna da Conte, che come abbiamo visto sembra avere un apprezzamento più ampio e trasversale, multipartisan più che bipartisan, anche se nulla ci dice che il gradimento resterebbe intatto in caso di una più diretta esposizione politica. E pressione esterna dagli elettorati degli altri partiti, a cominciare dal partner di governo.

Matteo Salvini si posiziona a metà tra Conte e Di Maio. È secondo molti osservatori il vero leader del governo, sicuramente è il leader del partito più grande (nei sondaggi e nelle elezioni successive alle politiche, ma non in Parlamento). Gli orientamenti dell’opinione pubblica nei suoi confronti ci aiutano a delinearne il profilo, e forse ci forniscono anche qualche spunto per capire le possibili opzioni politiche a sua disposizione. Per Ipsos l’approvazione sul suo operato è al 48%, quindi tre punti sotto Conte. Demos colloca invece l’indice di gradimento di Salvini al 54%, esattamente a metà strada tra Conte e Di Maio.

Ma come si compone questo 48%? C’è un consenso plebiscitario tra chi vota Lega (94%), e questo non stupisce visto che chi vota Lega oggi vota innanzitutto il suo leader. Ma c’è un apprezzamento molto alto (80%) anche tra gli elettori di Fi e Fdi, due partiti che politicamente stanno nell’area del centrodestra ma che formalmente si trovano all’opposizione. Questo bacino è importante perché costituisce potenzialmente il più immediato serbatoio di consenso per Salvini in caso di elezioni anticipate.

E se non possiamo sorprenderci della netta bocciatura che arriva dagli elettori di centrosinistra (l’88% esprime un giudizio negativo sull’operato di Salvini), al contrario colpisce la spaccatura dentro all’elettorato 5 Stelle. Il 47% dà una valutazione positiva, il 51% negativa. Gli elettori M5S sono oggi più “salviniani” di quanto non siano “dimaiani” quelli della Lega. E siccome i dati si riferiscono agli elettori attuali, non a quelli di marzo 2018, si può pensare che il potenziale di assorbimento del consenso 5S non si sia ancora esaurito.

Questi dati, che vanno sempre analizzati con cautela perché l’opinione pubblica è fluida e la popolarità è volatile, sembrano insomma disegnare due leadership forti nel governo, Conte e Salvini. Di queste, tuttavia, solo una sembra avere concrete opzioni elettorali: quella di Matteo Salvini.

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