I bambini senza cittadinanza. I reduci dall’inferno libico. Gli sfruttati nei campi o in città. Soffocati dalla discriminazione e da una politica cinica

Che la discriminazione tra ricchi e poveri, introdotta e perpetuata dalla persistenza del diritto considerato inalienabile della proprietà individuale, sia considerata la principale causa delle disuguaglianze, non esclude il riconoscimento di altre ragioni di discriminazione, come quella tra uomini e donne, tra lavoro manuale e intellettuale, tra popoli superiori e popoli inferiori», scriveva Norberto Bobbio.

Una delle principali cause delle discriminazioni è dovuta alla razzializzazione, un processo di categorizzazione e di differenziazione che istituisce tra gli esseri umani dei confini invisibili per separare gli uni dagli altri. La razzializzazione è un concetto intimamente connesso al razzismo, una costruzione strettamente legata all’architettura del potere che impone alle donne e agli uomini delle limitazioni in base al colore della pelle, alla provenienza geografica, allo status di migranti, alla classe sociale, al genere, all’orientamento sessuale o alla diversa appartenenza religiosa.

I processi di razzializzazione si articolano principalmente attorno ad alcuni principi tra cui questi cinque. In primo luogo, il naturalismo razziale che afferma l’esistenza naturale di una gerarchia razziale in cui la razza bianca risulterebbe superiore ad altre. Questo principio è alla base delle leggi razziali-razziste del 1938 in Italia e della segregazione razziale del 1948 in Sudafrica. In secondo luogo, la storicizzazione razziale che asserisce la supremazia della civiltà bianca su tutte le altre. Questo concetto è tra le motivazioni dei processi di colonizzazione. In terzo luogo, la razzializzazione culturale che sostiene l’impossibilità di una coabitazione tra persone che esprimono culture diverse. In questa ottica, si sostiene il principio di “ognuno a casa propria” per l’armonia del mondo. In quarto luogo, la razzializzazione del discorso politico che si nutre dell’individuazione e della creazione del nemico pubblico che diventa capro espiatorio di tutti i disagi sociali della comunità. Negli ultimi anni, questa politica dell’inimicizia ha costruito il proprio consenso elettorale canalizzando la frustrazione sociale contro i migranti. Infine, la razzializzazione urbana che tende a confinare le persone, in base alle classi sociali, in determinate aree geografiche.

L’Italia, come gran parte dell’Europa e del mondo, non è immune alla razzializzazione. In effetti, i concetti della categorizzazione e della differenziazione circolano in modo latente nelle nostre comunità. Nel nostro paese, alcune forze o movimenti politici hanno fondato la propria esistenza sulla stigmatizzazione e sulla discriminazione in base a una o più variabili che si annidano nella razzializzazione. Questa politica, di chiara matrice razzista, ha sdoganato e normalizzato il linguaggio di odio e discriminazione fino a farlo diventare cultura sul piano sociale e istituzionale.
 

Editoriale
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12/6/2020
In effetti, le leggi sull’immigrazione (dai decreti sicurezza alla Bossi-Fini, tutt’ora in vigore in Italia) portano con sé l’istituzionalizzazione di questa deriva razzializzante che viola i valori sanciti dall’articolo 3 della nostra Costituzione che recita «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
 
Questa politica razzializzante schiaccia e soffoca le diversità e le pluralità (ovvero milioni di donne e di uomini in base al colore della pelle, all’appartenenza religiosa, all’orientamento sessuale, al genere, alla provenienza geografica e la classe sociale), impedendo loro di “respirare”.

A questo riguardo, i bambini nati o cresciuti in Italia gridano inascoltati da anni “non respiro”, perché sono soffocati dalla politica razzializzante che ha deciso di renderli stranieri a casa loro. Gli invisibili d’Italia gridano inascoltati da anni “non respiro”, perché sono soffocati dalla politica razzializzante che ha deciso, per opportunismo elettorale, di non farli emergere dalla loro condizione di invisibilità. Le persone che sfuggono dall’inferno libico gridano inascoltati da anni “non respiro”, perché sono soffocati e inghiottiti dal mar mediterraneo dinanzi all’indifferenza della politica razzializzante che ha deciso di sacrificare le loro vite sull’altare del consenso. Le donne e gli uomini della ricca diversità della nostra comunità gridano inascoltati da anni “non respiro”, perché sono soffocati dal peso della discriminazione. Gli esseri umani impoveriti, italianissimi e non solo, gridano inascoltati da anni “non respiro”, perché sono schiacciati dal peso di scelte politiche ed economiche che producono disuguaglianze e disparità sociali. 

Purtroppo, la conseguenza di questa asfissia sociale è il confinamento e il trascinamento di una massa di donne e di uomini nelle piaghe delle disuguaglianze sociali. Dinanzi a questo dramma sociale, una certa politica ha deciso di capitalizzare su questo disagio sociale allo scopo di costruire il proprio consenso basato sulla stigmatizzazione, sulla discriminazione e sulla costruzione del nemico pubblico.

Dall’altro lato, un’altra politica - antirazzista a fase alterne a seconda della comodità e dell’opportunismo politico - ha deciso di mantenere lo status quo. 

 La sfida odierna della politica alta e altra, soprattutto in questo particolare contesto di crisi sanitaria, consiste nel de-costruire il concetto disumano della razzializzazione e nel costruire una nuova coscienza collettiva capace di trascendere dalla perpetua contrapposizione tra razzisti ed antirazzisti e di valorizzare le diversità e le pluralità socio-culturali in tutte le loro articolazioni materiali ed immateriali. Come sosteneva Nelson Mandela, «la liberazione di tutti non comporterà un’altra dominazione razziale». Per contrastare tutte le «ragioni di discriminazione», come scriveva Norberto Bobbio, occorre liberare le nostre anime dallo spirito della razzializzazione che respira dentro ognuno di noi impedendo all’altro di respirare. È questo medesimo spirito che - nutrendosi del razzismo- ha ucciso George Floyd provocando così un’ondata di proteste di persone indignate in tutto il mondo.