Nostalgici del Duce, missini e anti-darwiniani: ecco chi si porta in Europa il deputato leghista
Il nuovo eurodeputato del Carroccio Vincenzo Sofo, compagno della nipote di Marine Le Pen, è arrivato a Bruxelles "grazie" alla Brexit. E ha formato una squadra di collaboratori con punti di riferiemento nell'estrema destra
Sovranisti, anti-evoluzionisti, nostalgici del Ventennio, fautori dell'abolizione del suffragio universale per l'instaurazione di una democrazia delle élites. Insieme all'eurodeputato calabro-milanese della Lega Vincenzo Sofo, catapultato in ritardo a Bruxelles e solo grazie alla Brexit, è arrivato di tutto. In struttura e a spese dell'Ue, Sofo ha portato anche chi l'Europa, quanto meno per come è concepita adesso, la vorrebbe distruggere. A partire dal suo storico mentore Fabrizio Fratus.
Nome noto nell'universo dell'estrema destra fin da quando militava nei ranghi di Fiamma Tricolore, presidente del comitato antievoluzionista e dell'associazione Narkas, impegnata tra le altre cose nella «ricerca delle tracce archeologiche dell'avvenuto diluvio biblico», Fratus è fondatore del Talebano, rivista e pensatoio della destra, con pantheon ideologico di riferimento che va dal teorico della destra putiniana Aleksandr Dugin all'ex Waffen SS belga Jean Thiriart. E a lui Sofo deve tutto o quasi.
DAL RISIKO ALLA REALTÀ È stato Fratus a trasformarlo in un volto pubblico della destra, mentre il giovane aspirante politico collezionava “consulenze” in Regione Lombardia e delusioni elettorali, non riuscendo mai ad andare oltre il municipio di zona 6 a Milano che aspirava a «trasformare nella New Orleans d'Europa». E magari è proprio per questo che ancor prima di arrivare fisicamente in Parlamento Europeo, Sofo ha scelto il suo mentore come assistente locale, cioè neanche tenuto a spostarsi dall'Italia.
Tutto è successo durante il lockdown, che ha visto Sofo «suo malgrado» bloccato nella tenuta in Provenza della bionda fidanzata Marion Le Pen e nonostante un tesserino da parlamentare europeo impossibilitato (ipse dixit) a muoversi. Cosa abbia fatto in quei mesi non è dato sapere. Ma tra una dichiarazione di guerra alla Turchia, con appello all'Europa a schierare l'esercito per la riconquista delle mascherine sequestrate, e un invito alla secessione amministrativa in tre macroregioni dell'Italia, adesso si scopre che ha lavorato. Quanto meno per sé e per i suoi.
L'ANTIDARWINISTA NOSTALGICO DEL VENTENNIO Zitto zitto, mentre l'Europa tentava di non farsi mettere in ginocchio dal Covid19, Sofo ha selezionato e schierato la sua squadra per Bruxelles. E di lui non si può certo dire che non sia uso a ripagare debiti politici o elettorali. A partire da quelli con Fratus. Uno di quelli che «il fascismo ha portato avanti valori importanti, e se non ci fosse stata la guerra sarebbe ricordato come un periodo sicuramente positivo», per cui confessa intervistato di «provare simpatia» sebbene adesso preferisca definirsi «comunitarista». Ufficialmente, si proclama oltre la destra e la sinistra, espressione tanto cara al terrorista nero Franco Freda, ma la nidiata ideologica è quella del social-fascista esoterico Julius Evola.
Quando ha incontrato Fratus, Sofo era il misconosciuto responsabile milanese di “Gioventù italiana”, la costola giovanile della Destra di Francesco Storace. Dopo il matrimonio di intenti con l'ideologo anti-evoluzionista, il cuore è rimasto nero, la casacca è diventata verde. Perfettamente in linea con il proposito dichiarato del Talebano: traghettare la galassia nera all'interno della Lega.
ABBASSO LA DEMOCRAZIA, VIVA L'EURASIA Una strategia teorizzata con tanto di documento, firmato anche da Andrea Gibelli, ex-deputato leghista ed ex numero due di Regione Lombardia e messo in discussione al congresso della Lega del 2014. In una cinquantina di pagine, con logo dell'occhialuto talebano sullo sfondo, si sviluppano i punti cardine del Fratus-pensiero, dal «dichiarare fallita la democrazia rappresentativa dei partiti e dei sindacati, lanciando la sfida per una democrazia delle élite» alla famiglia come «centro della società» perché «istituzione capace di riprodurre e perpetuare, sia sul piano biologico sia su quello culturale, caratteri quali l'esclusività, la stabilità, la responsabilità, la disciplina e l'apprendimento di valori». E poi autoproduzione e autoconsumo, più l'intento dichiarato di voler «combattere il progresso economico e sociale degli ultimi 20 anni, che ha portato alla disgregazione dei popoli e alla morte dello spirito comunitario e sociale».
Fratus scrive e Sofo parla per diffondere il verbo. Incluso sull'Ue, in cui ha sgomitato per entrare ma vorrebbe insieme al suo mentore smantellare. Euro incluso, ovviamente. Sul punto, l'ideologo di riferimento è l'ex Ss belga Jean Thiriart, con la sua “teoria geostorica dell'Eurasia”, che in nome di una «geografia sacra» - una sorta di concezione metafisica del mondo comune a tutti i popoli – sogna un blocco unico da Lisbona a Vladivostock, a trazione russa.
DA DUGIN A PEGIDA, IL PANTHEON NERO DELL'EURODEPUTATO Idee che, con qualche sfumatura, oggi hanno in Aleksandr Dugin il proprio alfiere più noto e quello meno noto, quanto meno fuori dalla galassia nera, nel francese Alain de Benoist, teorico di “quell'Europa dei popoli”, in cui i diritti dell'uomo lasciano il posto a quelli del sangue e della tradizione, santificata dal Talebano con un convegno a Roma nel 2015. Ospite d'onore, Matteo Salvini. Tra i partecipanti, delegazioni del movimento di estrema destra francese Bloc Identitaire e del movimento islamofobo tedesco Pegida (Europei patrioti contro l'islamizzazione dell'Occidente).
Tutte anime più o meno dichiarate dell'associazione Patriae, che Fratus e Sofo sognano punto di riferimento e grande casa per gli euroscettici. Un fronte che sulla carta va dall'ungherese Viktor Orban alla francese Marine Le Pen, zia della compagna di Sofo, e in Italia piace anche ad alcuni pezzi o ex dei pentastellati. Adesso il neoeurodeputato e il suo mentore potranno lavorarci direttamente da Bruxelles e forse anche per questo Sofo non ha dimenticato chi in Calabria lo ha aiutato a raccogliere i voti che lo hanno catapultato lì.
I nomi sono meno noti, ma il brodo di coltura ideologico è sostanzialmente il medesimo. Almeno un paio arrivano dal vivaio del missino Alfredo Iorio, nome noto dell'estrema destra romana, negli ultimi anni tornato a farsi notare in Calabria. È stato lui uno dei king-maker della campagna calabrese di Sofo per le europee, tra tour per santuari e iniziative con Casa Pound e associazioni affini. Per il neoeurodeputato calabro-milanese, Iorio sembra aver lavorato meglio che per se stesso.
LA SQUADRA(CCIA) DI BRUXELLES Nel 2016, da candidato sindaco della Capitale con la lista “Patria”, non è andato oltre lo 0,2 per cento, raccogliendo scarsi 2.600 voti. In quell'avventura, ad accompagnarlo c'era un altro perfetto sconosciuto, quanto meno fuori dalla galassia nera, oggi chiamato alla corte di Sofo. Si tratta di Gianmarco Oddo, da tempo nel giro del Talebano scelto dal neoeurodeputato come assistente accreditato. Però a metà.
Sebbene appena laureato, il giovane virgulto della destra capitolina era già volato in Europa al seguito di Antonio Maria Rinaldi, figlio di una nobile famiglia romana, in passato direttore generale della Sofid, la finanziaria dell'Eni, poi riciclatosi professore di atenei come la Link University, che tuonando nei salotti tv ha cercato di ritagliarsi un ruolo da portavoce delle periferie, a suo dire schiacciate da Bruxelles. In passato fondatore di un micropartito sovranista, spesso ospitato sulle colonne del giornale di Casa Pound “Il primato nazionale”, grazie alle pirotecniche apparizioni in tv e ai tweet al limite dell'insulto, Rinaldi è diventato il frontman dei no euro, prima di volare a Bruxelles sotto le bandiere del Carroccio. Un pedigree, quanto meno ideologico, non poi così diverso da quello di Sofo, con cui adesso gli tocca dividere l'assistente.
Vanta sfortunate avventure elettorali anche Niccolò Fracchia, scelto da Sofo come terzo erogatore, sostanzialmente il tecnico deputato a vigilare sul rispetto delle disposizioni in materia di previdenza sociale e regime fiscale. In passato è stato candidato alle amministrative di Roma con “Il popolo della vita” di Adinolfi, ma il suo cuore – confessa su twitter – batte per il Mse, movimento sociale europeo (MSE), animatore di un nuovo coordinamento internazionale di camerati e skinhead, che può contare sull'adesione di estremisti fiamminghi, corsi, belgi, spagnoli, francesi, greci. Ha fatto carriera invece nell'Ugl giovanile di Potenza Giulio Salvatore, che da segretario della giovanile del sindacato di destra ha offerto a Sofo incontri, platea e presumibilmente voti nel corso dell'ultima campagna elettorale. E adesso è volato con lui a Bruxelles come assistente accreditato.
LE RETROVIE CALABRO-EUROPEE Sono stati invece lasciati a organizzare le retrovie Gaetano Amendola e Federico Cocco, balia del candidato di Sofo alle ultime regionali, l'ex presidente di Coldiretti in Calabria, Pietro Molinaro. Catapultato in Regione in quota Lega, Molinaro ambiva all'assessorato all'Agricoltura ma è stato beffato, secondo indiscrezioni, con il valido aiuto di pezzi del suo stesso partito, che di lui si fida fino alla curva. Ed è partita la guerra. Con i sofiani, che per bocca di Iorio, bollano Salvini come «nuovo Garibaldi» e cannoneggiano la Lega, mentre sono impegnati nella costruzione di “Calabria prima di tutto”, nuova formazione politica a cui l'eurodeputato “talebano” piace, ma la Lega no.
Cresciuto nei ranghi del Fronte della gioventù, Furgiuele con il tempo si è scoperto leghista, senza mai rinnegare il passato da nostalgico del fascio littorio. Con Sofo e i suoi si sono amati e odiati a fasi alterne, ma adesso – pare – i due vivano una nuova stagione di concordia, magari in nome della comune matrice nera.
Del resto, il progetto dichiarato dei talebani di Sofo è stato fin dal principio «rinnovare il progetto leghista in chiave identitaria nazionale» e per riaggregare «attorno al progetto salviniano la dispersa area della destra politica italiana in modo da arrivare alla nascita di un nuovo grande movimento identitario». E a quanto pare ci stanno ancora lavorando.