L’industriale ed editore consegna al pm Di Pietro, nel maggio 1993, una memoria con l’ammissione che il suo gruppo ha dovuto versare circa 20 miliardi di lire dal 1987 “al regime prevaricatore dei partiti”. «I ministri perseguitavano l’azienda»

Tra l'autunno 1992 e la primavera 1993 anche il gruppo Olivetti entra nelle indagini di Tangentopoli, prima per le forniture di alcune società controllate alle aziende pubbliche dei trasporti, poi per gli appalti del ministero delle Poste. Domenica 16 maggio 1993 Carlo De Benedetti consegna personalmente ai pm Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e Paolo Ielo, nella caserma di via Moscova dei carabinieri di Milano, un memoriale di undici pagine, con l’ammissione che diverse società del suo gruppo hanno versato, «a partire dal 1987», finanziamenti illeciti per circa 20 miliardi di lire ai collettori e tesorieri della Dc, Psi, Psdi e Pri. L’industriale precisa che «i versamenti estero su estero provengono da entità non comprese nel perimetro di consolidamento del gruppo».

 

L'allora editore di Repubblica e dell'Espresso, facendo queste ammissioni, ricorda che il gruppo Olivetti era stato osteggiato per anni dall’ex premier socialista Bettino Craxi e da vari ministri e si dichiara vittima di «un regime politico prevaricatore»: «Ho più volte resistito, ma mi sono rassegnato a cedere solo per difendere la sopravvivenza dell’impresa e l’interesse di decine di migliaia di dipendenti e azionisti».

Nel memoriale di De Benedetti non manca una polemica a distanza con Cesare Romiti e altri capitani d’industria: «Potrei cercare paraventi nella complessa gerarchia aziendale», rivendica l'ingegnere, «ma la mia scelta è di assumermi per intero le mie responsabilità e quelle dei miei collaboratori».