Dal database di Icij spuntano i nomi di società inedite delle Isole Vergini Britanniche gestite dagli uomini della famiglia Agnelli-Elkann. La difesa degli Elkann: «La cassaforte FancyDance? Tutto regolare e fondi già dichiarati al fisco»

Dai Panama Papers, parte seconda, emergono nuove società offshore, finora sconosciute, che risultano essere collegabili a John Elkann. Si tratta di compagnie anonime – collocate nei più rinomati paradisi fiscali – inedite e diverse dalle società estere già identificate e menzionate negli atti giudiziari dell'indagine di Torino sulle presunte frodi fiscali imputate all’attuale numero uno del gruppo Exor e presidente di Stellantis, che in Italia controlla quella che fu la Fiat. I documenti scoperti da L’Espresso svelano dunque un’altra parte, segreta fino a oggi, delle tesorerie esotiche ereditate da John e dai suoi fratelli, Ginevra e Lapo.

La più intrigante di queste compagnie ha un nome fantasioso, Fancydance Trading Inc: è una società a tassazione zero con sede alle British Virgin Islands (Bvi). Viene costituita il 3 luglio 2008 dalla filiale locale di Morgan & Morgan, una fabbrica internazionale di offshore con base centrale a Panama City. Nel 2013 la gestione passa a Mossack Fonseca, lo studio finito al centro dei Panama Papers, l’inchiesta sui paradisi fiscali coordinata dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij), di cui fa parte L’Espresso.

La Fancydance è una società totalmente anonima: il nome del titolare viene tenuto segreto perfino ai gestori panamensi. A schermare l’ignoto proprietario è Johannes Matt, che lavora in Lichtenstein e oggi viene indicato negli atti giudiziari italiani come fiduciario della famiglia Agnelli-Elkann. Nel decreto che nel settembre scorso ha disposto il sequestro di oltre 74 milioni di euro, i magistrati di Torino scrivono, tra l’altro, che «Matt era anche amministratore dei conti intestati alla Silver Tioga Company delle Bvi e accesi alla banca Morgan Stanley di Zurigo, tutti riconducibili a Marella Caracciolo», la vedova di Gianni Agnelli. Era lui, insomma, a gestire almeno un’altra offshore, sempre alle Isole Vergini, che custodiva soldi della nonna di John Elkann.

Come rappresentante del misterioso azionista della Fancydance, negli atti societari compare solo uno studio, Tremaco, che da anni è un punto di riferimento in Liechtenstein per la famiglia Agnelli-Elkann. E come direttore della offshore, dal 2012, è registrato Christian Bolleter che a quel tempo lavorava proprio per Tremaco: i giudici torinesi lo definiscono «uomo di fiducia di John Elkann».

Il capitale sociale di Fancydance è diviso in diecimila azioni, che non hanno un valore nominale prefissato, per cui può fluttuare nel tempo. Sempre nel 2012, tutte le azioni passano a un fondo estero, chiamato Conegliano Private Equity. Otto mesi dopo, nel 2013, vengono trasferite in un’altra cassaforte finanziaria del Liechtenstein, denominata Bendel Fund. Entrambi i fondi portano ancora una volta a John Elkann.

È una traccia che parte dall’eredità di Gianni Agnelli. Il signor Fiat per primo aveva un ricchissimo patrimonio estero non dichiarato al fisco, stando alle odierne indagini torinesi che lo quantificano in oltre due miliardi di euro. Alla sua morte, nel 2004, una grossa fetta viene convogliata in due trust delle Bahamas, con nomi simili (The Providenza e The Providenza II), che hanno come beneficiaria Marella Caracciolo, vedova ed erede dell’Avvocato. Come beneficiari secondari vengono registrati i fratelli John, Ginevra e Lapo Elkann che nel 2019 ereditano così l’intera fortuna di nonna Marella, compreso il suo tesoro offshore. Secondo le indagini, però, almeno dal 2014 è il nipote John a controllare il patrimonio delle Bahamas e a farlo fruttare attraverso un fondo controllato (sub-fund) lussemburghese, denominato Multiasset, gestito dalla società finanziaria Private Wealth Management Global e creato dalla banca privata Pictet. Una cassaforte estera che, nel 2023, custodisce investimenti per un valore complessivo di 718 milioni di euro.

Il «sotto-fondo» lussemburghese, stando alle carte, inizia l’attività sempre nel 2014 ed è alimentato esclusivamente dai due trust delle Bahamas. Ebbene, tra i maggiori investimenti, spiccano proprio i fondi Conegliano, con una puntata da 18 milioni di euro, e Bendel, con altri 33 milioni. Cifre che continuano a crescere, almeno fino al 2020. Inoltre, come ha ben ricostruito il giornalista Fabrizio Massaro di Milano Finanza, entrambi i fondi vengono gestiti da fiduciari della famiglia Elkann. Conegliano è un veicolo americano che risulta guidato, fra il 2014 e il 2018, da Noam Ohana, oggi a capo di Exor Seeds, l’incubatore di start-up degli Agnelli-Elkann. Mentre Bendel Fund, con base in Liechtenstein, ha come amministratore il finanziere Christian Bolleter: l’uomo di fiducia di John Elkann. È lui stesso, in un’email trascritta nel decreto del tribunale di Torino, a definire così i due manager: «Christian e Noam sono le persone che lavorano sui nostri investimenti personali diretti e in fondi». Un doppio legame, l’ennesimo, con la offshore delle Isole Vergini.

Le carte di Panama non specificano l’attività della Fancydance. Di sicuro investe parecchio danaro, se si considera che il sotto-fondo controllato dagli Elkann dichiara, nel 2017, di attribuire un valore di 92 mila euro a una quota di appena lo 0,04% della società delle Bvi, che dovrebbe quindi avere un patrimonio netto di 231 milioni. Una cifra che appare confermata fino al 2019, quando velocemente e parallelamente la famiglia disinveste sia da Fancydance sia dai fondi di private equity Conegliano e Bendel, quelli che ne erano stati azionisti.

Contattato da L’Espresso, l’ufficio stampa di John Elkann ha confermato questa ricostruzione, sottolineando che lui non ha commesso alcun illecito. «Fancydance Trading Inc rientra nelle partecipazioni di un fondo d’investimento che i fratelli Elkann hanno regolarmente inserito nelle loro dichiarazioni fiscali dall’anno del decesso della nonna Marella Caracciolo Agnelli (2019). I fratelli hanno regolarmente adempiuto ai propri obblighi dichiarativi su ogni partecipazione detenuta», è la risposta integrale. In altre parole, l’offshore era della nonna. E il suo patrimonio netto è stato ricompreso nella comunicazione del valore complessivo delle ricchezze custodite nel fondo estero Multiasset ed ereditate dai suoi nipoti.

La proprietà di quella società-cassaforte è però rimasta misteriosa fino all’ultimo, come dimostra un altro carteggio riservato. Nel 2016, quando scoppia lo scandalo dei Panama Papers, lo studio Mossack Fonseca si vede accusare in mezzo mondo di aver violato le norme antiriciclaggio, che imporrebbero di registrare i nomi dei titolari effettivi delle offshore e chiarire l’origine dei loro fondi. A quel punto gli avvocati di Panama cercano di correre ai ripari: scrivono lettere urgenti a tutti i fiduciari, chiedendo di identificare i loro clienti e giustificarne le ricchezze. Quindi una funzionaria di Mossack Fonseca chiede lumi sulla Fancydance, rivolgendosi ai suoi rappresentanti formali, che lavorano per il gruppo Morgan & Morgan, ma nella filiale del Belize. Il risultato è il massimo dell’oscurità: nessuna risposta. Mossack Fonseca è costretta ad annotare che il titolare della Fancydance rimane «ignoto». Nell’aprile 2017 lo studio di Panama registra quella offshore come «società dormiente» e poi chiude il rapporto con i fiduciari del Belize, invitandoli a cercarsi un altro studio internazionale.

I Panama Papers rivelano l’esistenza anche di altre compagnie offshore finora sconosciute, collegate a diversi esponenti della famiglia divisa da anni di liti. Vilanda Capital Limited è il nome originario di una società delle solite Isole Vergini Britanniche controllata da Margherita Agnelli, la figlia di Gianni e Marella. Tra i suoi documenti, lo studio di Panama ha conservato una sentenza del 2012, finora inedita, che chiude un processo in Lussemburgo. È una delle prime cause civili da lei intentate a partire dal 2007, in Italia e all’estero, contro i tre figli, i fratelli Elkann, nati dal suo primo matrimonio. Quella vertenza riguarda una piramide di almeno cinque società estere, con sedi dal Delaware alle Isole Vergini, tutte anonime. Margherita Agnelli ha acquisito il controllo della capogruppo nel 2004, dopo la morte del padre e il successivo accordo ereditario (poi rinnegato) con la madre. I suoi legali contestano di aver scoperto che una società cassaforte, chiamata Buckingham Talcott Inc, «è stata liquidata e tutti i suoi beni sono stati assegnati alla Exor Group», accusata di aver tenuto nascoste quelle carte. Il tribunale respinge le richieste della Vilanda, spiegando che «la liquidazione era stata decisa dagli azionisti dell’epoca di comune accordo». Da notare che in tutta la sentenza, scritta in francese, non viene nominata nessuna persona fisica, solo le rispettive società, tutte intestate a fiduciari e mai emerse fino a oggi.

Nel dicembre 2022, Margherita Agnelli è tornata a denunciare John, Lapo e Ginevra Elkann, questa volta alla Procura di Torino, accusandoli di avere nascosto all’estero una grossa parte dell’eredità, attraverso i trust delle Bahamas (e finti regali di gioielli milionari della nonna) e di avere così frodato anche il fisco italiano. Adesso i giudici italiani, per la prima volta, le danno ragione, almeno per ora. Beninteso: in attesa dei futuri processi, John Elkann e tutti gli altri indagati vanno considerati innocenti.