Da Assisi, per l'Umbria. La scommessa di Stefania Proietti, la sindaca ingegnera che strappa il passato

Sanità pubblica, grinta, Cantico delle Creature. E una coalizione larghissima per strappare la regione alla destra. «La politica deve avere le persone, con sé»

A guardare in fotografia la sua cura ai dettagli, il tailleur pantaloni, i capelli, il rossetto, i cinque braccialetti, la piccola croce smeraldo, non si direbbe che Stefania Proietti sia capace di quella grinta da donna di montagna che, invece, dal vivo le sprizza fuori pure dalle mani. La candidata civica del centrosinistra in Umbria, dove si vota il 17 e il 18 novembre, dell’alleanza che non c’è ma qui c’è – e c’è ad Assisi, che lei governa da otto anni con tutti dentro, senza l’ombra di veti – le allarga fino alla punta delle dita, al teatro Pavone a Perugia, per abbracciare tanti che sono con lei a presentare il programma, primo punto la sanità pubblica, secondo il lavoro, terzo i giovani. Le arrotonda a cuore, nelle foto collettive. Le alza perentoria, la sindaca ingegnera, quando vuole farsi sentire dalla folla e non ha il microfono, col palmo aperto verso il cielo, tipo Superman o tipo preside. Le chiude, le mani, per strappare il grande foglio con stampate sopra tre righe del vecchio programma dell’avversaria, Donatella Tesei, governatrice leghista uscente che nel 2019 annunciava di voler puntare sul privato e sul modello lombardo («sarà strategico potenziare il tasso di coinvolgimento del privato che in Umbria è pari a meno di 1/3 di quello della Lombardia»). Ma l’Umbria, dice Proietti, «ha bisogno della sanità pubblica, non della sanità privata»: e allora strappare è la risposta a una disperazione, il segno di un ascolto che fa impazzire la destra (l’attacca persino il sindaco Stefano Bandecchi, il Trump di Terni, figurarsi) e viene invece accolto dal suo pubblico tra gli applausi, anche un po’ sorpresi, per chi dalla sindaca di Assisi si aspettava forse più continenza.

 

E forse quest’estate, quando in fila, ciascuno di un partito diverso, andavano anche in ventiquattro a chiederle di candidarsi, neanche lei si sarebbe immaginata di vorticare così le mani, e i gesti. Ma c’è poco di prevedibile in questa campagna elettorale umbra, che a un certo punto di settembre per l’opposizione sembrava da percorso netto e invece ora è fatica d’avanzare palmo a palmo, specie dopo la sconfitta di misura in Liguria. Non per niente Proietti ha sempre avuto il sogno di scalare l’Everest: eccolo, l’Everest. C’è un fantasma da neutralizzare, una ex regione rossa da provare a riconquistare: proprio qui, dopo una stagione di governo regionale finita in tribunale, l’alleanza tra Pd e M5S fu sconfitta nel 2019, non certo a sorpresa ma per la prima volta, un mese e mezzo dopo il giuramento del governo Conte 2. E la destra, che sfiorò il 60 per cento, non è in salute però governa, da allora. Magari lontana dalla gente: «Ma è davvero lei? L’ho sempre vista in televisione, è la prima volta in carne ed ossa», ha esclamato domenica una signora coi capelli bianchi, guardando la governatrice Tesei passare per le strade di Montone (Perugia) durante la Sagra del tartufo. Lontana, ma maggioranza: alle Europee qui c’erano 4 mila voti di differenza, tra centrodestra (187 mila) e centrosinistra (183 mila), senza considerare Alternativa popolare di Bandecchi che prese poco più di 7 mila voti e che adesso ha stretto accordi con Meloni. Risultati contraddittori: sempre a giugno, la sinistra ha riconquistato Perugia, come aveva già fatto con Spoleto, la destra ha perso a Montefalco, che era stata governata da Tesei. E vota più gente della media nazionale: l’ultima volta il 60 per cento.

 

Adesso è tutto nelle mani, ancora una volta, di una donna chiamata a fare la magia. Come Schlein per il Pd, in Sardegna Alessandra Todde, a Perugia Vittoria Ferdinandi. Stavolta il profilo è ancora diverso. Proietti è una cattolica, vicina alla curia, ha scelto di entrare in politica durante un convegno in via Caetani, la strada dove fu ritrovato il cadavere di Moro, ha guidato per quasi otto anni una città storicamente a destra, ha come faro San Francesco e il Cantico delle creature («a chi ci dice che non si possa utilizzare, ricordiamo che c’è scritto: servire gli ultimi con umiltà»), il pacifismo, l’ambientalismo, la lotta contro la mercificazione, cita La Pira, telefona al cardinale Zuppi, ha una corrispondenza con papa Francesco. Qualche settimana fa, dopo polemiche per le posizioni su fine vita e aborto, ha pragmaticamente messo in primo piano il suo profilo di amministratrice, di sindaca. Con un punto fermo: «La miglior risposta che può avere la politica è avere le persone, con sé». 

 

E certo, se il metro sono le persone può sembrare uno spot fatto apposta – invece è la realtà – la sfilata cui si assiste in un sol giorno davanti all’Ospedale Media Valle del Tevere, a Pantalla, frazione di Todi, costato 40 milioni di euro, finito nel 2011, destinato, secondo i piani della governatrice uscente e del suo assessore alla Sanità, il leghista veneto Luca Coletto voluto da Salvini, a farsi ospedale di comunità e di fatto già svuotato di ogni funzione. «Un fantasma, io mi ci sono potuta curare, mio figlio non ha fatto in tempo. Neanche più le analisi si possono fare», protesta una signora. Davanti a quell’ospedale, la mattina di sabato 2 novembre Tesei si presenta per dire davanti a una telecamera che l’ha rilanciato: c’è lei, la nebbia e dieci persone. Il pomeriggio, con un sole quasi estivo che sa di beffa, almeno duecento persone accolgono Proietti, e la segretaria dem, mentre i Comitati civici dicono «basta a essere deportati» negli altri ospedali, a Branca o Città di Castello, e l’ex primario di Ostetricia (hanno chiuso il punto nascita) Vinicio Martinoli che racconta come sia candidato civico per Proietti: perché, dice, non può vedere trattare così la sanità pubblica. Snocciolano i dati della fondazione Gimbe, secondo cui in Umbria un paziente su 10 rinuncia alle cure, calcolano che si spendono 18 milioni per curare gli umbri fuori dall’Umbria, che un medico su due è in burnout. Mentre il piano sanitario regionale non c’è, e così anche il turn over. Racconta Tommaso Bori, capogruppo uscente del Pd, che delle 80 mila «prestazioni sanitarie sospese», 43 mila sono state «acquistate dal privato, tramite bando».

 

È più chiaro che in altri luoghi, quel che accade. Il pubblico, il privato, interessi diversi che si accalcano attorno al potere, e a chi ce l’ha. Secondo modalità che sono lo stile della casa, nel centrodestra.

È simbolico, anche se ormai penalmente irrilevante, il cosiddetto “Tartufo gate”, che ha coinvolto e poi archiviato la governatrice e la sua assessora al Bilancio: l’inchiesta riguardava un bando da 10,7 milioni di euro per la costituzione della “filiera umbra del tartufo”, al quale ha partecipato (ottenendo 4,8 milioni) anche l’azienda del marito dell’assessora Paola Agabiti, azienda per la quale lavora il figlio di Tesei. Tutto chiuso dopo che la riforma Nordio ha abrogato il reato di abuso d’ufficio. Anzi «il caso non esiste», ha rimarcato la governatrice. Il comportamento resta tuttavia esemplare dell’epoca.

 

Sono i giorni, questi, della processione dei ministri e sottosegretari che in ogni parte dell’Umbria, tipo re magi, portano in regalo promesse di opere e iniziative – mentre, come ricorda Walter Verini, c’è stata una completa «latitanza» per costruire ad esempio un patto di politica industriale attorno alle acciaierie di Terni. E tra gli altri spicca quello di Matteo Salvini. Giusto un mese fa, il ministro dei Trasporti ha annunciato di aver deciso col relativo tavolo tecnico che la nuova stazione dell’alta velocità ferroviaria Medioetruria si farà a Creti, frazione di Cortona vicina al confine con l’Umbria (invece che ad Arezzo): giusto in tempo per far dire a Tesei, proprio nel giorno della sua ridiscesa in campo, che «la decisione finalmente aprirà all’Umbria le porte per l’accesso all’alta velocità». Poi magari, visto che nel 2025 si voterà in Toscana (e la Regione è contraria alla soluzione Creti), al ministero delle Infrastrutture potranno pure cambiare idea. Dopotutto anche il Ponte sullo Stretto doveva esser avviato entro il voto per le Europee di giugno, poi non se ne è saputo più nulla.

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