Era il simbolo del buon modello emiliano. Ora è un Comune affondato nei debiti, al centro di molte inchieste giudiziarie. Mentre tutti i progetti (alcuni megalomani) si sono fermati

A Parma sotto il portico del Grano, accanto alla sede del Comune, un maxischermo trasmette da Busseto la prima dell'Attila per una quarantina di melomani. Gli altoparlanti diffondono la musica per le vie del centro e i loggionisti del Regio, i più severi del mondo, annuiscono con soddisfazione. Qui Attila significa Giuseppe Verdi e il suo festival, che occupa tutto il mese di ottobre.

Nella città di Maria Luigia, l'avatar finanziario di Attila ha le sembianze gentili di Calisto Tanzi, nonnino bancarottiere che va a prendere i nipoti a scuola salutato con cortesia dai concittadini. Oppure di Matteo Cambi, il creatore del marchio Guru, affidato ai servizi sociali dopo il carcere per il crac della sua azienda.
Sfortunatamente, i metodi degli avventurieri privati hanno contagiato anche i conti pubblici. "Se certe cose succedessero a Catanzaro, farebbero scandalo su tutti i giornali nazionali. Succedono a Parma e nessuno ne parla". Lo dice Elvio Ubaldi, ex sindaco di centrodestra per nove anni, e oggi picconatore indefesso del suo successore Pietro Vignali.

Il catalogo è questo. Quattro inchieste della pur mite magistratura locale (tangenti Enìa, metropolitana, Stt-Tep e riqualificazione Pasubio). La Guardia di finanza ai lavori forzati per sequestrare e studiare montagne di carte. Una situazione debitoria delle casse municipali che nessuno conosce. La Lega Nord parla di 250 milioni di euro per le sole spa controllate dal Comune attraverso la holding Stt. Il Pd parla di 400 milioni di euro. La Stt ne ammette 175. L'esposizione totale della città (170 mila abitanti) sarebbe intorno ai 600-700 milioni. Dall'inizio dell'anno i fornitori ricevono i pagamenti con il contagocce e le gare per i servizi pubblici vanno spesso deserte. "In diciotto mesi sono stati emessi 30 milioni di euro di Boc", dice il capogruppo democratico in Comune Giorgio Pagliari. La Stt, invece, aveva studiato un'emissione obbligazionaria da 100 milioni di euro niente meno che negli Stati Uniti attraverso Armonia sim di Fabio Arpe.

In ordine di tempo, è il caso più recente. E minaccia di far saltare gli equilibri, non solo locali. La storia, nella sua torbidezza, è lineare. Tep è l'azienda di trasporto pubblico, a lungo presieduta da Andrea Costa. Costa è un ex dirigente Barilla, come non pochi da queste parti, con una spiccata vocazione al risparmio. Anzi, come ha detto lui, ai risparmi di una vita che gli sono serviti per comprare tre tenute vitivinicole da oltre 20 milioni di euro complessivi.

Ex uomo di Ubaldi, Costa continua l'ascesa con il sindaco Vignali che crea e gli affida la Stt, holding di partecipazioni comunali. Alla Tep è nominato Tiziano Mauro, consulente e vicino di ufficio di Costa. A maggio del 2009 Mauro prova l'irresistibile impulso di versare 8,5 milioni di euro della Tep sui conti di Banca Mb, creatura di Fabio Arpe. Azionista ed amministratore di Mb è Costa che ha investito 3,6 milioni nell'istituto. Alla girata degli 8,5 milioni Mb ha un'ispezione di Bankitalia in corso.
Due mesi dopo il versamento, la banca viene commissariata per gravi irregolarità. La Tep prova a riprendersi i soldi ma ottiene soltanto 1 milione. Il resto viene bloccato dai commissari e chissà per quanto. Mauro si è dimesso, Costa no e la Procura indaga sia sul versamento sia sul prestito milionario che Costa ha ricevuto dalla stessa Mb dopo l'arrivo dei soldi della Tep.

Insomma, Parma come Catania e Taranto, con un tocco di megalomania in stile Dubai. "È stato proprio l'ex sindaco Ubaldi a dare il via a questo sistema", dice Arrigo Allegri, animatore di comitati civici e censore della grandeur che voleva trasformare la città di Maria Luigia in un nuovo agglomerato da 400 mila persone.
Le tracce della Parma in stile Emirati Arabi sono ancora visibili nei quartieri a sud della città, verso via Traversetolo, dove una foresta di gru realizza case, uffici, mall e quei capannoni insensati che si stanno mangiando terreni agricoli di pregio lungo tutta la via Emilia. "Qui si parla di Food Valley e di eccellenza alimentare", dice Nicola Dall'Olio, autore del documentario "Il suolo minacciato", "ma gli ultimi dati di espansione urbana per la pianura parmense parlano di oltre 3 mila ettari fra il 2006 e il 2008, al ritmo pazzesco di quattro ettari al giorno".

Ma i danni non si limitano alla periferia. Basta scendere alla stazione Fs, civettuolamente ribattezzata temporary station (10 milioni di debiti comunali accertati), oppure andare poco oltre la ferrovia verso la zona di trasformazione urbana via Pasubio (50 milioni di debiti comunali accertati). O infine guardare l'orrore della Ghiaia, la storica piazza del mercato trasformata in una stazione astronavale grazie a una tettoia in vetro che, d'estate, diventa uno specchio ustore per i palazzi vicini.

Ubaldi dice di essersi pentito ed è giusto credergli, com'è giusto prevedere che nel 2012 si ricandiderà sindaco. Il suo progetto di metropolitana (due linee per 30 chilometri e 320 milioni di euro di investimenti messi da Stato e Comune) è stato accantonato. Non serve. Peccato che le spese dell'appalto mancato, del progetto e dell'utile ipotetico andranno pagate ai vincitori della gara, il binomio di ferro fra il costruttore parmigiano Paolo Pizzarotti e le cooperative rosse. Il conto totale dell'operazione è di 35 milioni di euro. "Tutto questo", insiste Ubaldi, "senza che le imprese abbiano mosso cazzuola. Come mai? Lo Stato affamato di soldi risparmia circa 150 milioni ma rinuncia alla sua programmazione". La metro parmense nasce sotto l'ombrello della legge Obiettivo del 2001, la mappa dei sogni infrastrutturali berlusconiani. E oggi chi si appella alla legge Obiettivo? La rossa regione Emilia Romagna che è favorevole alla metropolitana e ha presentato ricorso alla Corte costituzionale contro lo stop all'opera dato da Gianni Letta e Giulio Tremonti.

Il sindaco Vignali non si è opposto. Parte degli industriali, che controllano l'informazione locale attraverso la "Gazzetta di Parma" e "Parma tv", continua a sostenerlo. Primo fra tutti, Marco Rosi, il proprietario di Parmacotto. E non è appoggio da poco. Guido Barilla è un po' meno contento. Il nuovo inceneritore sorgerà vicino al suo stabilimento, a fianco dell'Autosole. Ma l'inceneritore sarà più difficile da bloccare della metro. La multiutility Iren, dove si è fusa Enìa, ci ha già investito 100 milioni di euro ed è quotata. Con l'ex municipalizzata emiliana c'è poco da scherzare.

Il più arrabbiato con il sindaco sembra proprio Pizzarotti, che voleva costruire la metropolitana per rafforzare il curriculum in vista di gare internazionali. Ma il costruttore si può consolare, oltre che con l'indennizzo, con un'altra struttura avveniristica. È il Ponte a Nord sul torrente Parma, una sorta di Ponte Vecchio di Firenze che nel rendering ricorda il Terminal 3 dell'aeroporto di Dubai. Un'altra navicella spaziale, insomma, alla ricerca di un'immagine modernista di cui pochi a Parma sentono il bisogno.

Ma il look è centrale nelle preoccupazioni dell'amministrazione. In via Farini, o meglio Strada Farini perché nel centro di Parma le vie si chiamano tutte Borgo o Strada, c'è la movida tre giorni a settimana (mercoledì, venerdì e sabato). Sono state approvate sanzioni per chi fa pipì e si droga in pubblico. Molto ben strutturata anche la comunicazione. "L'espresso" ha parlato con una mezza dozzina di addetti stampa nel tentativo fallito di avere un appuntamento con il sindaco (500 mila euro l'anno il costo della struttura). All'ufficio stampa si deve aggiungere la consulenza di Klaus Davi, il public relation man svizzero che propaganda in grande stile il quoziente Parma, un modello matematico applicato alle tariffe sui servizi pubblici, e l'alto tasso di integrazione degli immigrati in città. Non mancano le soubrette. Questo mese il sindaco si è esibito alle prime dei Vespri siciliani e del Trovatore in compagnia delle showgirl Rossella Brescia e Sara Tommasi, della scuderia di Lele Mora, mentre ha appena levato le tende la produzione del film "Baciato dalla fortuna", girato in città.

Passa attraverso l'immagine anche lo sforzo di rilanciare la zona dell'Oltretorrente, la città vecchia che subisce le tensioni della convivenza con gli extracomunitari e la chiusura progressiva dei negozi di via Bixio. In estate è stato inaugurato lo Hub café. È costato 500 mila euro al Comune che l'ha lanciato come "caffè o hub della creatività". L'apporto creativo del locale consiste in un angolo per il book crossing e in qualche foto d'arte appesa alla vetrata. Il resto è cappuccini e brioches o, secondo l'orario, patatine e mojito. Si direbbe un bar come un altro, salvo che il proprietario è il sindaco e lo ha affittato al panificatore Castagnoli per 6 mila euro all'anno (500 al mese). Un canone forse creativo, di certo poco adatto a sostenere le casse municipali.

Le stesse banche con base in città hanno le loro difficoltà a foraggiare la politica scintillante della giunta. Cariparma fa parte del gruppo francese Crédit Agricole, che ha imposto criteri di affidamento poco teneri con la dolce vita finanziaria locale. Banca Monte, dopo essere stata coinvolta nei crac Tanzi e Burani, ha appena evitato di giustezza il commissariamento con l'arrivo dei nuovi padroni di Intesa Sanpaolo. Nel più grande istituto di credito italiano le magagne locali si vedranno meno e si potranno sistemare più in fretta.

Del resto, è già in arrivo la prossima genialata della finanza creativa che sostituirà i danni causati ai Comuni dai derivati con danni nuovi di zecca. Si chiama leasing in costruendo. La città ducale se ne vuole servire per realizzare un nuovo palazzo dello sport da 45 milioni di euro nella zona nord. Funziona così. Il Comune decide di costruire. Non ha i soldi. Bandisce una gara fra banche. La vincente realizza l'opera attraverso i suoi costruttori di fiducia, poi la dà in leasing al Comune. Vantaggi per la banca: il leasing rende più di un mutuo. Vantaggi per il Comune: il taglio del nastro inaugurale e il pagamento dilazionato. Perché poi una banca debba fare il contractor per conto del Comune non è chiaro. Né è chiaro a che cosa serva qui un palazzo dello sport da 45 milioni di euro dato che non ci sono squadre in grado di riempirlo e che persino ai tempi del grande Parma di Tanzi, con in campo Buffon, Crespo, Cannavaro e Asprilla, lo stadio Tardini faceva il tutto esaurito tre volte all'anno, sì e no.

Erano i bei tempi delle plusvalenze fasulle. Nel calcio sono state eliminate. Nell'immobiliare, no. Alfa, controllata da Stt ossia dal Comune, ha comprato sempre dal Comune l'ex mercato del bestiame per 21 milioni di euro. L'area vale, ad andar bene, la metà. Anche la Spip, pure controllata dalla spa pubblica Stt, è carica di immobili sopravvalutati. E con quelli non si vincono neanche le partite.

ha collaborato Silvia Casanova

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