Si sono ribellati perché alternative non ce n'erano. Dopo tre mesi senza stipendio, costretti a mendicare dal datore di lavoro 50 euro per far fronte alle necessità spicciole di ogni giorno, hanno detto basta. Quattro hotel della costa romagnola sono finiti in prima pagina sui giornali locali dopo che i dipendenti hanno dato vita a scioperi, manifestazioni e presidi. Episodi che istituzioni e rappresentanti di categoria definiscono "isolati" e di grave danno di immagine per la Riviera, ma che in realtà sono la punta di un iceberg. Fatto di lavoro nero o grigio, spesso sottopagato, non solo negli hotel ma anche in ristoranti, stabilimenti balneari ed esercizi commerciali. Ingranaggi di un sistema che promette vacanze a prezzi irrisori a scapito però della qualità e dei diritti dei lavoratori.
L'hotel Mosè di Torre Pedrera (frazione nord del comune di Rimini) è solo l'ultimo esempio. A metà agosto una decina di dipendenti dell'albergo, tutti stranieri, si sono presentati negli uffici della Cgil di Rimini perché non avevano ricevuto un soldo di stipendio da giugno. Salari magri, quasi da fame: 800-1.000 euro al mese per lavorare 12 o anche 14 ore al giorno. Senza giorno di riposo, senza straordinari pagati né rimborso delle ferie non godute. Assieme alla Filcams e all'associazione Rumori sinistri di Rimini, gli stagionali hanno organizzato presidi con striscioni e megafono. Gli slogan urlati contro le vetrate a specchio dell'hotel però rimbalzavano e tornavano indietro. Le trattative portate avanti da segretario della Filcams, Mauro Rossi, sono andate in fumo il secondo giorno, dopo lo scaricabarile tra società di gestione e tour operator. La tensione ha schiacciato fino alle lacrime Serigne, senegalese tuttofare; Oleg, moldavo cameriere di sala; Mitka, 19 anni, studentessa e cameriera, e le altre cameriere romene ai piani, come Loredana e Michaela.
Un dramma che si ripete: a fine luglio anche i dipendenti dell'hotel Maracaibo di Rivazzurra, senza busta paga da mesi, erano scesi in strada rifiutandosi di servire la cena agli ospiti. Anche l'hotel Maracaibo fa parte della galassia del gruppo Coppola tourism, lo stesso del Mosè. Una serie di società, alcune intestate a prestanome (come si è definito lo stesso amministratore Thomas Cavalli in un'intervista al 'Corriere Romagna') che rende complicato stabilire chi debba liquidare gli stipendi ai dipendenti.
I turisti, nonostante il disagio provocato dalle proteste, si sono schierati al fianco dei lavoratori. Al Maracaibo, dopo essersi serviti da soli la cena, hanno espresso ai giornali la preoccupazione per chi dopo mesi di lavoro non aveva ancora visto un euro. E anche nel caso del presidio davanti al Mosé, dalla spiaggia decine di bagnanti in costume da bagno e a piedi scalzi hanno sacrificato un'ora di relax per dare più forza e volume agli slogan di protesta.
Secondo Graziano Urbinati, segretario della Cgil di Rimini, questi esempi sono segnali indicativi che qualcosa non va nell'intero sistema: "Tutti qui in Romagna sappiamo che le cose stanno così. A Rimini il 40 per cento degli hotel è in affitto, significa che si punta a fare il massimo profitto nel più breve tempo possibile. A scapito della qualità dei servizi e soprattutto del rispetto dei lavoratori. Il lavoro non è più al centro degli interessi come valore aggiunto. Finora la politica ha abdicato al suo ruolo ma bisogna che, assieme agli imprenditori onesti - e ce ne sono - si apra una discussione e una riflessione e si chieda quale modello di impresa intende incentivare. La deregolamentazione è andata oltre anche alle poche tutele dei contratti a chiamata e atipici. Il lavoro grigio o nero è un dato strutturale. Fino ad oggi tutto questo è stato tollerato, assieme all'evasione, aprendo la porta anche ad organizzazioni criminali".
Quattro sere a settimana Sandra Polini, dell'associazione Rumori sinistri di Rimini, monta un tavolino e un cartello con scritte in romeno e polacco nelle vie di Gatteo Mare, per dare informazioni sindacali ai lavoratori e alle lavoratrici straniere che fanno la stagione in Romagna. Tra Cesenatico e Gatteo, dove la Filcams (la sigla che rappresenta i lavoratori del settore turistico) chiude e va in ferie a metà agosto, è lei, in pratica, il sindacato. Le testimonianze che ha raccolto, oltre 250, parlano di turni di lavoro massacranti, spesso con contratti a chiamata e zero tutele. Niente giorno di riposo o ferie non godute. Tutto per uno stipendio che arriva a stento a un terzo di quello previsto dal contratto collettivo nazionale: tre euro e mezzo l'ora. Se va bene così è ok, altrimenti c'è qualcun altro pronto ad accettare. La rete per trovare personale a basso costo per gli hotel infatti è fitta tra Ravenna e Cattolica. Basta conoscere i mediatori che importano personale straniero come se fosse merce. Si fanno pagare 100 euro dagli albergatori, molto di più (dai 500 ai 1.000) dai lavoratori che investono per avere un posto di lavoro che a loro, tutto sommato, sembra ben retribuito.
Le proteste esplodono solo quando davvero la misura è piena, quando cioè i soldi non arrivano, anche quei pochi spiccioli scritti su un contratto quasi mai rispettato. Casi che interessano soprattutto i lavoratori immigrati, extracomunitari o neocomunitari come romeni e bulgari, i più facili da ricattare e da rimpiazzare, ma che sono la regola, forse un po' meno rigida, anche per tanti italiani. A giugno era toccato all'hotel K2 di Cesenatico: ancora Gruppo Coppola e Thomas Cavalli. Quattro ragazzi romeni e due italiani lasciarono il lavoro perché non pagati e furono cacciati in strada con le valigie.
A Rimini, su richiesta del Comune e della Cgil, la Caritas ha dato disponibilità a dare ai lavoratori del Mosè vitto e alloggio: "Non è un fenomeno nuovo e non solo quest'anno - spiega Don Renzo Gradara, direttore della Caritas diocesana - io ero qui 40 anni fa e già allora denunciavamo lo sfruttamento. Una volta erano soprattutto studenti, lavoratori e lavoratrici dell'entroterra e del Sud Italia. Ora il loro posto è stato preso dagli immigrati. Ne arrivano a decine qui alla Caritas, in ogni stagione. Vede, io non me la sento di puntare il dito contro la categoria degli albergatori, però è vero che spesso si passa il segno".
Non basteranno forse queste a risolvere le contraddizioni di un sistema. Anche perché spesso manca il coraggio e la voglia di denunciare gli abusi, visti ancora come un male necessario. E quando non basta, si arriva anche alle minacce. Come quelle subite da una cameriera romena e dalla sua famiglia ad agosto. Il datore di lavoro, un albergatore di Cesenatico, l'ha pedinata fino al Pronto Soccorso. Una volta capito che non sarebbe stato sufficiente, l'intimidazione è arrivata anche per telefono, in Romania. Nonostante questo la Cgil dichiara di seguire una dozzina di vertenze di lavoratori non pagati e oltre 50 casi di irregolarità in altrettanti hotel della provincia di Rimini. E anche dai controlli della Guardia di Finanza emerge un quadro in cui, di nuovo, è l'irregolarità la vera regola. In due blitz di metà agosto, a una distanza di una settimana l'uno dall'altro, le Fiamme gialle di Rimini hanno sanzionato 65 hotel su 65 (il 100%) per fatture non emesse o modificate per un importo più basso. Lo stesso in tutti gli esercizi commerciali controllati. Dove la vacanza è la più economica d'Italia e il business ruota tutta attorno al settore dell'accoglienza le prese di posizione della politica e delle associazioni di categoria sono quasi tutte in un senso: "Casi isolati, pecore nere in mezzo a una maggioranza di imprenditori onesti".
A Rimini c'è chi ha prova a rompere il silenzio. L'associazione Rumori sinistri ha uno sportello per l'assistenza e si occupa dei problemi degli stagionali sfruttati anche con il sito www.globalproject.info e una guida per le lavoratrici e i lavoratori stagionali. Poi ci sono quelli che provocano, dichiarandosi servi della 'macchina'. Sono i membri del comitato Schiavinriviera. Non si espongono ma da due anni i loro manifesti, sui quali campeggia la scritta "Cercasi schiavo", macchiano i lungomare tra Cattolica e Rimini. Hanno un blog nel quale raccolgono storie di sfruttamento e ricatti dei dipendenti e provano, anche loro, a fornire indicazioni sulle tabelle salariali e le tutele dovute a chi lavora in hotel e ristoranti. Il comitato è formato da giovani italiani, romagnoli soprattutto. Perché non sono solamente gli immigrati le vittime di questo modo di gestire il business. Ci sono anche i giovani, spesso minorenni, che fanno la stagione durante le vacanze estive dalla scuola. Anche loro pedine nel grigio business delle vacanze.