Rinviato a giudizio per peculato, il direttore del Tg1 si dice 'indignato'. Ma la sua informazione a base di 'toelette canine' e di 'preziosi consigli per evitare le puzzette del bebé' è alla frutta. Perché la realtà ha fatto irruzione nel sogno berlusconiano

Minzolini, capolinea vicino

Il 'divieto di calpestare le formiche', il 'nuovo corso di galateo per cani metropolitani e i loro padroni', 'la moda delle bare di lusso'. E poi: i 'preziosi consigli per evitare le puzzette del bebé' , 'il cane della Guardia di Finanza capace di riconoscere l'odore del denaro sopra i 10 mila euro', mentre 'arriva in Italia la tendenza a coabitare con amici, colleghi ed estranei. E ancora: 'i consigli per la festa dei 18 anni', 'torna l'ora solare, gli esperiti consigliano una dieta a base di carboidrati', fino all'uomo delle nevi che 'sicuramente esiste e vive in Siberia'.

Diciamo la verità: sarà per questo, per tutti questi meravigliosi servizi anestetizzati e inutili che ricorderemo Augusto Minzolini, non per la carta di credito con cui - secondo l'accusa - largheggiava in viaggi e acquisti a spese della Rai.

Tre anni di cancellazione della reatà, della recessione, delle leggi ad personam, delle feste a luci rosse di Berlusconi, con la tv che diventa il palcoscenico per la rappresentazione di un mondo irreale, per costruire consenso. Banalità scintillanti, messaggi persuasivi, emozioni. Già: se non bastasse il reportage sulla toelettatura dei barboncini, si può sempre minimizzare, omettere, oscurare, censurare. Il Rubygate? Non se ne parla, il Tg1 «Ha una posizione prudente sui pettegolezzi», dice il direttore, e «le intercettazioni non sono prove». L'inchiesta sul G8 che coinvolge Guido Bertolaso? E' solo «gogna mediatica pre-elettorale». E se gli studenti contestano il ddl Gelmini, Minzolini inserisce le immagini relative agli scontri tra le forze dell'ordine e i manifestanti aquilani avvenuti mesi prima: «Un errore tecnico», spiegherà. E solo lui è stato in grado di togliere dal vocabolario italiano la parola 'prescrizione', diventata 'assoluzione' (processo Mills): «Sintesi da titolo televisivo», si giustificherà.

Con Minzolini le notizie si trasformano, si plasmano, ad difesam et ad oblium. Ma lui si sente come Giovanni Amendola perseguitato da Mussolini e annuncia che «non sarà mai un direttore muto e dimezzato». A chi lo accusa di «aver fatto un bel po' di editoriali in difesa di Berlusconi», risponde: «Embé? Io faccio un tiggì oggettivo, imparziale, è una garanzia di pluralismo».

Pluralismo che vede Silvio ospite in prime time durante la campagna elettorale e dispensa 26 telefonate da Tele Arcore in soli quattro mesi, dal novembre 2010 a marzo 2011. Ogni tanto perfino la mansueta AgCom è costretta a svegliarsi e a infliggergli qualche sanzione (tanto mica la paga lui, la pagano gli abbonati Rai) mentre il presidente Paolo Garimberti a un certo punto scopre un superamento dei «limiti» del servizio pubblico. Minzolini ormai «rappresenta l'impunità conclamata di chi mente con dolo, con metodo, con intenzione, sicuro di non doverne rispondere ad alcuno» (Michele Serra).

Tre anni di onnipotenza e di impunità, in cui il direttore ha plasmato una redazione a sua immagine: mimiche facciali buone per rallegrare, imbonitori per costruire il paese dei balocchi. Via gli storici conduttori, al largo chi critica come Maria Luisa Busi. Il direttorissimo ha promosso il «ricambio generazionale» con il vicedirettorissimo Fabrizio Ferragni, con il fido Giorgino, con la bella Laura Chimenti, con l'inviato culturale Leonardo Metalli pronto ad accompagnare il capo in ogni evento mondano. Dal 'Flower party' alle serate con le ventenni al bar del Fico.

E pensare che il 9 giugno 2009, giorno del suo insediamento al secondo piano della palazzina A di Saxa Rubra, Minzolini si era limitato ad annunciare «il mio tg si occuperà della vita reale». Già: uno stipendio di 550 mila euro l'anno (sempre pagato dagli abbonati Rai) per parlare di «vita reale» enfatizzando il galateo dei cani e nascondendo fino all'impossibile il declino del Cavaliere.

I suoi primi passi Minzolini li aveva mossi nella Fgci di viale Mazzini, facendo poi la comparsa per Nanni Moretti, quindi entrando nel Palazzo per carpire i retroscena della politica fingendosi fattorino e inserviente, appostandosi perfino nei bagni. Scopre il «patto della crostata» e costringe Luciano Violante alle dimissioni dall'Antimafia. Il suo nome è finito nei dizionari: 'minzolinismo', ossia «giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte».

Da sempre ha avuto un debole per i leader. Prima Craxi, poi Massimo D'Alema e infine lui, il Caimano. Perché «se c'è un leader che sa calibrare le mosse, è lui», scrive Minzo. Da lì in poi è un crescendo: «il bracconiere diviene guardiacaccia» (Aldo Grasso). E poco importa se qualcuno lo critica, se l'Auditel già dopo un anno segna la sconfitta per poi precipitare oltre ogni aspettativa. E' ascoltato dai potenti e amato dalle donne. La sua è una Dolce Vita, tra alberghi di lusso e regali. Il pubblico si mescola con il privato. Come con le carte di credito. Come per il suo leader di riferimento.

Ecco, alla fine per quelle 'spese di rappresentanza' non autorizzate Minzolini è stato rinviato a giudizio. In 15 mesi ha speso oltre 60 mila euro, ha strisciato la carta anche per pagare i caffè, da Marrakech a Cortina, anche a Pasqua e a Capodanno. «Embé? Non c'è altro che pranzi di lavoro, punto», ha fatto sapere lui.

E adesso? Già lo scorso giugno aveva confessato che se Berlusconi fosse caduto, lui avrebbe dovuto lasciare. Ora Berlusconi si è dimesso, la fabbrica del consenso ha raggiunto il capolinea. Gli italiani sono stanchi di un'informazione leggera, di un racconto distante dalla vita reale, di una narrativa da Mulino Bianco. Parafrasando il direttorissimo, «ahò, in franchezza, se so' rotti».

La fine di Berlusconi è anche la fine della Minzocrazia. Ma non preoccupatevi troppo: sempre «ahò, in franchezza», Silvio gli deve qualcosa. E a Mediaset manca un Bruno Vespa.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Garlasco Horror Show - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso

Il settimanale, da venerdì 6 giugno, è disponibile in edicola e in app