Vi ricordate i tre operai di Melfi licenziati dalla Fiat nel luglio scorso, durante il braccio di ferro con Sergio Marchionne sul destino dello stabilimento? Li avevamo lasciati con il reintegro imposto dal giudice un mese dopo il licenziamento e con loro che cercavano di rientrare in fabbrica, ma la security dello stabilimento li accompagnava lontano dalle linee di produzione.
La vicenda giudiziaria, che in quei giorni fece parlare l'Italia, nel frattempo è continuata e il 17 maggio si terrà la quarta udienza del processo, la prima in cui i tre - Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino (entrambi delegati della Fiom) e Marco Pignatelli – potranno dire la loro versione. Secondo l'azienda, come noto ci tre avrebbero ostacolato il percorso di un carrello robotizzato durante un corteo interno impedendo ad altri operai, che non partecipavano allo sciopero e al corteo interno, di lavorare.
Ora Giovanni Barozzino, uno dei tre, ha deciso di uscire allo scoperto con un'intervista a 'L'isola dei Cassintegrati', sito d'inchieste e notizie sulla condizione operaia contemporanea. E lo ha fatto lanciando una durissima accusa alla Fiat: «Ci hanno confinato in una stanza a mezzo chilometro dalla produzione», spiega: «Io non auguro a nessuno di vivere quello che stanno facendo vivere a noi perché c’è in gioco la dignità del lavoro e dell’uomo e credo che in questo momento non vengano rispettate».
Barozzino fa anche notare che «se da un lato la Fiat dice che ci sono problemi di produttività, dall’altro mantiene tre lavoratori in una stanzetta sindacale, pagandoli ma non facendoli lavorare».
Quanto alle accuse, sostiene l'operaio che «quella notte non è successo assolutamente nulla e non lo dico solo io, lo dicono gli atti ufficiali, i tabulati telefonici e le quasi cinquanta testimonianze che abbiamo presentato. La Fiat ci ha accusato di essere stati dalle due e venti alle due e trenta a bloccare i carrelli. Dai tabulati telefonici risulta invece che io mi trovavo a più di 200 metri dai carrelli. Quella della Fiat è una azione prettamente politica. Noi non abbiamo commesso nulla, l’abbiamo dimostrato, ma nonostante questo sono otto mesi che viviamo qualcosa che non dovrebbe succedere in un paese civile. Abbiamo sempre saputo quali sono le regole da rispettare e non mi sarei mai permesso di sputare nel piatto dove mangio, ma come rappresentante sindacale e come lavoratore lotterò sempre per i miei diritti, sapendo benissimo quali sono i miei doveri. Io il mio dovere l’ho sempre fatto».
Secondo Barozzino, l’opinione deve sapere «che il potere mediatico di un soggetto può essere immenso, e per questo bisogna conoscere i fatti per farsi un’idea corretta della vicenda. Chiunque è stato attento a quello che è successo nell’ultimo anno nel mondo del lavoro capisce che è stata una azione politica contro i diritti dei lavoratori. Credo che non ci sia più la storia di Melfi, di Pomigliano, di Mirafiori o della Vinyls: c’è la storia dei lavoratori che lottano per i diritti. Penso che quasi nessuno si voglia interessare a queste vicende perché forse non interessa sapere cosa succede nel mondo del lavoro. Invito tutti a fare una riflessione perché in un paese civile non si può continuare così»