Negli ultimi giorni prima del voto la destra ha deciso di agitare lo spauracchio degli omosessuali, che rischiano di «prendere il potere a Milano e a Napoli». Quasi come se fossero i comunisti del 1948

È la nuova bandiera della destra. Dopo il comunismo, arriva il pericolo gay. Uno spauracchio agitato ormai ogni giorno sui giornali del premier, per cercare di vincere le comunali di Milano e di Napoli. Ma funzionerà sostituire la paura rossa, così come evocata nel '48, con la paura multicolore degli omosessuali? E quale mai sarà lo "Stalin gay" che dovrebbe terrorizzare i milanesi o i napoletani?

Eppure nella città della moda, capitale trendy d'Italia, dove l'omosessualità se ha un difetto è di essere fin troppo borghese fra maison, stilisti e divi del gossip, spesso berlusconiani di ferro, sta capitando l'imprevedibile. Nel tentativo di recuperare il gap fra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia, le pagine dei giornali di destra si riempiono da giorni di titoloni anti-gay, in compagnia di rom e Islam. Solo oggi: «L'alleato radicale di Pisapia: Milano aperta a gay e droghe». E ancora: «Lupi: pronto a fare l'assessore per scongiurare il nuovo Zapatero». E ancora: «Barcellona è stufa di movida e unioni gay».

Sembra, insomma, che il problema della Moratti non sia il fallimento della sua amministrazione, ma siano piuttosto gli omosessuali. E sembra pure che i milanesi debbano votare per lei non tanto per quello che propone, ma per sconfiggere il nuovo, vero nemico di Milano: un fantomatico esercito di omosessuali pronti a invadere le strade, occupare palazzi e teatri, mettere in pericolo la "famiglia tradizionale" e cancellare così i valori sostenuti da Pdl e Lega.

Strano ma vero, le decine di migliaia di gay milanesi, nella giornata del ballottaggio, si dovrebbero dunque impossessare della città, imponendo chissà quale stile di vita ai loro concittadini, ai vicini di casa, ai colleghi di lavoro o ai compagni di scuola.

Esagerato? Non sembra proprio, visto che in questi giorni la paura del diverso viene propagandata proprio come, per anni, Silvio Berlusconi ha propagandato la paura del comunismo. Ha dovuto intervenire il presidente Giorgio Napolitano a chiedere un po' di rispetto per gli omosessuali.

Tutta gente che, in verità, c'entra molto poco con i comunisti del '48. Non solo non ha uno Stato, né lo invoca o lo cerca, ma non ha nemmeno un partito, né una bandiera da imporre a nessuno. E forse non ha più nemmeno un movimento unitario per i diritti civili, ridotto ai minimi termini dal fallimento della battaglia parlamentare sui Pacs-Dico nella scorsa legislatura e diviso politicamente da quando a Bolzano è nata Gay-lib, l'associazione gay di centrodestra, che evidentemente gli stessi partiti a cui si ispira considerano ormai eversiva.

In più, l'Italia è il Paese europeo che garantisce meno diritti agli omosessuali, perfino meno delle repubbliche della ex Jugoslavia e di molti stati africani. Superata non solo nel Pil, dunque, dalla totalità dei governi europei (anche di centrodestra) che da tempo garantiscono agli omosessuali almeno il diritto di cittadinanza, se non altro perché pagano le tasse.

Eppure in Italia la destra è ossessionata da loro.

Ma di cosa avranno paura? In un Paese come l'Italia, poi, dove gli omosessuali non solo non hanno diritti di coppia, ma non hanno nemmeno ottenuto una legge che punisca l'omofobia, cioè gli atti di violenza fisica e verbale che, ogni giorno, colpiscono ragazzi e ragazze al lavoro o per strada. La proposta di legge di Paola Concia, talmente "moderata" da suscitare qualche perplessità pure fra stesse associazioni gay e lesbiche, è naufragata in poche ore a Montecitorio di fronte ad un muro di gomma, costituito da tre pregiudiziali di costituzionalità, presentate da Pdl, Lega e Udc, ormai impegnati nella battaglia omofoba per salvare Milano.

«È come se questo centrodestra dell’odio volesse lanciare un nuovo olocausto contro islamici, gay e zingari. Sono alla canna del gas, è evidente che non hanno più argomenti o un’idea di società da proporre e puntano solo al ventre delle persone», spiega la Concia.

Per il sottosegretario Carlo Giovanardi, bandiera anti-gay per eccellenza del governo Berlusconi, l'omosessualità è una vera piaga sociale e va combattuta con vigore. L'ultima dichiarazione in ordine di tempo riguarda le comunali di Napoli: «Non escludo affatto che, nell'improbabilissima eventualità che diventasse sindaco, De Magistris discriminerà sul piano dei servizi sociali le famiglie con figli favorendo femminielli, gay, trans riconosciuti attraverso registri che ne legittimino le unioni».

A ruota il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, del Pdl si dice pronto a fare l'assessore a Milano. Perchè? Ha un programma? Ha qualche idea? No, per scongiurare la "deriva zapaterista" sotto la Madunina.

E ancora a destra si definisce "proposta choc" quella di Marco Cappato dell'associazione Luca Coscioni, che s'è permesso di ricordare come tutte le capitali europee stiano guadagnando soldi a palate con il turismo gay. Un concetto talmente scevro di politica e denso di "new economy" da avere convinto addirittura un tipo quadrato come il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che non si può certo definire uomo di sinistra, a garantire l'appoggio del Comune all'Europride di giugno, quando la capitale ospiterà la principale manifestazione per i diritti civili d'Europa. E a spendere parole di garanzia nei confronti della comunità Lgbt.

Resta il fatto che per qualche giorno ancora si sentirà parlare di gay. Loro, i nemici della democrazia, nella nuova formula propagandistica in voga per i ballottaggi. Franco Grillini, esponente dell'Italia dei Valori e storico leader del movimento gay italiano, ride amaro dietro gli occhialoni spessi. Non ci crede nemmeno, che si possa evocare la paura del gay per vincere le elezioni comunali. E soprattutto prendere ad esempio persone «che fanno della lotta alla dittatura e alla discriminazione la loro ragione di vita», dice. «Un tempo nel '48 si evocava la paura del comunismo, ora la paura del diverso viene utilizzata a piene mani per evitare la propria disfatta politica. Oltre allo squallore umano siamo di fronte ad una spregiudicatezza etica senza limiti che speriamo vivamente sia bocciata il 29-30 maggio dall'elettorato. Se c'è una cosa che non si può imputare ai gay è quella di volere imporre una cultura o una visione del mondo. Al contrario, sono dappertutto le comunità più aperte e più accoglienti, rispettose di ogni idea e di ogni stile di vita», dice.

E pure il presidente di Arcigay, Paolo Patanè, alle prese con l'organizzazione dell'Europride di Roma, è stranito di fronte alla nuova ondata d'odio nei confronti della comunità più discriminata della storia italiana: «Questa è una strategia pericolosa, costruita sull'evocazione di paure e diffidenze, pregiudizi e stereotipi più o meno volgari. Questa falsificazione della realtà costa un prezzo doloroso alle persone Glbt, perché fomenta odio e discriminazione, ma costerà un prezzo molto alto a chi la pratica».

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