E' stato arrestato per aver sbarcato a Pantelleria un gruppo di migranti. Ma lui, imprenditore tunisino residente in Francia, si difende: "Io li ho salvati, quei disperati, con il mio gommone. E non ho certo bisogno di soldi". Ora è in galera e aspetta il processo

Lo hanno arrestato con un'accusa gravissima: aver fatto da scafista col suo gommone a una decina di migranti clandestini da lui sbarcati a Pantelleria il 6 maggio 2011. Tarek Beniatou, 57 anni, piccolo imprenditore di Parigi, è ora al centro di un rebus giudiziario che comincia nel cuore del Mediterraneo. Lui, passaporto francese e tunisino, dal carcere di Marsala dove è rinchiuso si difende: "ho salvato quei disperati, sono solo un piccolo imprenditore emigrato da giovane dalla Tunisia e che vive a Parigi con moglie, figlie e nipotini 'parigini doc'".

Beniatou parla di una serie di equivoci dietro il suo arresto: "Quei dieci migranti li ho salvati mentre erano alla deriva su un barcone, io con il mio gommone ero diretto da Hammamet a Marsala...". Oltretutto, ha spiegato Beniatou ai suoi avvocati siciliani, si è mai visto uno scafista che usa un gommone con targa, assicurazione, iscrizione al registro nautico di uno Stato come la Tunisia e guidato da un pilota dotato di patente nautica in corso di validità?

Intanto in tribunale a Marsala il piccolo imprenditore la cui società ha sede al 6 di Rue Patourle, nel 14? arrondissement di Montparnasse, a Parigi, è sotto processo per direttissima: anche perché dopo aver imbarcato i migranti non ha avvisato nessuno del salvataggio.

Gli avvocati dello studio legale palermitano di Gabriele Giambrone, che assistono Beniatou insieme all'avvocato Paolo Paladino, stanno preparandosi all'udienza di sabato 16 luglio quando saranno sentiti come testimoni due dei dieci migranti depositati nel porto di Scauri e poi rintracciati dai carabinieri. Mentre gli altri immigrati interrogati sostengono di essersi imbarcati in Libia su un barcone, e di essere rimasti in avaria al largo di Pantelleria – dove poi avrebbero incontrato un gommone in transito che ne ha salvati dieci - un altro migrante sostiene di aver pagato il titolare del gommone per salire a bordo in Tunisia e arrivare a Pantelleria.

I fatti di cui Beniatou è accusato sono riportati nell'ordinanza di convalida di fermo emessa dal gip di Marsala, Annalisa Amato. Un sottufficiale della capitaneria di Porto di Pantelleria, alle 10,50 del 6 maggio, nota in lontananza un gommone grigio di circa 8 metri con bandiera francese che entra nel porto di Scauri e da cui scendono gli immigrati. Il pilota del gommone, con una giacca a vento blu e cappuccio rosso, ultimato lo sbarco, "fa rotta verso il largo a tutta velocità". Il sottufficiale dà l'allarme alla sala operativa della Capitaneria e segnala che il gommone sta facendo rotta verso Marsala. Dal porto di Pantelleria esce una motovedetta che blocca il gommone in navigazione, sotto costa, verso nord. Pochi minuti dopo, su un altro mezzo della Capitaneria, arriva il sottufficiale che si è accorto dello sbarco. Da lui la conferma: il gommone è proprio quello.

I gravi indizi di colpevolezza ci sono tutti, la legge sull'immigrazione clandestina parla chiaro: è d'obbligo l'arresto in flagranza. Così per Beniatou, nato ad Hammam Lì in Tunisia, cittadino francese scatta l'arresto, il trasferimento nel carcere di Marsala, i primi colloqui con i legali. E, dallo studio "Giambrone law" parte la caccia ai primi riscontri alle dichiarazioni di Beniatou: i legali hanno conferma che il piccolo imprenditore ha una ditta di "pronto intervento" per lavori di manutenzione e artigianato, che la sua famiglia vive a Parigi dove è nonno e ha l'hobby del calcio.

Beniatou racconta di essere andato ad Hammamet a recuperare il suo gommone per evitare che finisse preda delle razzìe seguite alla caduta del governo di Ben Alì. E che, dopo aver trovato uno dei due motori danneggiati, e aver inutilmente tentatodi ripararlo in Tunisia,aveva deciso di rivolgersi ad un cantiere nautico di Marsala.

Poco prima di Pantelleria, l'avvistamento di un barcone alla deriva, l'invito ad una decina di migranti a salire a bordo ("Di più non posso prenderne..."), lo sbarco nel porto di Scauri e l'arresto.

La moglie dell'imprenditore, da Parigi, in questi giorni sta inviando a inviato all'addetto per i rapporti con i clienti di lingua francese dello studio "Giambrone Law", Alfredo Lo Cicero, persino gli estratti conto dell'azienda: vuole dimostrare che gli affari vanno bene, che le tasse di registrazione del gommone e le assicurazioni sono tutte pagate, che quindi non ci si trova davanti a un imprenditore in difficoltà economiche che può aver pensato di tappare qualche perdita con un "secondo lavoro". Quello di scafista, appunto.

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