Aperto in Veneto il primo 'centro di ascolto' per evitare che gli artigiani e i i piccoli industriali strangolati dalla recessione si tolgano la vita. Un team di psicologi cercherà di seguirli e di aiutarli

Di crisi si muore. «Nel Nordest ci sono stati una cinquantina di suicidi per crediti», ha denunciato pochi giorni fa Giuseppe Bortolussi, segretario dell'Associazione Artigiani di Mestre (Cgia). Un bollettino di guerra silenzioso, con cifre che superano i morti della missione ISAF. Solo che questa è la Baviera italiana, non l'Afghanistan. Circa 5 milioni di abitanti e quasi 460 mila imprese, con il record di un'azienda ogni 8 residenti in certi comuni del Trevigiano, e un tasso di disoccupazione del 4,5%, inferiore di oltre 3 punti percentuali al dato nazionale. I portoni delle piccole e microimprese però, quando si chiudono, non fanno clamore.

«È gente che si vede crollare il mondo addosso», spiega Stefano Zanatta, presidente della Confartigianato AsoloMontebelluna. L'associazione di categoria, che riunisce i due mandamenti della provincia di Treviso, aprirà a febbraio un centro di ascolto per gli imprenditori, primo caso in Italia.

«Mesi fa abbiamo fatto dei focus group per capire le reazioni dei nostri associati alla crisi - spiega Zanatta - lì è emerso che ci sono artigiani che riescono a reagire mentre altri si chiudono in sé stessi». Da qui la voglia di dar voce al loro silenzio attraverso un team di psicoterapeuti, pronti a seguirli con riserbo e preservando l'anonimato.

Imprese che resistono?
«È un disastro. Negli ultimi tre anni siamo passati da 5 a 2 dipendenti, e il fatturato è più che dimezzato». Renato Aloisi, 44 anni, produce con il fratello martelli pneumatici per la lavorazione del marmo e del pellame. Un'azienda artigiana attiva a Verona da 39 anni. «Ma non siamo rappresentati da nessuno».

Anche per questo Renato ha deciso di avvicinarsi al movimento Imprese che resistono, diventando il delegato regionale di questo comitato spontaneo di imprenditori nato 3 anni fa tra Cuneo e Torino. «L'idea è quella di darsi una mano e di fungere da cassa di risonanza dei problemi dei piccoli, primo tra tutti il ritardo nei pagamenti».

Ma il tempo per resistere stringe.
«Sono pessimista - confessa - se continua così di qui ad un anno sarò costretto a chiudere». Un pessimismo che si ritrova anche nella rivelazione di Fondazione Nord Est: un imprenditore su due ritiene che, di qui a 6 mesi, la situazione peggiorerà. Piccolo (e nazionale) non è più bello. «È una crisi che dura da più anni», spiega il sociologo Paolo Feltrin, «è normale che ci sia preoccupazione».

Ma, secondo il presidente del centro di ricerca e studi Tolomeo, la situazione è più complessa: «Accanto al violento disagio di alcune categorie economiche legate alla filiera edilizia-casa, c'è una forte competitività in quelle aziende che si sono aperte ai mercati internazionali. Penso, ad esempio, al distretto padovano che produce macchine per insaccamenti dove a dicembre hanno fatto gli straordinari».

La formula magica del «piccolo è bello» sembra non bastare più. «Solo chi è riuscito a riorganizzarsi in tempo, aprendo all'estero, sta avendo successo». I dati Istat sull'export sembrano confermarlo: nel terzo trimestre del 2011 il valore delle esportazioni del Veneto è risultato pari a circa 12,4 miliardi, in crescita sul terzo trimestre 2010 (+9,5%), e in linea con i risultati ottenuti nel 2007, prima della crisi internazionale. «Omicidi di Stato».

Il malcontento però resta. Stretta al credito, ritardo dei pagamenti dell'amministrazione pubblica e dei clienti, alta tassazione. E c'è chi sta cercando di farsene portavoce a livello politico. «È incredibile quanto lo Stato pretenda pagamenti elevati e poi non paghi i suoi crediti Iva», denuncia Alessia Bellon, presidente di Veneto Stato. Il movimento per l'indipendenza è tra i più attivi contestatori di Equitalia. In questo inizio gennaio, davanti alla sede dell'agenzia del fisco di Treviso, i «venetisti» hanno issato tre fantocci col cappio legato al collo. Sul petto la scritta: «Omicidio di Stato».

Tra i manifestanti anche esponenti di Life, il sindacato degli imprenditori che da anni professa la resistenza fiscale. E il mal di pancia sembra aumentare in tutto il Nordest. A Sequals, paese di 2200 anime in provincia di Pordenone, un altro fantoccio, raffigurante un esattore dell'agenzia, stava per essere bruciato nel tradizionale falò di inizio anno. Ma il sindaco Enrico Odorico ha bloccato l'iniziativa dell'associazione Grembiule seguendo le indicazioni del prefetto: la sagoma non poteva essere incendiata perché inquinante. A testimoniarlo anche le telecamere di «Servizio Pubblico» (guarda)

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