L'Italia dovrà pagare oltre un miliardo se non metterà in regola il suo sistema di acque reflue e di depuratori. Perché troppi comuni scaricano ancora i loro liquami direttamente nei fiumi e nei mari. Sul banco degli imputati anche città grosse come Napoli, Genova e Vicenza
Le fogne italiane non hanno le carte in regola. Non abbiamo mai costruito sistemi di depurazione adeguati e adesso l'Europa ci stanga. E non a torto, a quanto pare.
La mancanza è tutta nostra: un'eredità velenosa che vede tre italiani su dieci ancora privi di fognature e depurazione, e il 40 per cento di fiumi e laghi inquinati da scarichi urbani in libertà, per non parlare del mare.
Per anni la politica ha rimosso il problema o solo annunciato grandi progetti ma non si è fatto nulla.? Così stanno per arrivare pesanti multe europee a 820 aggregati urbani, cioè gruppi di comuni corresponsabili per la mancata depurazione e per l'inquinamento di fiumi, mare e campagne.
L'elenco degli enti locali messi sotto accusa dalla Ue è impressionante: soprattutto nel Mezzogiorno (ci sono città come Agrigento, Napoli, Salerno, reggio Calabria, Benevento, Avellino, Crotone, Isernia, Campobasso) ma ci sono violazioni anche nel centro (Chieti) e risalendo verso nord si trovano Piombino, Genova, Sanermo, Ventimiglia, Monfalcone e Vicenza.
«È la vera emergenza del servizio idrico», spiega il presidente di Publiacqua Firenze, Erasmo D’Angelis, autore con Alberto Irac del libro 'Il valore dell’acqua' (Dalai editore). «Ormai si aspetta solo di capire in tanti territori di quanti milioni al giorno saranno le sanzioni che si abbatteranno sull’Italia con la sentenza definitiva che scatterà per tutti dal 1° gennaio 2016. Si sa che la sanzione sarà costituita da un importo una tantum da pagare subito e da un importo giornaliero proporzionale al numero di giorni di continuato inadempimento successivo alla pronuncia della sentenza, al numero e alla consistenza degli agglomerati».
A Firenze sono corsi ai ripari e Publiacqua ha aperto un anno fa i cantieri per depurare mezza città che ancora scarica in Arno come nel Medioevo. Un'epoca storica si chiuderà nel 2014 con un investimento di 71 milioni di euro.
Se alcune città virtuose, come anche alcuni capoluoghi della Puglia, eviteranno multe, per i comuni che resteranno fuorilegge il conto è presto fatto. La disciplina comunitaria prevede, in caso di violazione delle norme, una penalità di mora, che per l’Italia va da un minimo di 11.904 euro, a un massimo di 714.240 euro, per ogni giorno di ritardo nell’adeguamento, a decorrere dalla pronuncia della sentenza emessa.
Inoltre, una somma forfetaria verrà calcolata sulla base del Pil nazionale, e per l’Italia è pari a un minimo di 9.920.000 euro. Potrebbe essere già troppo, ma non basta perché nel corso della procedura di mora i finanziamenti europei per i Comuni morosi possono essere sospesi fino all’attuazione della sentenza.?
Sarebbe un dramma per circa un terzo del territorio nazionale. In caso di sentenza definitiva di condanna da parte della Corte di Giustizia Europea, infatti, lo Stato Italiano riporterà il contesto sanzionatorio sui soggetti istituzionali inadempienti (leggi enti locali) lavandosene le mani, o almeno così si dice negli ambienti ministeriali. Ci sarà insomma uno scaricabarile tra Stato, Regione, Comuni e gestori del servizio.
Avvertimenti ne abbiamo avuti. L’ultimo a maggio dello scorso anno, quando la Commissione Europea ha inviato al Governo italiano una prima lista di 159 agglomerati urbani sopra i 15 mila abitanti che sono inadempienti per la mancanza di un trattamento secondario delle acque reflue.
Nessuno ne ha parlato perché il governo Berlusconi ha tenuto tutto nascosto nei cassetti e il governo Monti, su questo tema, i cassetti non li ha ancora aperti. Eppure già nel 1998 Milano venne multata per 9 miliardi di lire al mese per mancata depurazione delle acque reflue. E poche settimane fa è stato multato il Lussemburgo (400 mila abitanti) con 2,5 milioni di euro da pagare subito più 14.000 euro al giorno fino alla costruzione dei depuratori.
I colpevoli della situazione, qui in Italia, sono probabilmente molti. Ma secondo Renato Drusiani di Federutility (la federazione che riunisce le aziende di servizi pubblici locali dei settori idrico ed energetico) «la principale responsabilità dovrebbe essere ricercata nella distrazione del governo centrale che aveva l’obbligo, con la legge Galli, di fornire risorse per gli obiettivi di depurazione e fognature, e di garantire un coerente quadro normativo anche per incentivare gli investimenti necessari a livello locale».
Sempre secondo Federutility è possibile che la messa in mora per alcune zone della penisola cominci già a partire da quest’anno: «Per non aver adempiuto ancora alla direttiva europea 271 del 1991» spiega ancora Drusiani», ci sono aree a rischio multe nel 2012. La depurazione nel nostro paese non è mai diventata una priorità nazionale. Nemmeno nella battaglia referendaria della scorsa estate.
Eppure ogni giorno ci sono quartieri, paesi e città che scaricano direttamente nei fiumi e in mare, spesso senza alcun controllo delle autorità. E mettendo a rischio della salute pubblica.