La Corte d'appello di Potenza ha dato ragione ai tre lavoratori che la Fiat accusava di aver sabotato la produzione: quel giorno, a quell'ora, non erano nel luogo indicato e sarebbero stati licenziati solo per motivi politici

«La verità, volevamo solo la verità», dice Giovanni Barozzino al telefono, mentre la commozione gli soffoca le parole nel chiasso di festa degli operai Fiat melfitani, accorsi all'uscita del tribunale di Potenza. Non è un caso che l'inchiesta de L'Espresso pubblicata questo lunedì fosse intitolata 'Melfi, la verità degli operai',
una verità che i metalmeccanici lucani inseguivano da tempo. La corte di Appello di Potenza ha infatti disposto il reintegro al lavoro dei tre operai Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli che il 14 luglio 2010 erano stati licenziati per aver bloccato la produzione tra le 2.10 e le 2.20 di notte con uno sciopero. La Fiat non ha rilasciato alcun commento sulla sentenza contro la quale presenterà ricorso in Cassazione

I tre erano già stati reintegrati dopo l'episodio dal giudice del lavoro, ma Fiat li aveva isolati in una stanzetta a mezzo chilometro dalla produzione. Inoltre, con l'appello della Fiat gli operai erano stati nuovamente licenziati, il 14 luglio 2010, esattamente un anno dopo i fatti. Troppi dubbi, però, aleggiavano su quel licenziamento.

Barozzino - che dei tre è il rappresentante Fiom - non era presente nell'ora indicata sul luogo dello sciopero: "Come dimostra un tabulato telefonico e diverse testimonianze", ricorda De Nicola, segretario Fiom Basilicata. Il sindacalista sarebbe quindi stato licenziato perché "difendeva i lavoratori fino allo spasimo" come afferma il caporeparto aziendale Gaetano Perrini in questa discussione registrata  di nascosto.

Poi: quella sera allo sciopero erano presenti tutte le sigle sindacali, che firmarono anche una dichiarazione in difesa dei tre che diceva: «La rsu precisa che tutto si è svolto nel pieno delle regole». Questo documento è stato poi in parte ritrattato.

La sentenza, secondo gli operai, ripristina quella verità che loro denunciano da tempo:«"Nonostante tutto il male che ci è stato fatto - continua Barozzino - sono talmente felice da non provare rancore. Finalmente si torna a lavorare». Ironia della sorte: il giudice ha predisposto il reintegro in base all'art.18, per assenza di giusta causa. Proprio quella garanzia che oggi, si dice da più parti, dovrebbe essere cancellata per favorire gli investimenti e le imprese. "E' stato un anno davvero difficile - commenta Antonio Lamorte - per gravi problemi di salute. Questa sentenza porta un pò di tranquillità, ringrazio tutti di cuore".

Ma la situazione a Melfi rimane drammatica, e i tre operai non sono gli unici ad essere stati puniti per la loro appartenenza sindacale. Ci sono anche Marco Forgione e Michele Corbusiero, entrambi assunti come categoria protetta per gravi problemi di salute, ed entrambi spostati vicino ai fumi dannosi della lastratura perché appartenenti alla Fiom.

Anche per loro due, in queste ultime ore, è arrivato un segnale positivo: il giudice del lavoro ha accolto il loro ricorso all'azienda. Il 20 marzo l'udienza, in attesa di un'altra verità tanto attesa dagli operai che vogliono "solo tornare a lavorare", come ripetono da giorni.