Esclusivo
Il Comune ha ceduto una quota di Malpensa e Linate all'asta. Ma c'era un solo concorrente, Vito Gamberale. Che, in un'intercettazione, rideva del bando fatto su misura per lui. E la vicenda è finita in Procura
di Gianluca Di Feo e Thomas Mackinson
È l'inchiesta più delicata in corso a Milano. E forse anche la più imbarazzante. Perché riguarda l'operazione chiave realizzata dalla giunta Pisapia. E perché sembra segnata da una serie di ritardi investigativi della procura che il segreto istruttorio rende finora inspiegabili. Da almeno quattro mesi i pm hanno aperto un'indagine sulla gara per la cessione di una quota della Sea, la società che controlla gli aeroporti di Linate e Malpensa, da parte del Comune. Tutto finora è top secret, con alcuni punti certi che "l'Espresso" è in grado di ricostruire.
Il procedimento non è il solito "atto dovuto", che nasce dopo un esposto politico o una bega tra concorrenti, ma ha una base inquietante: l'intercettazione del protagonista dell'operazione, Vito Gamberale. Gamberale, amministratore e azionista del fondo per le infrastrutture F2i, è stato registrato mentre discute della vendita del 29,75 per cento della Sea e chiede garanzie sul capitolato d'asta. Il nome del suo interlocutore è custodito con la massima riservatezza: si tratterebbe di una figura lontana dalla politica lombarda ma in ottimi rapporti con il vertice nazionale del Pd. Al telefono i due mostrano grande intimità e parlano senza freni. Il patron di F2i fa molte domande su come sta venendo impostato il bando del Comune di Milano e si raccomanda che non ci siano sorprese. L'altro lo tranquillizza e dice che tutto sarà costruito su misura, proprio in base a quanto il fondo desiderava. E insieme ridono della faccenda: una partita da centinaia di milioni di euro, che stava per consegnare a Gamberale una fetta consistente dei due aeroporti milanesi.
Siamo a metà dello scorso ottobre: la gara per la cessione delle azioni Sea è ancora in fase embrionale. E al primo ascolto, il colloquio sembra contenere tutti i presupposti per un'ipotesi di reato: la turbativa d'asta. Per questo i magistrati toscani, che avevano messo sotto controllo i telefoni del misterioso interlocutore per tutt'altra storia, trasmettono immediatamente gli atti ai colleghi lombardi. In quel momento, tutto era ancora in discussione e all'apertura delle buste mancavano quasi due mesi: in linea teorica, c'erano ampi margini per indagare, fare chiarezza su quella conversazione e se ne necessario intervenire. Ma non è accaduto nulla.
Che fine ha fatto il fascicolo con l'intercettazione di Gamberale? Stando a quanto risulta a "l'Espresso", è sicuramente arrivato a fine ottobre sulla scrivania del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Come da prassi, sarebbe stato iscritto a modello 45 ossia senza nessuna ipotesi di reato: il punto di partenza di ogni inchiesta, che in genere è seguito da una rapida definizione delle contestazione. Invece se ne perdono le tracce. Le inchieste sulla pubblica amministrazione spettano al pool coordinato dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Che però dichiara a "l'Espresso": "Io non ho mai ricevuto un fascicolo sulla Sea".
Nel frattempo la gara è stata chiusa, con la vittoria di Gamberale: unico concorrente ammesso, che il 16 dicembre si è aggiudicato la quota Sea mettendo sul piatto un solo euro in più della base d'asta. Un risultato che adesso consegna al fondo pubblico-privato delle infrastrutture la pole position per prendere il controllo di tutta la società.
L'affaire Sea oggi è il capitolo più controverso sul tavolo della giunta Pisapia. La vendita non faceva parte del programma elettorale del nuovo sindaco: per gli aeroporti milanesi si ipotizzava la quotazione in Borsa, già decisa dal centrodestra che aveva affidato a Kpmg una perizia per stabilirne il valore di mercato delle azioni. Ma di fronte alla disastrosa situazione dei conti ereditati da Letizia Moratti, la cessione delle azioni Sea è apparsa come l'unica soluzione praticabile. L'assessore Bruno Tabacci ha imposto la scelta alla sua maggioranza di centrosinistra, arrivando a minacciare le dimissioni pur di ottenerla. L'obiettivo era semplice e trasparente: fare cassa entro il 31 dicembre per non sforare i vincoli imposti dal patto di stabilità.
La fase operativa è stata segnata da numerose critiche. Anzitutto per la gestione del bando, affidata agli uffici del direttore generale di Palazzo Marino Davide Corritore: un manager di grande esperienza finanziaria e politica che nel 1999 contestò la privatizzazione di Telecom e si dimise da consigliere economico dell'allora premier Massimo D'Alema. I requisiti adottati dal Comune sono apparsi troppo simili alla manifestazione d'interesse formulata proprio da F2i, che si era fatta sotto per rilevare con 380 milioni di euro un pacchetto di tesori municipali: il 18,6 per cento dell'autostrada Serravalle e il 20 per cento della Sea. Solo il dossier aeroporti però è andato avanti.
Il prezzo è stato stabilito in base alla perizia realizzata dieci mesi prima da Kpmg in vista dell'atterraggio a Piazza Affari. Il 14 novembre il consiglio comunale delibera di scegliere il valore minimo come "premio di minoranza" in virtù "dei rischi incrementali per il compratore associati alla mancanza di controllo e alla liquidità ristretta dell'operazione". Si stabilisce così di partire da 385 milioni di euro per il 29,75 per cento di Sea. La delibera introduce anche una serie di modifiche statutarie e dei patti societari: aumento dei membri del cda da 5 a sette con due poltrone assegnate all'acquirente, che designerà anche il direttore finanziario. Due provvedimenti elencati come condizioni fondamentali pure nella manifestazione di interesse già notificata da Gamberale.
Il 16 dicembre, al momento della verità, è stata aperta la busta di F2i, proclamata vincitrice con solo un euro in più dei 385 milioni richiesti. L'unico altro concorrente - la holding indiana Srei - ha concluso in modo rocambolesco, sbagliando indirizzo e quindi consegnando la busta dieci minuti fuori tempo massimo. La proposta indiana prevedeva una somma superiore di 40 milioni di euro, ma era strutturata come una manifestazione d'interesse a prendere in tempi brevi la maggioranza, senza polizza fidejussoria e senza firme: il direttore generale Corritore l'ha definita "irrecevibile". E non ci sono stati ricorsi.
In realtà, stando a fonti comunali interpellate da "l'Espresso", c'era un altro soggetto imprenditoriale che si era interessato alla pratica Sea: il fondo australiano Macquarie, un colosso mondiale che conta azionisti arabi e asiatici ricchissimi. Da decenni Macquarie investe negli hub: fino al 2007 possedeva il 44 per cento degli Aeroporti di Roma, società che gestisce Fiumicino e Ciampino. Ha avuto quote di Bruxelles e Copenaghen, anche se nell'ultimo periodo si è concentrata sullo scalo internazionale di Sydney. Gli australiani, ottimi conoscitori degli intrecci tra politica e imprenditoria in Italia, avrebbero seguito tutta la procedura ma all'ultimo minuto non hanno trasformato i loro approcci in una proposta concreta. Contattati da "l'Espresso", hanno ribadito la linea aziendale di non rilasciare commenti sulle gare, "sia che ci interessino o meno". Senza avversari di peso, le piste di Malpensa e Linate sono rimaste libere per Gamberale, che ora può fare rotta verso il controllo delle due aerostazioni.
Perché i 385 milioni incassati a dicembre sono stati solo un palliativo per i bilanci di Palazzo Marino: attualmente si ritiene che serva più di mezzo miliardo per tamponare i conti senza amputare il welfare milanese. E si sta discutendo della possibilità di vendere altre azioni della Sea. Il consiglio comunale, su istanza dell'Idv, ha imposto di mantenere la maggioranza: il 50,1 per cento. Invece Tabacci ha prospettato di mettere sul mercato un altro 25 per cento. E Gamberale ha già dichiarato di essere pronto a comprare ancora.
La partita sta dividendo il centrosinistra milanese, con i sindacati degli aeroporti sul piede di guerra contro la privatizzazione e il sindaco in posizione defilata, nonostante l'intesa di ferro con il suo assessore. Ma la situazione finanziaria di Palazzo Marino impone scelte drastiche. E F2i, con capitali per 1.800 milioni di euro, a questo punto non sembra avere rivali. Anche se sulla scena, prima o poi, potrebbe irrompere la procura seppure a scoppio ritardato.
Le promesse fatte a Gamberale nella conversazione intercettata a ottobre si sono tutte concretizzate. Come faceva il misterioso interlocutore a mostrarsi tanto sicuro? Chi erano i suoi referenti politici capaci di garantire per le scelte milanesi? Oppure si è trattato di un millantato credito, tanto azzardato quanto fortunato? Se l'ingegner Gamberale discute di affari con qualcuno, difficilmente sceglie una controparte inaffidabile. Il patron di F2i ha relazioni solide con tutti i poteri, dai partiti alle banche: il suo fondo amministra denaro pubblico e privato, conta su Banca Intesa, su Unicredit, su Merrill Lynch, su otto fondazioni bancarie e sulla Cassa Depositi e Prestiti. È attivo in Lombardia, nelle reti del gas e in quelle della telecomunicazioni con le fibre ottiche di Metroweb. Ha già comprato l'aeroporto di Napoli e studia altre mosse nel settore: è l'unico a investire nelle infrastrutture strategiche vantando credenziali di italianità. Per questo Tabacci ritiene che non ci fossero alternative a F2i. E difende l'operazione, più preoccupato dei guai finanziari del Comune che non delle indagini penali. Quanto alla correttezza delle procedure, l'assessore è convinto che non ci siano stati illeciti e dichiara a "l'Espresso": "Su Sea non è girato nemmeno un caffè"..